Quante volte avete sentito parlare di “Gig economy”? Sapete cos’è una gig, vero? Per chi lo sa, non spoileri: lo dico in breve a tutti. Una gig è un lavoro temporaneo o occasionale che viene svolto da un lavoratore indipendente, spesso attraverso una piattaforma online. La cosiddetta gig economy si basa sull’offerta di questo tipo di lavoro, che viene solitamente svolto su base part-time o “per gig”, su singola commessa, invece che con un impiego a tempo pieno ed un contratto tradizionale.
I pro? La gig economy offre anche maggiore flessibilità e la possibilità di scegliere il proprio orario di lavoro, il che può essere particolarmente attraente per alcune persone. I contro? Spesso i lavoratori “gig” non hanno accesso a benefici il congedo retribuito, o (in alcuni paesi) l’assistenza sanitaria, e possono trovare difficile pianificare il loro futuro a lungo termine.
Il lavoro a bocconi
Ad oggi, sono diversi i lavori “gigizzati”, e sono spuntate diverse piattaforme che “spezzettano” una professione continuativa, rendendola “a bocconi”, o se preferite per obiettivi. Con tutto il suo carico di flessibilità (e di precarietà, in qualche modo) per datori di lavoro e dipendenti, La gig economy sta cambiando il modo in cui le aziende assumono e utilizzano il personale. Qualche professione trasformata dalla gig economy?
- Autista di ride-sharing: usa la propria auto per offrire servizi di trasporto con app come Uber o Lyft.
- Designer grafico o web: offre servizi di progettazione grafica o web con app come Fiverr o Upwork. (Da remoto)
- Fotografo o videomaker: vende immagini e video, o offre servizi foto/video con app come Depositphotos o Shutterstock. (Da remoto)
- Tuttofare, pulizie o traslocatore: offre servizi di vario genere con app come Taskrabbit o Handy (di persona o a distanza)
- Artigiano: offre creazione di oggetti fatti a mano o servizi di riparazione con app come Etsy o Storenvy.
- Istruttore di fitness o di yoga: offre servizi di allenamento o lezioni di yoga con app come ClassPass o FitReserve.
Gig economy, ora anche i cassieri
La proposta di questa startup mi ha fatto storcere il naso. Non lo so, ha qualcosa che non mi convince: ma è indubbiamente un esempio di come la Gig Economy può espandersi… o tracimare e collassare. Bite Ninja è un’azienda che ha deciso di cambiare il modo in cui funziona l’industria della ristorazione veloce, fornendo ai ristoranti dei cassieri… a distanza.
L’obiettivo di questa soluzione, concepita lo scorso anno negli USA, è quello di aiutare i ristoranti a risolvere il problema della scarsità di personale che stanno affrontando in tutto il paese. I “ninja” di Bite Ninja possono candidarsi attraverso l’omonima app, e a distanza scegliere un turno di lavoro lasciato libero. A fine turno, incassano direttamente il danaro della “Gig” realizzata: niente paga settimanale ma “pochi, maledetti e subito”. Questo sistema flessibile permette ai ristoranti di avere accesso a una maggiore quantità di lavoratori e offre ai cassieri la possibilità di lavorare secondo un orario che meglio si adatti alle loro esigenze.
Può funzionare?
Will Clem, co-fondatore di Bite Ninja, afferma che questa soluzione sta “cambiando il gioco” per l’industria della fast food, poiché permette ai ristoranti di rimanere aperti e servire i clienti anche se non hanno abbastanza personale presente in loco. Io dico che l’adozione di questa soluzione comportare dei problemi, come ad esempio la formazione e l’integrazione dei lavoratori a distanza. Immagino sarà fondamentale garantire che i cassieri a distanza abbiano tutte le attrezzature e le risorse necessarie per svolgere al meglio il loro lavoro, per evitare che una connessione ballerina lasci un cliente a metà di un’ordinazione.
A parte le sfide, i punti davvero pessimi (opinione mia) sono altri. I ristoranti sono tanti, un menu non vale l’altro, convincere un cliente stando a casa propria e magari senza aver mai coperto quel ruolo non è il massimo. Capisco tutto, capisco la società sempre più cashless e contactless (per motivi economici, sanitari, tutto ciò che volete). Si tratta di un ibrido che non può funzionare, almeno così come concepito: basta guardare il video introduttivo per rendersene conto. Il fattore umano, paradossalmente, è dannoso.
Se devo entrare in un ristorante e vedere un tizio in un quadratino che è lì dentro da 10 minuti, a quel punto meglio un robot, o un chiosco interattivo, o qualsiasi altra cosa. Nel mondo, per amor di “biodiversità lavorativa” (passatemi il termine), non tutto può, non tutto deve entrare nella Gig economy.