Presa da sola, una formica fa quello che può: dimensioni minuscole, intelligenza non eccezionale e così via. Eppure, lo sapete: quando agiscono come un gruppo le formiche possono ottenere risultati sorprendenti. Lo sanno anche ad Harvard, dove i ricercatori hanno sviluppato dei robot capaci di replicare il comportamento cooperativo delle formiche per risolvere autonomamente problemi complessi.
Aiuto! Ci invaderanno!
Prima di farvi prendere dal panico, ragionate. Anche le formiche, a conti fatti, si basano su algoritmi. Algoritmi comportamentali, per essere precisi. Ogni formica, infatti, svolge il suo ruolo senza pensare al compito specifico, ma seguendo una serie di “istinti” che la guidano verso risultati ingegneristici sorprendenti, come la creazione di tunnel sotterranei o la costruzione di ponti. Come fanno le formiche a coordinarsi così perfettamente? Comunicano tra loro attraverso le antenne e lasciano tracce di feromoni per condividere le informazioni e orientarsi.
La ricerca: fase uno
Il team di Harvard ha iniziato il suo studio coinvolgendo le formiche in un primo esperimento su piccola scala. Le hanno collocate in una sorta di recinto circolare circondata da un morbido muro di sabbia. Si, una prigione, avete intuito bene.
Inizialmente, le formiche si muovevano a caso, ma presto alcune di loro hanno iniziato a scavare nei muri in punti sparsi: poi, improvvisamente, la magia. Un cambiamento strategico totale.
Le formiche hanno iniziato a interagire di più in precise aree. In altri termini hanno iniziato a riunirsi in questi precisi luoghi di “scambio informativo”. Questo le ha quindi portate a lavorare insieme in un unico punto preciso e a scavare un tunnel più grande dal quale sono “evase”. Collaborazione, organizzazione del lavoro, obiettivo raggiunto. Ok, la biomimetica ha una cosa nuova da insegnarci.
Fase due: nascono le RAnts, formiche robot
Dall’osservazione del primo esperimento, i ricercatori hanno iniziato a ricavare elementi per la realizzazione dei modelli matematici che descrivano il comportamento delle formiche. E dai modelli sono passati a costruire le RAnts, “formiche” robotiche con il comportamento di quelle vere.
Per comunicare tra loro, le RAnts non emettevano feromoni chimici ma lasciavano campi luminosi, o “fotoromoni”, che diventavano più luminosi man mano che passavano i robot.
Le RAnts sono state programmati per seguire tre semplici regole: Prima, seguire il gradiente del campo fotoromonico. Seconda, evitare altri robot dove la densità del campo era alta. Terza, raccogliere gli ostacoli dove la densità era alta e spostarli in aree a bassa densità.
Risultato? Le regole implementate nei RAnts hanno permesso loro di cooperare in modo molto simile alle formiche. Quando sono state messi anche loro “in prigione”, i robot hanno capito subito che il modo migliore per fuggire era lavorare insieme per concentrarsi su un unico punto di fuga.
Guardate voi stessi.
Formiche robot, a cosa possono portare?
Immaginate di avere un esercito di robot semplici ma gran lavoratori, in grado di compiere compiti complessi lavorando in perfetta sincronia: proprio come uno sciame di formiche. Ecco cosa potrebbe diventare possibile grazie a questa nuova tecnica.
Il team di Harvard autore della ricerca sostiene che questo metodo potrebbe essere utilizzato su scala più ampia, coinvolgendo centinaia di robot per svariati scopi. Un sistema del genere, peraltro, permetterebbe di completare un lavoro anche in caso di malfunzionamenti di alcuni robot.
“Abbiamo mostrato come un lavoro cooperativo possa partire da regole comportamentali semplici. Un metodo come questo può essere applicato per risolvere problemi anche molto complessi come la costruzione, la ricerca, il salvataggio e la difesa”, dice S Ganga Prasath, co-autore dello studio.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista eLife, ve la linko qui. E occhio a non lasciare briciole in giro.