L’aspettativa di vita è un indicatore chiave della salute e del benessere di una popolazione. Nel corso della storia, l’umanità ha fatto enormi progressi nell’allungare la durata della vita, passando dai circa 40 anni del 1800 ai circa 80 anni oggi. Dobbiamo indubbiamente ringraziare i progressi della medicina, della scienza e della tecnologia che ci hanno permesso di prevenire e trattare alcune principali cause di morte.
Nonostante questi progressi, però, c’è ancora lavoro da fare. A conti fatti, l’invecchiamento è pur sempre la principale causa di morte al mondo, con i suoi 100.000 e più decessi quotidiani. L’invecchiamento moltiplica tutti i fattori di rischio, come potete immaginare. Ad esempio, il rischio di avere un attacco di cuore avendo la pressione alta “semplicemente” raddoppia, mentre avere 80 anni invece di 40 moltiplica il rischio per dieci volte. Con l’aumento della popolazione mondiale anziana, il numero di morti e sofferenze causate dall’invecchiamento continuerà a crescere. Per questo serve una svolta: dobbiamo lavorare per proteggere la nostra salute man mano che invecchiamo.
Ma deve andare per forza così?
Checché ne dicano filosofi improvvisati, fatalisti e antiscientisti non è scritto da nessuna parte che l’entità di sofferenze e morte legate alla vecchiaia debba per forza aumentare, o che sia “inevitabile”, perfino auspicabile. Crescono le nostre possibilità di vedere nei prossimi anni uno o più trattamenti rivoluzionari che prendono di mira la biologia stessa della vecchiaia. Gli scienziati hanno compreso meglio i meccanismi alla base dell’invecchiamento, come il danno al DNA e le proteine danneggiate, e hanno idee su come affrontarli. Ciò che è ancora più emozionante è che uno dei primi trattamenti di questo tipo potrebbe dare risultati proprio entro quest’anno.
Non è una “cabala”: dobbiamo e possiamo prepararci a un futuro in cui l’invecchiamento non sarà più una sfida insormontabile.
Nel mirino le cellule senescenti
La maggiore delle sfide punta a sbarazzarsi di queste cellule che, secondo gli studi, possono causare diverse malattie come la degenerazione maculare (una causa di cecità) e la fibrosi polmonare. Più in generale, le cellule senescenti (accumulandosi nel corpo con l’avanzare dell’età) sembrano guidare e peggiorare tutto il processo di invecchiamento. Al momento, più di venti aziende nel mondo cercano soluzioni al problema. Tra le varie strade battute, quella dei “senolitici” sta attirando l’attenzione degli esperti: questa tipologia di farmaco è fortemente candidata a diventare una delle prime soluzioni per combattere seriamente i danni dell’invecchiamento.
Tra queste spicca Unity Biotechnology, che conta investitori del calibro di Jeff Bezos. La startup sta sperimentando una serie di farmaci senolitici per combattere diverse patologie: per alcuni di loro (come quelli che agiscono sull’occhio) è già agli studi di fase 2 sugli esseri umani. A seguire, altri approcci in studio portano a piccole proteine che agiscono specificamente sulle cellule senescenti, vaccini che incoraggiano il sistema immunitario a eliminarle e persino una terapia genica. A svilupparla, ne abbiamo parlato qui, è la Oisín Biotechnologies (azienda che prende ambiziosamente il nome da un personaggio mitologico irlandese legato all’eterna giovinezza).
L’eliminazione delle cellule senescenti potrebbe aprire la strada a trattamenti innovativi per prevenire o ritardare l’invecchiamento e le sue conseguenze sulla salute. Se fossi uno cui piace scommettere, direi che questo è il campo in cui presto vedremmo importanti sviluppi.
Perchè potrebbe esserci una svolta già quest’anno
L’avvento di un primo trattamento per la rimozione delle cellule senescenti avrebbe un forte effetto domino: potrebbe certo iniziare a rallentare il processo di invecchiamento, ma aprirebbe ad investimenti molto più grandi, che un giorno potrebbero arrivare a fermare o addirittura invertire il processo degenerativo.
Il primo, interessante paper in questo campo ha già 5 anni. Nel 2018 gli scienziati hanno dimostrato, nei topi, che una combinazione di Dasatinib (un farmaco antitumorale) e Quercetina (una molecola presente in frutta e verdura) può aumentare la longevità e ridurre il rischio di malattie. Non solo le cavie vivono più a lungo, ma sono anche meno fragili e hanno una pelliccia più spessa e lucida. Sono anche in grado di correre più lontano e più velocemente sui piccoli tapis roulant utilizzati nei test. È probabile che un “cocktail” simile sarà il primo a rompere la barriera dei test sull’uomo, aprendo al trattamento di diverse malattie croniche.
Non solo senolitici
Per quanto sembrino essere gli attuali “primi della classe”, i senolitici non sono l’unica opzione. Ci sono già altri approcci già in fase di sperimentazione umana che potrebbero rivelarsi altrettanto efficaci. Proclara Biosciences sta sperimentando la proteina GAIM, che mira a eliminare altre proteine, quelle “amiloidi” che con il loro accumolo portano a diverse malattie. Verve Therapeutics, su altri versanti, lavora a una terapia genica per ridurre il colesterolo, modificando il gene PCSK9. Stessa cosa sta facendo anche Novartis con un farmaco già adottato dal servizio sanitario inglese, l’Inclisiran.
Probabilmente la prima vera medicina antietà mirerà a una specifica malattia legata all’invecchiamento, piuttosto che all’invecchiamento in generale. E il successo di un farmaco mirato a un aspetto dell’invecchiamento sarà la vera svolta, perchè alzerà l’asticella di tutte le ricerche nel campo. Innescherà una rivoluzione senza precedenti dall’invenzione degli antibiotici: una rivoluzione capace di dar vita ad una medicina che punta a prevenire le malattie anziché a curarle.
È importante ribadire due cose che purtroppo, pur sembrando ovvie, suscitano ancora polemiche e incomprensioni. Primo: rallentare, fermare o addirittura invertire l’invecchiamento NON È l’immortalità. Per molti motivi si continuerebbe a morire, per cui dovremmo finirla di considerare questa cosa come un traguardo mitologico o impossibile. Non si vive in eterno. Secondo, anche se nel 2023 arrivassero risultati incontrovertibili di questi farmaci, non significa che queste terapie saranno disponibili a breve per il grande pubblico: l’ipotesi più probabile è che siamo ad un ventennio dal vedere le sue applicazioni di massa.
A maggior ragione, però, meglio raggiungere prima possibile il primo traguardo: una svolta che orienti la medicina in modo compatto e deciso. Perchè chi ben comincia è a metà dell’opera.