Sono 10 anni e più che un’epidemia mortale e implacabile di Xylella fastidiosa (un patogeno batterico delle piante) sta distruggendo gli ulivi del Sud Italia. Una catastrofe senza precedenti, che ha danneggiato in modo gravissimo un intero settore. Forse possiamo iniziare a risolvere il problema con l’aiuto di un amico fidato: il migliore che l’uomo abbia mai avuto accanto.
A Parabita, in Puglia, è nata una task force di cani ed addestratori altamente qualificati, che si occupa del rilevamento della Xylella: si chiama Xylella Detection Dogs. E non poteva nascere altrove: la Puglia, con i suoi 60 milioni di ulivi, era responsabile di circa il 50% della produzione di olio d’oliva in Italia. In pochi anni la Xylella ha infettato e ucciso 21 di questi 60 milioni di alberi, molti dei quali erano autentici monumenti secolari.
Un aiuto a quattro zampe
Nicola Di Noia è agronomo e direttore generale di Unaprol, il più grande consorzio italiano di produttori di olio di oliva. Comprende perfettamente la gravità del pericolo rappresentato da Xylella e si impegna attivamente per contenere la sua diffusione. “Si tratta di un disastro ecologico e ambientale senza precedenti”, afferma. “Non possiamo lasciarci trascinare dalle emozioni ambientaliste, dobbiamo basarci sui dati scientifici”. Nel 2020, Di Noia ha ripensato alla sua esperienza passata come carabiniere, lavorando con cani addestrati a rilevare droghe ed esplosivi attraverso il loro olfatto, e si è chiesto se questi animali potessero essere usati anche per rilevare la presenza di Xylella.
Di Noia e il suo team hanno scoperto che un gruppo di esperti californiani aveva perfezionato il modo di usare l’olfatto dei cani per individuare i batteri sugli agrumi (vi linko qui la ricerca). Incoraggiato dalla possibilità, ha discusso l’idea con l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI) e con esperti del CNR. Sono nati gli Xylella Detection Dogs.
Come lavorano i cani anti Xylella?
Dal punto di vista puramente “meccanico”, il naso di un cane catturare gli odori più o meno come quello dell’uomo, ma ha alcune caratteristiche uniche che lo rendono davvero straordinario. Durante l’ inspirazione e l’espirazione, infatti, i recettori presenti nel naso del cane rilevano le molecole nell’aria e inviano informazioni al cervello. La parte anteriore del naso serve ad umidificare l’aria in entrata, aiutando l’olfatto, e l’aria viene quindi pompata nei polmoni e nella camera olfattiva ricca di recettori.
È proprio qui che si nota la differenza più incredibile: i cani hanno 20 volte più recettori olfattivi rispetto agli esseri umani. Quando il cane espira, l’aria esce da due fessure laterali del naso e non direttamente dalle narici: questo permette un’annusata costante e continua, e la captazione di grandi quantità di odori. I cani ne sentono tantissimi in più di noi. Quanti? Tanti, al punto che possiamo essere considerati “ciechi” agli odori rispetto a loro.
Messa al sicuro questa dote, comunque, serve farla fruttare. E questo dipende dalla bontà dell’addestramento. Serena Donnini, esperta addestratrice cinofila dell’ENCI e coordinatrice del programma sperimentale Xylella Detection Dogs, ritiene che alcune razze canine come lo springer spaniel, il pastore tedesco, il cocker spaniel e il labrador, sono le migliori per questo compito. Ad ogni modo, anche tra loro serve selezionare quelli con la miglior personalità, i più giocosi e golosi.
Cosa non si fa per un premio
Per addestrare un cane a riconoscere l’odore di una pianta infetta, è importante sviluppare un sistema di ricompensa. Secondo la Donnini, più un cane ama un oggetto o un giocattolo, più è probabile che lo cerchi. Gli addestratori iniziano nascondendo un gioco di gomma cavo al suo interno, far lavorare il cane sulle sue capacità di ricerca. La scelta del materiale è dovuta al suo particolare odore, che i cani riconoscono particolarmente. Ogni volta che il cane trova il gioco, riceve una ricompensa in cibo.
Col tempo, la gomma viene via via tolta dall’oggetto per aumentare la concentrazione del cane. In seguito, gli addestratori introducono all’interno del gioco l’odore “bersaglio”. Via via, il cane impara a segnalare quando riconosce l’odore bersaglio ricevendo una ricompensa. Gli scienziati del CNR giocano un ruolo fondamentale nella fornitura di piante infette da Xylella per addestrare i cani. Il team di Donato Boscia, virologo vegetale e a capo dell’unità incaricata di studiare la Xylella, sta attualmente perfezionando lo studio delle molecole rilasciate dalle piante infette e meglio percepite dai cani.
Un aiuto prezioso contro la Xylella
La Xylella è difficile da controllare poiché alcune piante infette non mostrano sintomi visibili. Per questo i cani potrebbero essere un aiuto prezioso per fermare la diffusione in luoghi chiave come serre e porti, veri snodi cruciali per questo parassita. Si ritiene infatti che la Xylella sia arrivata in Puglia attraverso una pianta di caffè importata dall’America Latina.
I cani addestrati potrebbero essere schierati per ispezionare le piante e individuare quelle infette, arrestando l’avanzata della Xylella e dando il tempo all’industria dell’olio di oliva di ricostruire il suo preziosissimo patrimonio, o alla scienza di costruire un “naso elettronico” in grado di fare lo stesso lavoro.