In un contesto di sempre maggior tensione (giusto ieri la querelle sul “pallone spia cinese” che starebbe sorvolando siti nucleari americani) che vede l’uso della tecnologia sempre più diffuso, il Pentagono esplora nuove opzioni. Opzioni che aumentino la capacità e l’efficacia delle operazioni militari, specie quelle che passano per tecnologie avanzate come sciami di droni, intelligenza artificiale e robotica. L’ultimo progetto, chiamato AMASS (Autonomous Multi-Domain Adaptive Swarms-of-Swarms) è davvero preoccupante.
Uno “sciame di sciami”
L’ambizioso piano del Dipartimento della Difesa USA, sviluppato con la DARPA, contempla assalti autonomi e sincronizzati attraverso orde di droni provenienti da qualunque parte: aria, terra e acqua. Un’idea che solleva non poche preoccupazioni sulla capacità dell’uomo di supervisionare questi complessi operazione “sciami di sciami”. A meno che non si voglia lasciar autonomia anche su come attaccare, distruggere, uccidere obiettivi.
Nella documentazione fornita la maggior parte dei dettagli è classificata. Quello che si sa, come detto, è che il sistema permetterà l’attacco a più gruppi di droni aerei, terrestri e sottomarini (equipaggiati con un mix di armi e strumenti come GPS, disturbatori di radar e altro). L’altro dettaglio noto è che AMASS non richiederà assistenza umana, poiché gli sciami potranno coordinarsi su un’area operativa come un intero paese. Tuttavia, fa sapere il Pentagono, ci saranno persone a supervisionare il sistema e pronti ad intervenire se necessario.
Ne siamo sicuri?
Il bando (del valore di quasi 80 milioni di dollari) prevede la costruzione di un sistema per scambiare informazioni e coordinare le azioni di migliaia di unità. I fornitori hanno tempo fino al 10 febbraio per presentare un’offerta: l’obiettivo è arrivare alla fase due, ed eseguire esperimenti con sciami di droni sia reali che virtuali, aumentando via via il loro numero e la difficoltà delle missioni. Finché migliaia di droni non lavoreranno insieme come un’unica “nube” distruttiva.
Secondo Gregory Allen del Center for Strategic and International Studies di Washington DC, il Pentagono ha in realtà già testato sciami con centinaia di droni militari, ma l’aggiunta di componenti terrestri e marine in sciami più grandi comporta un aumento della complessità e può rendere la comunicazione un problema. “Se i droni operano in una regione dove le comunicazioni sono bloccate la supervisione diventa più difficile,” afferma.
Quanta supervisione umana è possibile?
Questa è una domanda chiave. A porsela è Zak Kallenborn della Schar School of Policy and Government della George Mason University in Virginia. E la risposa non mi piace neanche un po’. Anche perchè la conosco già. La conclusione è sempre la stessa. Un tema cui tengo particolarmente, perchè lo individuo come un “orrore del futuro” cui dovremmo provare a sottrarci, e invece noto sempre più segnali in questa direzione.
La prospettiva che questi sciami di droni possano usare la forza letale senza la supervisione umana diretta sta aumentando, è chiaro. Non è chiaro invece come AMASS affronterà la questione. Nonostante gli USA abbiano recentemente aggiornato la loro politica sulle armi autonome, è improbabile che un sistema del genere non venga dotato della capacità di “far male” completamente da solo.
E quando ad essere coinvolte sono migliaia e migliaia di droni, il margine di errore si fa ristretto: basta un niente. Tempi duri ci attendono in questo campo.