L’esercito australiano sta sperimentando una forma di “telepatia” elettronica che consente ai soldati di controllare cani robot usando le onde cerebrali, e senza usare impianti di qualche tipo. 3 anni fa scrivevo su questo stesso blog che ormai il concetto “non era più fantascienza”, e ora lo vedo piuttosto reale. E vista da vicino, lo ammetto, questa cosa è ancora più brutta.
Il miglior amico del robot
Il tenente colonnello Kate Tollenaar del Robotic and Autonomous Systems dell’esercito australiano spiega: “Questa collaborazione si è concentrata su come creare un’interfaccia robotica cerebrale che consentirà a un soldato di far funzionare il sistema utilizzando segnali cerebrali anzichè attraverso una console di comando”. A dirla così sembra una cosa da nulla.
Come funziona la telepatia elettronica sviluppata dall’esercio australiano? Il sistema comprende un casco che legge i segnali cerebrali e li traduce in comandi per i cani robot. Il sistema ibrido è stato sviluppato utilizzando un visore HoloLens 2 e un decodificatore personalizzato dotato di intelligenza artificiale. “Al suo interno, il casco traduce le onde cerebrali in zeri e uno,” dice il sergente Damien Robinson del battaglione di supporto al servizio di combattimento dell’esercito. “E quindi in informazioni per una serie di sistemi diversi”.
Ieri caccia, oggi cani robot, domani “sciami di sciami”
La tecnologia di interfaccia cervello-computer è a lungo oggetto di ricerca da parte di molti laboratori sia pubblici che privati (ricordate Neuralink?). E si è già dimostrata utile in molti campi. Nel contesto militare, questa tecnologia in fase di sperimentazione potrebbe rappresentare un significativo vantaggio tecnologico. Date un’occhiata voi stessi al video, che mostra delle prove fatte con i cani robot Vision-60 della Ghostrobotics:
Il sistema di “telepatia elettronica” è un esempio di come la tecnologia di interfaccia cervello-computer sta evolvendo e potrebbe portare a grandi cambiamenti in molti campi. Spesso, purtroppo, il primo impiego è sempre in ambito militare (e potrebbe riguardare la guida di interi “sciami di sciami” di droni. Macchine di morte in terra, mare e cielo che attaccano simultaneamente).
Poi verranno le ricadute positive nella vita quotidiana.
Un giorno questa tecnologia potrebbe fare la fortuna della medicina di precisione. Un chirurgo potrebbe operare con braccia dalla risposta identica alla sua, con la capacità di correggere i piccoli errori di posizione, e stando a distanza rispetto alla sala operatoria. Nella vita quotidiana un “casco” per guidare dei veicoli potrebbe essere l’interfaccia intermedia, l’anello mancante tra il volante di oggi e la guida autonoma di domani. O costituire il dispositivo in grado di farci operare fisicamente in ogni luogo e scenario del mondo, reale o virtuale.
Ma sono pie ipotesi. Ipotesi perfino un po’ utopistiche, che sono destinate ad essere coperte per un po’ di tempo, spero non tanto, da cani robot e clamori di battaglia.