Una ricerca appena pubblicata su Science Advances (ve la linko qui) mostra un incredibile passo avanti nel campo della tecnologia dei sensori. Tanto grande da lasciare perplessi. Nel documento, infatti, si presenta un sensore di luce, un fotodiodo, capace di convertire la luce in un segnale elettrico con un’incredibile efficienza del 200%.
Sì, avete capito bene: il dispositivo, basato sulla fisica quantistica, produrrebbe più energia di quella che riceve. Non storcete il naso, l’ho già fatto io: eppure, lo studio è lì.
E un giorno potrebbe portare a sistemi di monitoraggio della salute che non hanno bisogno di alimentazione, o chissà che altro: ma procediamo per gradi.
Come funziona un fotodiodo
Quando si parla di fotodiodi, l’efficienza si riferisce al numero di particelle di luce che possono essere convertite in segnali elettrici. Ma c’è un aspetto più specifico che gli scienziati prendono in considerazione: la resa dei fotoelettroni. In sintesi, il numero di elettroni generati dai fotoni che colpiscono il sensore di luce.
Questo tipo di resa è determinato dalla cosiddetta efficienza quantistica, cioè la capacità di un materiale di produrre particelle portatrici di carica a un livello fondamentale. “Ciò che conta nel mondo dei fotodiodi è l’efficienza quantica,” conferma Rene Janssen, ingegnere chimico dell’Università di Eindhoven. “Invece della quantità totale di energia solare, conta il numero di fotoni che il diodo converte in elettroni”. È proprio questa efficienza quantistica a determinare la resa dei fotoelettroni, e quindi l’efficacia del fotodiodo.
Un sensore di luce da record
Il team di ricerca ha iniziato lo studio assemblando un dispositivo che combina due tipi di celle solari: quelle di perovskite e quelle organiche. Il risultato è stata una prima, sorprendente efficienza quantica del 70%: il punto di partenza, già molto incoraggiante, ha spinto i ricercatori ad andare oltre, introducendo una luce verde aggiuntiva per provare a migliorare ulteriormente le prestazioni del dispositivo.
E sembra ci siano riusciti: in effetti, il dispositivo ha superato ogni aspettativa. L’efficienza quantica del fotodiodo è stata portata al 200% e, anche se non è ancora del tutto chiaro perché si sia verificato tale aumento, i ricercatori hanno alcune ipotesi.
Quando i fotoni colpiscono il materiale del fotodiodo, gli elettroni vengono eccitati e migrano, creando un accumulo di carica che può essere convertito in corrente elettrica.
“Ipotizziamo che l’introduzione della luce verde possa rilasciare elettroni sullo strato di perovskite,” dice l’ingegnere chimico Riccardo Ollearo, della Eindhoven University of Technology, tra gli autori della ricerca. “Questi elettroni vengono poi convertiti in corrente solo quando i fotoni colpiscono uno strato diverso.”
In altre parole, ogni volta che un fotone infrarosso viene convertito in un elettrone, riceverebbe la “compagnia” di un elettrone “bonus”, e questo spiegherebbe l’incredibile efficienza del 200% (e potenzialmente superiore).
Sensore di luce “impossibile” : perchè può essere davvero importante
Ci sono ancora molte domande da rispondere e la ricerca continua, ma può portare nel medio termine a sviluppi entusiasmanti anche per il futuro dell’energia pulita.
Nell’immediato, le ricadute positive di questa tecnologia possono essere quelle in campo diagnostico. Un sensore di luce così efficiente potrebbe rilevare anche le variazioni minime di luce a distanze maggiori, il che lo rende particolarmente utile per la misurazione della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna.
Il gruppo di ricercatori ha utilizzato questo fotodiodo super sottile (cento volte più sottile di un foglio di giornale) per misurare i cambiamenti nella luce infrarossa riflessa da un dito da una distanza di oltre un metro. Da lì, si possono misurare un bel po’ di cose.
In futuro
Una tecnologia del genere può permettere ad una persona di conoscere il suo stato vitale a distanza, senza indossare dispositivi.
Parametri come pressione sanguigna, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria potranno essere osservati senza entrare a contatto con nulla. Neanche con uno smartwatch. Si potrà fare semplicemente stando nel raggio di un dispositivo basato su un sensore di luce come questo.
È proprio il caso di dire che “ogni cosa è illuminata”.