Secondo gli esperti di economia del lavoro, la pratica del lavoro full time da casa, “rispolverata” e accelerata dalla pandemia, diventerà una caratteristica permanente del mercato del lavoro, rappresentando un vantaggio per imprese e lavoratori.
In sostanza, la “vecchia pratica” di andare in ufficio cinque giorni alla settimana è morta, al di là delle contingenze geografiche, e dei cambiamenti che procedono a macchia di leopardo nel mondo.
Il lavoro remoto è qui per restare
Secondo una ricerca condotta da Nicholas Bloom, un economista dell’Università di Stanford che studia il lavoro a distanza da oltre due decenni, il Covid è stato solo una scintilla. Fortissima, ma una scintilla.
Nel 2019, solo il 5% del lavoro full time veniva svolto da casa. In aprile e maggio 2020, durante i primi giorni della pandemia, la percentuale è salita a oltre il 60%. Equivale a quasi 40 anni di crescita, praticamente da un giorno all’altro.
A emergenza finita, la quota di lavoro a distanza è diminuita costantemente (attualmente è intorno al 27%), ma si stabilizzerà probabilmente intorno al 25%. È comunque un aumento di cinque volte rispetto al 2019. Un’enormità. Pochissime cose in economia crescono del 500% in così poco tempo. È segno di un’esigenza forte, fino a ieri latente ma viva. E non a caso.
Full time in presenza: svantaggi per tutti
C’è chi ancora non capisce, specie in Italia. Farà i conti con una disaffezione ed uno scollamento sempre crescenti: nel bilancio tra lavoro e vita privata i pesi sono cambiati, e di molto. Le politiche più rigide di rientro in ufficio non pagheranno.
Sono molti i dipendenti che apprezzano molto la possibilità di lavorare da casa, in particolare per la riduzione di tempi morti e spostamenti, e la flessibilità degli orari. Dall’altro lato della barricata, invece, i datori di lavoro possono trarre grandi benefici consentendo il lavoro da remoto ai propri dipendenti. Come? Ottenendo più attaccamento, assumendo candidati da bacini più ampi, ridurre le spese nelle sedi fisiche e altro ancora. Perfino usando il lavoro remoto come leva economica (siamo realisti).
Un sondaggio condotto da ZipRecruiter ha rivelato che molte persone in cerca di lavoro sarebbero disposte a ridurre il loro stipendio fino al 14% per lavorare da remoto, una percentuale che sale al 20% per i genitori con figli piccoli.
Sempre più strada per una soluzione: quella del lavoro ibrido
Sempre più aziende opteranno per un modello di lavoro “ibrido”, che prevede una settimana lavorativa suddivisa in due giorni da casa e tre in ufficio. Una soluzione che sembra avere prodotto un leggero aumento della produttività media dei lavoratori: il risparmio medio quotidiano è di circa 70 minuti al giorno per lavoratore. Niente spostamenti. Di questi minuti, qualcuno viene impiegato per lavorare di più.
Ho adottato questo modello in azienda e ho riscontrato gli stessi benefici. Per me è anche meglio del modello con 4 giorni lavorativi a settimana. Il concetto di “lavoro full time” va assolutamente diluito con una quota di autonomia per i dipendenti.
Per chi obietta che non tutti i lavori possono essere svolti da remoto
Amici, scoprite l’acqua calda. Uno studio del 2020 dell’Università di Chicago ha rivelato che solo circa il 37% dei lavori negli USA può essere svolto interamente a casa. Facciamo che nel vecchio continente la percentuale sia ancora inferiore: vendita al dettaglio, trasporti, ospitalità e ristorazione no di certo. Lì, gran parte del lavoro full time è in presenza, e va bene così.
Ma tanti settori tecnologici, finanziari e professionali possono lavorare anche a distanza: perché non approfittare? È giusto e doveroso permetterlo.
La cultura aziendale del lavoro full time in presenza è obsoleta
È il momento di abbracciare la libertà del lavoro da casa e del lavoro ibrido, di adattarsi alle esigenze dei dipendenti e del mondo moderno. Il lavoro non può più essere una punizione: è tempo di creare un mondo migliore per tutti.
Il futuro del lavoro è flessibile.