C’è fermento, lo sapete, intorno a TikTok: si parla di ban sempre più insistentemente. La crescente popolarità dell’app cinese tra i giovani del pianeta maschera le preoccupazioni reali riguardanti dipendenza, impatto sulla salute mentale e sull’immagine corporea.
Eppure, le ragioni di fondo al momento potrebbero essere altre. Il CEO di TikTok, Shou Zi Chew, ha da poco affrontato un durissimo interrogatorio di cinque ore al Congresso degli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro: se sei un’app cinese puoi incontrare un mucchio di problemi. D’altra parte, non è la prima volta che accade, giusto?
Deja vu
Le vicende di TikTok ricordano da vicino quelle di Huawei e la questione del 5G. I rischi per la sicurezza e la privacy sono plausibili, ma mancano prove concrete. Alla base di tutto sembrano esserci altri problemi. Problemi di fiducia, commercio e geopolitica.
Curiosamente, mentre negli USA si svolgeva l’udienza, il Regno Unito estendeva il ban di TikTok all’interno del parlamento, dopo averlo già bandito dagli smartphone di lavoro dei funzionari governativi. Anche Canada, UE e alcuni stati membri hanno attuato divieti parziali. Dove eravate fino a ieri, ragazzi?
Un’occasione persa
Invece di approfittare per discutere il perché le società democratiche abbiano permesso alle aziende tecnologiche di rendere normale la raccolta e il monitoraggio pervasivi dei dati, i politici lanciano ban incrociati. Col risultato di accelerare la frammentazione dell’internet, sempre ammesso che non vogliano proprio questo.
TikTok fa soldi raccogliendo dati sugli utenti, dai. Mostra agli utenti le cose che desiderano vedere, comprese le offerte degli inserzionisti. Lo fanno tutti, non è che le piattaforme USA siano gigli di campo. La differenza? TikTok è particolarmente brava a farlo. Tra gli adolescenti americani, il 70% usa TikTok, mentre solo il 30% si trova sui social di Zuckerberg o su Twitter. Qui trovate i dati. Vi basta almeno come “movente”?
Il ban di TikTok è “geopolitico”
Quello che preoccupa il Congresso USA (e i paesi “amici” che hanno preso altri provvedimenti) non è tanto il modello di business di TikTok, quanto la condivisione dei dati. La faccio breve: Bytedance, casa madre di TikTok, è cinese: il governo USA pensa che i cinesi rubino i dati dei cittadini americani. Anche perché le stesse leggi cinesi sulla sicurezza nazionale obbligano le aziende a condividere i dati con il governo.
Le obiezioni del CEO di TikTok non frenano l’attacco frontale. Non frenano neanche le iniziative annunciate per rassicurare utenti e governi (il Progetto Clover nell’UE e il Progetto Texas negli USA prevedono che i dati degli utenti vengano conservati all’interno dei rispettivi territori e che le pratiche sulla privacy siano verificate da terze parti di fiducia). E allora cosa?
Come fu per Huawei, potrebbe non bastare, specie se alla base del problema c’è una sfiducia nei confronti della Cina, amplificata dalle tensioni geopolitiche ed economiche. Se mi chiedete, pertanto: gli USA ed altri paesi occidentali possono imporre un ban a Tiktok? Vietarlo a tutti, metterlo alla porta?
Oh, si che possono. E le conseguenze andrebbero molto oltre il destino dell’app cinese.
Esce TikTok con un ban, arriva Splinternet
Non lo nascondo: TikTok non è un sito di controinformazione o una piccola app indipendente. È un colosso da 1 miliardo di utenti attivi, e 75 miliardi di euro di patrimonio.
Il suo ban potrebbe segnare la fine dell’internet come lo conosciamo, e dare il via al tanto temuto Splinternet del quale abbiamo già detto. Un tempo, le infrastrutture condivise e l’architettura digitale leggera erano considerate un bene comune. Oggi, la geopolitica si insinua in tutti gli strati dell’architettura tecnica, dai gasdotti sottomarini ai semiconduttori, fino agli standard tecnologici emergenti.
La Cina e le sue aziende, tra cui Huawei, hanno avanzato proposte che potrebbero cambiare radicalmente l’architettura dell’internet, frammentando la sua struttura comune.
Passi indietro
Internet ha esordito promettendo democrazia e libertà. Le democrazie avanzate avrebbero potuto lavorarci seriamente, affrontare un dibattito maturo su come mantenere unito un internet globale rispettando le differenze politiche, proteggendo la libertà di espressione e sostenendo i più vulnerabili.
Niente di tutto questo: con una formidabile coerenza, i governi stanno trasferendo sulla rete le stesse dinamiche tossiche che hanno attivato “fuori”.
Il ban di TikTok (non improbabile, ripeto) sono solo la rappresentazione plastica di come i vantaggi della nostra architettura digitale condivisa saranno spazzati via dalle reazioni istintive e dalle tensioni geopolitiche.
E sarà davvero poco divertente. Non basterà uno swipe per andare oltre.