In Italia sono riconosciute legalmente dal 2020 (Decreto Milleproroghe 162/2019 in attuazione della Direttiva Europea RED II 2001/2018), con l’introduzione delle configurazioni CER e gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile. In entrambi i casi possono essere realtà composte da privati, soggetti pubblici, nonché da piccole e medie imprese.
Tra i principali requisiti la legge stabilisce l’utilizzo di impianti di produzione da fonti rinnovabili con potenza fino a 200 kW, i quali devono essere connessi alla rete elettrica in bassa tensione mediante la cabina secondaria, con la condivisione dell’energia tra i soggetti membri usando la rete elettrica locale esistente e sistemi di accumulo.
In pochi anni in Italia il numero di comunità energetiche rinnovabili è aumentato sensibilmente, in particolare nelle realtà del Centro e del Nord, con una diffusione maggiore rilevata nei piccoli comuni.
Su questo fronte, un esempio virtuoso è quello che arriva da Turano Lodigiano, una realtà che non supera i 1500 abitanti, dov’è sorta una delle prime CER italiane per iniziativa di Sorgenia. Oggi SOLISCA – questo il nome della comunità energetica creata dalla nota green-tech energy company – alimenta con energia autoprodotta da fotovoltaico edifici pubblici, la parrocchia e alcune famiglie bisognose del piccolo comune lombardo.
La diffusione delle comunità energetiche rinnovabili: opportunità e criticità
Le CER potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella creazione delle città sostenibili, ossia le cosiddette smart city, centri urbani a impatto ambientale basso o nullo, incentrate su un sistema di produzione e condivisione locale di energia prodotta da fonti rinnovabili.
A monitorarne la diffusione nel nostro Paese è Legambiente, attraverso il rapporto Comunità Rinnovabili, diffuso con cadenza annuale a partire dal 2006.
In particolare, nel 2022 l’associazione ambientalista ha mappato 100 energy community, di cui 39 comunità energetiche rinnovabili e 20 configurazioni di autoconsumo collettivo, con i progetti principali presenti in Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia.
Tuttavia, sono oltre 3.500 i comuni italiani che utilizzano soltanto energia rinnovabile per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, dove spesso la capacità di produzione di energia è in grado di superare la domanda e consente alle realtà locali di vendere il surplus generando risorse utili per lo sviluppo dell’economia locale. Le comunità energetiche hanno anche un elevato valore sociale, in quanto contrastano la povertà energetica e promuovono l’inclusione e la coesione sociale.
Non a caso molti progetti riguardano comunità alpine, comuni situati in zone remote e aree economicamente svantaggiate. Dalla ricerca di IPSOS “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”, è emerso come sia i privati che le imprese auspichino un maggiore sostegno da parte delle amministrazioni locali. Nel dettaglio, mentre la popolazione tende a vedere nelle CER opportunità di risparmio e una maggiore sicurezza energetica, le imprese puntano al ritorno economico, di immagine e al legame con le comunità locali.
Non mancano però le preoccupazioni, specialmente per gli ingenti investimenti economici necessari per la realizzazione degli impianti e la connessione di tutti gli utenti, oltre alla complessità normativa che rappresenta una barriera alla diffusione delle comunità energetiche rinnovabili.
Intanto a Roma è nato il primo Sindacato delle CER, ASSOCER Network, un ente senza scopo di lucro il cui obiettivo sarà tutelare gli interessi delle CER, in qualità di modello che crea valore per i territori e agevola la transizione energetica.
CER, protagoniste della transizione verde verso le smart city
Oggi le comunità energetiche rinnovabili sono una soluzione efficiente alla crisi energetica e ambientale che stiamo vivendo, verso la quale esistono grandi aspettative e si sta sviluppando un forte coinvolgimento delle comunità locali.
D’altronde, i cittadini sono parte attiva nelle CER, soprattutto per la trasformazione dei consumatori di energia in prosumer, ovvero di soggetti che producono e consumano energia attraverso un sistema interconnesso basato sulle fonti rinnovabili.
Secondo il rapporto GreenItaly 2022, oggi anche molte imprese sono interessate ai nuovi modelli di business legati alle green communities, cercando competenze dalle connotazioni ambientali e investendo sempre di più nelle tecnologie legate alle energie rinnovabili. La sfida tecnologica, infatti, è complessa ma si può vincere, in quanto è fondamentale rendere più stabile la produzione di energia da fonti rinnovabili e favorire la circolarità dei processi.
Ad ogni modo, è innegabile come la diffusione delle CER porterà a una maggiore sostenibilità delle città, specialmente accelerando questo processo grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR: ammonta a 1,6 miliardi di euro, infatti, la somma destinata alla realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili, erogata nella forma di contributi a fondo perduto,come specificato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Ovviamente, bisogna velocizzare l’approvazione dei progetti, considerando che il PNRR prevede la scadenza degli interventi entro il 31 dicembre 2025.
Secondo il report Global Energy and Climate Outlook del Joint Research Center della Commissione Europea, il processo di elettrificazione svolge un ruolo cruciale nella transizione energetica, ma richiede al contempo un aumento dell’efficienza energetica e della quota di energia prodotta da rinnovabili.
Nel paper viene indicato come sia fondamentale partire proprio dalle città, dove vive la maggioranza della popolazione e si generano il 70% delle emissioni di CO2 globali, rendendo evidente come la creazione di città zero carbon sia un requisito indispensabile per il raggiungimento della neutralità climatica.
Introdotte in Europa nel 2019 attraverso il Clean Energy Package, le comunità energetiche rinnovabili (CER) rappresentano una possibile soluzione contro la crisi climatica.
In Italia sono riconosciute legalmente dal 2020 (Decreto Milleproroghe 162/2019 in attuazione della Direttiva Europea RED II 2001/2018), con l’introduzione delle configurazioni CER e gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile. In entrambi i casi possono essere realtà composte da privati, soggetti pubblici, nonché da piccole e medie imprese.
Tra i principali requisiti la legge stabilisce l’utilizzo di impianti di produzione da fonti rinnovabili con potenza fino a 200 kW, i quali devono essere connessi alla rete elettrica in bassa tensione mediante la cabina secondaria, con la condivisione dell’energia tra i soggetti membri usando la rete elettrica locale esistente e sistemi di accumulo.
In pochi anni in Italia il numero di comunità energetiche rinnovabili è aumentato sensibilmente, in particolare nelle realtà del Centro e del Nord, con una diffusione maggiore rilevata nei piccoli comuni.
Su questo fronte, un esempio virtuoso è quello che arriva da Turano Lodigiano, una realtà che non supera i 1500 abitanti, dov’è sorta una delle prime CER italiane per iniziativa di Sorgenia. Oggi SOLISCA – questo il nome della comunità energetica creata dalla nota green-tech energy company – alimenta con energia autoprodotta da fotovoltaico edifici pubblici, la parrocchia e alcune famiglie bisognose del piccolo comune lombardo.
La diffusione delle comunità energetiche rinnovabili: opportunità e criticità
Le CER potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella creazione delle città sostenibili, ossia le cosiddette smart city, centri urbani a impatto ambientale basso o nullo, incentrate su un sistema di produzione e condivisione locale di energia prodotta da fonti rinnovabili.
A monitorarne la diffusione nel nostro Paese è Legambiente, attraverso il rapporto Comunità Rinnovabili, diffuso con cadenza annuale a partire dal 2006.
In particolare, nel 2022 l’associazione ambientalista ha mappato 100 energy community, di cui 39 comunità energetiche rinnovabili e 20 configurazioni di autoconsumo collettivo, con i progetti principali presenti in Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia.
Tuttavia, sono oltre 3.500 i comuni italiani che utilizzano soltanto energia rinnovabile per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, dove spesso la capacità di produzione di energia è in grado di superare la domanda e consente alle realtà locali di vendere il surplus generando risorse utili per lo sviluppo dell’economia locale. Le comunità energetiche hanno anche un elevato valore sociale, in quanto contrastano la povertà energetica e promuovono l’inclusione e la coesione sociale.
Non a caso molti progetti riguardano comunità alpine, comuni situati in zone remote e aree economicamente svantaggiate. Dalla ricerca di IPSOS “CER – Le comunità energetiche contro la crisi”, è emerso come sia i privati che le imprese auspichino un maggiore sostegno da parte delle amministrazioni locali. Nel dettaglio, mentre la popolazione tende a vedere nelle CER opportunità di risparmio e una maggiore sicurezza energetica, le imprese puntano al ritorno economico, di immagine e al legame con le comunità locali.
Non mancano però le preoccupazioni, specialmente per gli ingenti investimenti economici necessari per la realizzazione degli impianti e la connessione di tutti gli utenti, oltre alla complessità normativa che rappresenta una barriera alla diffusione delle comunità energetiche rinnovabili.
Intanto a Roma è nato il primo Sindacato delle CER, ASSOCER Network, un ente senza scopo di lucro il cui obiettivo sarà tutelare gli interessi delle CER, in qualità di modello che crea valore per i territori e agevola la transizione energetica.
CER, protagoniste della transizione verde verso le smart city
Oggi le comunità energetiche rinnovabili sono una soluzione efficiente alla crisi energetica e ambientale che stiamo vivendo, verso la quale esistono grandi aspettative e si sta sviluppando un forte coinvolgimento delle comunità locali.
D’altronde, i cittadini sono parte attiva nelle CER, soprattutto per la trasformazione dei consumatori di energia in prosumer, ovvero di soggetti che producono e consumano energia attraverso un sistema interconnesso basato sulle fonti rinnovabili.
Secondo il rapporto GreenItaly 2022, oggi anche molte imprese sono interessate ai nuovi modelli di business legati alle green communities, cercando competenze dalle connotazioni ambientali e investendo sempre di più nelle tecnologie legate alle energie rinnovabili. La sfida tecnologica, infatti, è complessa ma si può vincere, in quanto è fondamentale rendere più stabile la produzione di energia da fonti rinnovabili e favorire la circolarità dei processi.
Ad ogni modo, è innegabile come la diffusione delle CER porterà a una maggiore sostenibilità delle città, specialmente accelerando questo processo grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR: ammonta a 1,6 miliardi di euro, infatti, la somma destinata alla realizzazione delle comunità energetiche rinnovabili, erogata nella forma di contributi a fondo perduto,come specificato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Ovviamente, bisogna velocizzare l’approvazione dei progetti, considerando che il PNRR prevede la scadenza degli interventi entro il 31 dicembre 2025.
Secondo il report Global Energy and Climate Outlook del Joint Research Center della Commissione Europea, il processo di elettrificazione svolge un ruolo cruciale nella transizione energetica, ma richiede al contempo un aumento dell’efficienza energetica e della quota di energia prodotta da rinnovabili.
Nel paper viene indicato come sia fondamentale partire proprio dalle città, dove vive la maggioranza della popolazione e si generano il 70% delle emissioni di CO2 globali, rendendo evidente come la creazione di città zero carbon sia un requisito indispensabile per il raggiungimento della neutralità climatica.