Siamo impazziti. Tutti. L’Intelligenza Artificiale (AI) sta prendendo piede, e il panico dilaga tra le pagine dei giornali, e sui media. E finisce in commenti terrorizzati e aggressivi nei confronti di qualsiasi analisi, anche equilibrata, sul fenomeno. Cosa c’è dietro questo clima di catastrofismo?
Catastrofismo: come un’epidemia
In principio furono i tabloid, noti per le loro storie sensazionalistiche e spesso infondate. Oggi, anche giornali più “seri” come il New York Times hanno iniziato a cavalcare l’onda del catastrofismo, alimentando ulteriormente la discussione sull’argomento.
Alcune figure di spicco nello stesso mondo dell’AI, ve le abbiamo rese note, hanno contribuito a diffondere questi scenari apocalittici, facendo leva sulla paura per ottenere visibilità e attenzione.
Tra questi, Sam Altman, CEO di OpenAI, è un esempio emblematico. Le sue dichiarazioni hanno dipinto un futuro cupo e inquietante, in cui l’AI può diventare un pericolo mortale per l’umanità. Gli hanno fatto eco, poi, le dichiarazioni di Eliezer Yudkowsky, altro super esperto, che teme sua figlia non diventi maggiorenne: prima di allora, infatti, a sua detta l’AI potrebbe ucciderci tutti.
Sfruttare il luddismo per promuovere la tecnologia
La domanda sorge spontanea: perché queste persone e organizzazioni alimentano il panico sull’AI? È autentica “filantropia” (da parte di chi ha sviluppato e già guadagna dall’AI, peraltro)?
La risposta è semplice: il terrore vende. Creare un clima di paura intorno ai prodotti di OpenAI, ad esempio, è parte integrante della strategia di marketing dell’azienda. Far credere che i loro prodotti siano “i più importanti e spaventosi nella storia dell’umanità” attira l’attenzione del pubblico, degli investitori e dei potenziali dipendenti.
Con un giochino simile, nel 2019, i social media si sono garantiti ancora un po’ di ossigeno. L’allarme continuo sulla disinformazione che attribuiva a Cambridge Analytica la responsabilità della Brexit e dell’elezione di Trump nel 2016, in realtà sosteneva il messaggio di vendita di Facebook: “Cosa potrebbe essere più allettante per un inserzionista di una macchina in grado di persuadere chiunque di tutto?”
Chi di voi ha colto questo schema? Siate onesti.
Catastrofismo business
Conviene a tutti: alle aziende di AI e anche ai formidabili “paladini della libertà”. Da un lato, figure come Sam Altman usano il marketing apocalittico per promuovere prodotti reali. Dall’altro, sempre più “eroi conservatori” fanno del catastrofismo sull’AI il loro prodotto principale, la loro carriera e la loro fonte di reddito.
Un esempio? Gli Alfieri dell'”Altruismo effettivo“. Sostengono di essere i pochi eletti in grado di salvarci da un’ipotetica apocalisse dell’AGI (Intelligenza Generale Artificiale). Però ci lucrano sopra. E vendono. Prodotti, Servizi, Libri, eventi. Fanno milioni di click con i loro post. Nei mantra che poi ricadono sui più pigri, le stesse pappardelle. Le stesse parole chiave: “Ah! Il transumanismo!”. “Ah! La finestra di Overton”. Poche idee ma confuse, che finiscono per impedire un vero e sano dibattito sui reali rischi dell’AI, e anche sulle reali opportunità.
Fuori controllo. E fuori luogo.
Il catastrofismo isterico sull’AI è diventato un altro, l’ennesimo, prodotto mainstream. E i tanti sedicenti “svegli” non capiscono di fare in realtà parte di quello che a suo modo è un altro gregge. È importante riconoscere questi meccanismi e non farsi sopraffare dall’isteria collettiva.
L’Intelligenza Artificiale presenta sicuramente sfide e preoccupazioni, ma è fondamentale affrontarle con un approccio razionale e basato su evidenze, piuttosto che lasciarsi prendere dal panico.
Dal catastrofismo alla civiltà in 5 mosse
Per combattere l’isteria collettiva e il panico sull’IA, è importante:
- Educare il pubblico: Diffondere informazioni accurate e accessibili sull’AI e sulle sue applicazioni può aiutare le persone a comprendere meglio i rischi e le opportunità offerte da queste tecnologie. Ci stiamo provando.
- Promuovere il dialogo tra esperti e il pubblico: Creare opportunità per gli scienziati, gli ingegneri e gli esperti del settore di interagire con il pubblico e condividere la loro conoscenza dell’IA può favorire una maggiore comprensione del tema e ridurre il catastrofismo ingiustificato.
- Incentivare una copertura mediatica responsabile: I media hanno un ruolo cruciale nel plasmare l’opinione pubblica sull’AI. Incentivare una copertura mediatica più equilibrata e basata sui fatti può aiutare a ridurre l’isteria collettiva e promuovere un dibattito più razionale sulle questioni relative dall’intelligenza artificiale.
- Favorire la cooperazione internazionale: I “furbi” da tastiera che pensano sia un nell’atteggiamento quello puramente allarmistico, sappiano che il panico sull’AI può alimentare una corsa agli armamenti, non un disarmo. Invece, promuovere la cooperazione internazionale nell’ambito dell’AI può aiutare a garantire che queste tecnologie siano sviluppate e regolamentate in modo responsabile, con benefici condivisi a livello globale.
- Sviluppare un quadro normativo chiaro ed equo: Un quadro normativo solido e ben definito può aiutare a prevenire l’abuso dell’AI e a garantire che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. Certo, è importante che queste norme non siano dettate dal catastrofismo e dall’isteria, come nel caso italiano su ChatGPT (non a caso nessuno ha poi seguito il nostro paese al di là delle chiacchiere, ma sta prendendo il giusto tempo per valutare). Piuttosto, servono scelte basate su una comprensione profonda e razionale dei rischi e delle opportunità dell’AI. Il resto è materia per marketer che, guarda un po’, vogliono fare soldi organizzando eventi sull’AI. Quando si dice il caso.
L’appendice è dedicata alle vere vittime
L’ultima parte di questo lungo articolo voglio dedicarla a quelli che davvero stanno subendo la situazione. Un po’ per pigrizia mentale, un po’ per attitudine, molto per colpe non proprie. Le persone che, di fronte a queste notizie, abbracciano il catastrofismo e lo trasformano in un vanto, quasi in una battaglia di libertà.
Sui canali social li riconosci perché leggono un titolo, si attivano leggendo una parola chiave (in questo caso “intelligenza artificiale”) e partono con reazioni pavloviane e i mantra di cui vi parlavo. Magari conditi di insulti e minacce.
Mi rivolgo a voi
Non siate profeti della catastrofe, amici. Non predicate la paura, per favore. Soprattutto, non ponetevi presuntuosamente sul piano dei “salvatori dalla malvagità dell’intelligenza artificiale” (e del transumanismo. Lo so, non c’entra, ma lo mettono su tutto come il prezzemolo).
Rischiate la manipolazione. Sissignore. Esattamente come quelli che prendete in giro o accusate, quelli che dal vostro punto di vista “si bevono tutto quello che dice il mainstream”.
Il mainstream manipola anche con la paura, dovreste saperlo. Invece, perché non proviamo tutti insieme ad approfondire davvero il tema, cercando di bilanciare rischi e benefici di questa tecnologia?
Abbandonare il catastrofismo è il modo migliore, e forse l’unico, di evitare una eventuale catastrofe. Oh, io ve l’ho detto.