La compagnia USA Westinghouse ha presentato il primo di una nuova gamma di mini reattori nucleari modulari, l’AP300, e assicura: darà un mare di energia senza inquinare l’ambiente.
Adieu, carbone
Rita Baranwal, responsabile tecnologia di Westinghouse, spiega che l’AP300 sarà una versione ridotta dei reattori AP1000, già operativi in Cina e in costruzione in Georgia, negli Stati Uniti. Questa nuova versione non userà combustibili speciali o liquidi metallici come alcuni altri reattori di ultima generazione, mantenendo una tecnologia semplice e collaudata. In questo modo i primi mini reattori saranno operativi entro il 2033.
In altri termini: Westinghouse entra nella “corsa” a fornire il maggior supporto energetico all’abbandono dei combustibili fossili e alla decarbonizzazione entro il 2050. Uno sforzo che sembra chiamare in causa anche i reattori nucleari, sostenuti dall’amministrazione Biden negli USA e dai paesi UE (molto risalto ha avuto l’inclusione del nucleare nella tassonomia delle energie green).
In sostanza, il mini nucleare può dare a questa forma di energia l’opportunità di partecipare alla transizione. Un’opportunità che il nucleare “tradizionale”, con i suoi tempi lunghi, non può avere. Piccoli reattori modulari come l’AP300 potrebbero essere usati in nuovi contesti. Potrebbero sostituire centrali a carbone chiuse, ad esempio. O portare energia in comunità remote.
I mini reattori a caccia al mercato globale…
Westinghouse afferma che l’AP300 sarà passivamente sicuro, perché ha 72 ore di autonomia in caso di incidente, un ampio margine di tempo in cui non necessita di alimentazione elettrica o intervento umano.
Questo fattore potrebbe superare le preoccupazioni sollevate dai critici del nucleare, e rendere più appetibile l’investimento sui mini reattori in paesi che cercano maggiore indipendenza energetica.
Non solo gli Stati Uniti, dunque, ma anche l’Europa orientale e l’Africa subsahariana.
…ma ci riusciranno?
Sui costi, Westinghouse non ha rivelato quelli del primo reattore AP300, ma ha dichiarato che i reattori successivi avranno un costo di circa 1 miliardo di dollari. Il mercato locale americano manifesta interesse (gli stati di Virginia e Ohio), ma non basta per dire che il mini nucleare soppianterà le vecchie centrali a carbone.
Anche perché le esportazioni verso paesi come la Cina sono ostacolate dalle restrizioni imposte nel 2018, e in Europa è sempre forte l’opposizione politica.
In sintesi: mini reattori, maxi incognite. Resta da vedere se questa tecnologia riuscirà a superare gli ostacoli e diventare parte integrante del nostro futuro energetico.
Voi che ne pensate?