Quando vi dico che l’ebbrezza per gli UFO (pardon, gli UAP) è alle stelle, non scherzo. A renderla ancora più intensa ora ci si mette anche Wes Anderson con il suo nuovo film “Asteroid City”, un delizioso viaggio tra giovani scienziati, invenzioni futuristiche e incontri ravvicinati nel deserto dell’Arizona degli anni ’50.
Al momento, la data prevista è settembre 2023: dopo l’estate ci godremo un concentrato di gioia (con un pizzico di malinconia) che promette di far sorridere i fan più accaniti di Wes Anderson. Al tempo stesso, però, dai primi segnali ricevuti potrebbe risultare un po’ criptico per il pubblico mainstream, magari meno avvezzo alle sue sofisticate elucubrazioni.
Wes Anderson ritorna alle origini
È un’epoca in cui trailer e imitazioni di Wes Anderson si susseguono incessantemente sul web (non potevo fare eccezione io, e infatti alterno le poche immagini diffuse generosamente da Focus Distribution con alcune “alla Wez” generate con AI).
“Asteroid City” soddisfa anche questa domanda diffusa, con un sontuoso ritorno alle origini. Siamo catapultati in un’America anni ’50 ricreata con cura maniacale, tra tramonti dorati, test atomici, cactus indomabili e paesaggi mozzafiato. Il tutto è arricchito dal fascino nostalgico di Anderson e da un cast eccezionale.
La storia ci catapulta nella Convention dei Giovani Stargazers e Space Cadets, dove i futuri geni della scienza sfidano il governo degli Stati Uniti con invenzioni degne di un film di fantascienza. Ma, quando un’astronave aliena decide di fare visita alla città, l’intera area viene messa in quarantena, trasformandosi in un grande circo di personaggi eccentrici.
Un cocktail di stile e contenuto
Se siete fan del Sommo, “Asteroid City” si posiziona in un punto intermedio tra “Moonrise Kingdom” e “The Life Aquatic With Steve Zissou”. Sfiora anche “The Darjeeling Limited”. Anche se il film si confronta con temi come l’esistenzialismo e la morte, l’atmosfera vibrante e nostalgica regala momenti di gioia pura che trascendono il classico panico generato dall’arrivo di un UFO.
La scenografia riproduce con fedeltà l’America postbellica, con il suo stile di vita semplificato e i suoi valori genuini. Il tutto viene messo in discussione dalla visita inaspettata di un alieno. Il film, un vero e proprio cocktail cinematografico, riesce a miscelare con maestria un’infinità di temi, mantenendo sempre un tono leggero e godibile.
Un’opera d’arte visiva
Le atmosfere tipiche di Wes Anderson vengono ricreate grazie al pazzesco lavoro del direttore della fotografia Robert Yeoman, che utilizza la pellicola Kodak 35 mm per dar vita a una serie di immagini affascinanti e suggestioni visive, il tutto accompagnato da una colonna sonora coinvolgente realizzata dal premio Oscar Alexandre Desplat.
Proprio come il collage di personaggi complessi che popolano i film di Anderson, anche “Asteroid City” è un esempio di puro escapismo cinematografico, capace di trascinare lo spettatore in un mondo dove l’umanità si confronta con il suo ruolo cosmico.
D’altra parte ce lo siamo detti, no? Gli alieni siamo noi.