Abbiamo sempre sentito parlare dell’utilità di un computer quantistico come della profezia di un futuro lontano. Questa settimana, però, gli scienziati di IBM hanno pubblicato i risultati di uno studio che ci avvicina un po’ di più a quel futuro.
La ricerca pubblicata questa settimana sulla rivista Nature (ve la linko qui) mette a confronto un “classico” supercomputer ed un computer quantistico da oltre 100 qubit, per valutare l’utilità di quest’ultimo.
Il “terreno dello scontro”? La simulazione delle leggi fisiche.
Come un artista scolpisce la creta, uno dei primi compiti che mostrano l’utilità del computer quantistico potrebbe essere quella di modellare componenti dei materiali che i computer classici non sono mai riusciti a simulare efficacemente.
Questo avrebbe potenziali ripercussioni enormi, dalla creazione di fertilizzanti più efficienti alla progettazione di batterie migliori, per non parlare delle innovazioni nella medicina.
Recap: cosa rende così speciale un computer quantistico?
Beh, mentre un computer classico legge l’informazione “binaria” come un numero zero o un numero uno, il computer quantistico può leggere entrambi contemporaneamente. Questo lo rende teoricamente molto più efficace nel risolvere determinati problemi, come la ricerca in un database non ordinato… o la simulazione dei fenomeni naturali.
Ovviamente creare un computer quantistico che abbia un’utilità non è una passeggiata. I qubit, equivalenti quantistici dei bit classici, sono sensibilissimi al rumore e alle interferenze provenienti dall’ambiente circostante, che possono creare errori nei calcoli. E via via che i processori quantistici si ingrandiscono, anche questi errori possono accumularsi. Come superarli?
Lo studio per dare utilità al computer quantistico
I ricercatori IBM hanno lavorato con un processore quantistico Eagle da 127 qubit per modellare la dinamica di spin di un materiale, prevedendo proprietà come la sua risposta ai campi magnetici. Hanno generato stati grandi e intrecciati, dove certi atomi simulati sono correlati tra loro. E grazie a una tecnica chiamata “zero noise extrapolation”, sono riusciti a separare il rumore e a ottenere la vera risposta.
Per assicurarsi che le risposte ottenute dal computer quantistico avessero un’utilità e fossero affidabili, un altro team di scienziati dell’UC Berkeley ha eseguito le stesse simulazioni su un set di computer classici, ottenendo risultati corrispondenti.
L’utilità (futura) dell’informatica quantistica
Nonostante i computer classici abbiano un limite superiore per questi tipi di problemi, soprattutto quando i modelli diventano più complessi, il processore quantistico IBM sta ancora cercando di raggiungere la supremazia quantistica. Ma aver dimostrato di poter fornire risposte utili anche in presenza di “rumore” è un traguardo notevole.
“Ciò che abbiamo osservato è un fatto senza precedenti: i computer quantistici sono riusciti a modellare accuratamente un sistema fisico naturale in modo più avanzato rispetto ai metodi classici”, ha detto Darío Gil, senior vice president e direttore di IBM Research. “Questo traguardo rappresenta un passo importante nel dimostrare che i computer quantistici attuali sono strumenti scientifici validi, in grado di affrontare problemi estremamente difficili, forse impossibili per i sistemi classici. Stiamo ora entrando in una nuova era di utilità per il calcolo quantistico”.
Che dite? Ha ragione?