In un bar italiano (si spera a prezzi accessibili), tra un sorso di spritz e una risata vi sarete tutti ritrovarti prima o poi a sbocconcellarli: i lupini. Questi legumi salati e nutrienti sono al contempo antichissimi e modernissimi. Antichissimi, perché vengono consumati da millenni intorno al Mediterraneo. Modernissimi, perché potrebbero diventare tra i protagonisti assoluti del nostro futuro alimentare, grazie ad una trasformazione epocale.
La scoperta di un “gene della dolcezza” dei lupini potrebbe consacrarli come il principale “super food” del futuro. E ora vi spiego perché.
Il legume del futuro
I lupini sono più di un semplice spuntino da bar. Sono un tesoro nutrizionale, ricchi di proteine e fibre, poveri di carboidrati e con un basso indice glicemico. C’è solo un piccolo problema: alcuni di essi sono “amaramente” sgradevoli a causa degli alcaloidi.
Oggi, un team internazionale di ricercatori ha identificato per la prima volta il “gene della dolcezza” responsabile dei bassi livelli di alcaloidi nei lupini. Questa scoperta, pubblicata su Science (ve la linko qui) potrebbe rendere più facile produrre piante più gustose e appetibili. Immaginate un mondo in cui i lupini sono dolci come il miele… beh, magari non proprio come il miele, ma sicuramente più dolci di prima.
L’eterna ricerca della dolcezza
Circa 100 anni fa, dei coltivatori tedeschi hanno scoperto alcune mutazioni naturali che producevano lupini con livelli molto più bassi di alcaloidi amari. Hanno prodotto varietà dolci di lupino bianco (Lupinus albus), lupino a foglia stretta (Lupinus angustifolius), e il meno comune lupino giallo (Lupinus luteus).
Sforzi intensi, che ci hanno “regalato” lupini come quelli attuali, ma non sufficienti a renderli un cibo “universale”. Negli ultimi 50 anni, a dirla tutta, i lupini sono diventati più comuni come cibo per gli animali da fattoria. Ora però le cose potrebbero cambiare, e parecchio.
Super lupini alla riscossa
I ricercatori guidati da Matthew Nelson hanno studiato la biochimica degli alcaloidi in varietà amare e dolci. Il team ha analizzato ben 227 varietà di lupini bianchi, e testato i loro livelli di alcaloidi. Poi, con i colleghi in Francia, hanno cercato marcatori nel genoma del lupino e associato alti e bassi livelli di alcaloidi alla genetica.
Alla fine, hanno trovato un legame molto forte tra una variazione di una singola sequenza nel loro gene e un cambiamento nei livelli di alcaloidi. Questo significa una sola cosa: la scoperta del tanto agognato “gene della dolcezza”.
Lupini, In hoc signo vinces
Con questa scoperta, ora i coltivatori hanno un “segno” genetico affidabile per sapere con quali ceppi stanno lavorando. Per loro sarà molto più facile coltivare costantemente lupini bianchi dolci, e le aziende sono già alla finestra.
L’occasione, è il caso di dirlo, è ghiotta: tra insetti, alternative alimentari coltivate in laboratorio e cibi messi a rischio dal cambiamento climatico, poter contare su cibi così “semplici” e con così alto contenuto proteico per il consumo umano è una manna dal cielo.
Il futuro dei lupini è luminoso e dolce. Usciranno presto dalla nicchia per essere integrati in ogni sorta di alimento, e ci forniranno proteine preziose in modo sostenibile. Intesi, allora? La prossima volta che prendete una birra, sapete con cosa accompagnarla :)