Il cervello, quell’organo intricato e misterioso, è sempre stato considerato il centro pensante dell’apprendimento. Eppure meduse traslucide e piante carnivore, creature in apparenza semplici, sfidano questa nozione.
La scienza sta sempre più mostrando che nel mondo l’apprendimento non è confinato alle complesse reti neuronali, ma si riscontra in contesti sorprendenti. E ci costringe a riconsiderare le fondamenta stesse della cognizione.
La natura pensante
Il cervello, con la sua complessa rete di neuroni e sinapsi, è un prodotto dell’evoluzione che ha permesso agli animali di adattarsi e prosperare in ambienti mutevoli. Ma, come diceva un vecchio adagio, “non è tutto oro quel che luccica”.
Certo, il cervello ha indubbiamente rivoluzionato il modo in cui percepiamo e interagiamo con il mondo, ma non è l’unico protagonista “pensante” in questa storia di apprendimento e adattamento.
Chi ha bisogno di un cervello, comunque?
Le meduse, creature antiche e affascinanti, non hanno un cervello centralizzato come il nostro. Eppure, sono capaci di comportamenti che suggeriscono una forma di apprendimento. Prendiamo l’anemone Actinia equina, che può riconoscere e tollerare la presenza di cloni genetici di sé stessa, evitando conflitti territoriali.
Un’altra recente ricerca ha portato alla luce qualcosa di ancora più sorprendente: le meduse cubo sono apprendisti entusiasti. Questo studio ha rivelato che, nonostante il loro limitato numero di neuroni, sono in grado di associare variazioni di luce con feedback tattili, migliorando la loro navigazione.
Imparare senza neuroni
Se pensate che l’apprendimento delle meduse sia sorprendente, preparatevi a rimanere ancora più sbalorditi. Gli ammassi di cellule chiamati muffe mucillaginose hanno dimostrato una stupefacente capacità di apprendimento. Possono ricordare percorsi verso il cibo e usare esperienze precedenti per informare le future strategie di foraggiamento. Un organismo unicellulare “pensante”. Incredibile o no?
E poi ci sono le piante. Sì, avete letto bene. Le piante. La venere acchiappamosche, ad esempio, utilizza sensori sofisticati per “ricordare” e contare le volte in cui una preda la tocca, assicurandosi così un pasto nutriente. Altre piante, come la Mimosa pudica, sono in grado di apprendere e adattarsi a stimoli ripetuti, risparmiando energia.
Ridefinire il concetto di “essere pensante”
Le scoperte rivoluzionarie sul tema stanno ridefinendo la nostra idea di apprendimento e cognizione. Se organismi senza cervello possono apprendere e adattarsi, cosa significa veramente “pensante”? E come dovremmo considerare questi esseri nel grande schema della vita?
Senza contare le questioni etiche. Se pesci e insetti possono percepire il dolore e apprendere, come dovremmo trattarli nelle nostre attività ricreative, di ricerca e… culinarie? Domande ci sfidano a riflettere sul nostro posto nell’ordine naturale delle cose.
Questi organismi, con le loro straordinarie capacità, sono un tributo al potere creativo dell’evoluzione. Ci ricordano che, anche senza un cervello, la vita trova sempre un modo per adattarsi, prosperare e, sì, imparare. Forse possiamo anche noi imparare a vedere il mondo con occhi nuovi, apprezzando la diversità e la complessità della vita in tutte le sue forme. Sennò a che serve avere un cervello?