Se i pannelli solari fossero un film, avrebbero recensioni agrodolci: acclamati dalla critica (gli scienziati), ma con un pubblico che esce dal cinema ancora perplesso. Perché? Perché c’è una disconnessione tra ciò che la scienza sa e ciò che il pubblico teme. Quando dovremo dismettere la prima generazione di pannelli, avremo un mare di scorie da smaltire? Hanno davvero un impatto ambientale positivo o sono dannosi sul lungo termine?
Annick Anctil, professoressa di ingegneria presso la Michigan State University, è una figura di spicco nel campo della ricerca sui pannelli solari. Il suo lavoro appena pubblicato su Nature Physics (ve lo linko qui) offre una lente attraverso la quale vedere chiaramente la realtà dei pannelli solari, separata dai timori infondati.
Smontiamo i miti: perché i pannelli solari non sono né tossici né un problema di rifiuti
Una delle preoccupazioni più comuni sull’impatto ambientale dei pannelli solari riguarda la presenza di cadmio. Aspettate un attimo prima di indossare la tuta anti-radiazione, però: il cadmio è presente solo in una piccola percentuale di pannelli e, in quella piccola percentuale rappresenta meno dello 0,1% della massa totale. Ancora: la forma di cadmio utilizzata è diversa e più sicura rispetto a quella che solleva preoccupazioni per la salute.
Cerco di sintetizzare meglio, per capirci di più: in pratica, il cadmio nei pannelli solari è come quel cugino lontano che tutti pensano sia un teppista, ma in realtà è solo un po’ eccentrico.
E gli altri materiali? Non esistono esempi di pannelli solari per lo sviluppo su larga scala che contengano arsenico, gallio, germanio o cromo esavalente. Non ce ne sono. Punto.
Un mare di rifiuti? Più che altro una goccia
Un altro argomento caldo è l’aumento dei rifiuti di pannelli solari: più saranno diffusi i pannelli, più immondizia dovremo gestire quando andranno sostituiti, con conseguente aumento dell’impatto ambientale. Anche questo va messo decisamente in prospettiva: i rifiuti di pannelli solari sono una “goccia nell’oceano” rispetto ad altre categorie di rifiuti come plastica, cenere di carbone e rifiuti solidi urbani.
Vogliamo dimenticare i rifiuti elettronici come quelli derivanti da vecchi telefoni e computer?Quanti detrattori del solare, scrivendo le loro giaculatorie, si preoccupano della tastiera (o del tastierino) sul quale stanno pigiando? C’è un intero elenco di colpevoli molto più grandi da affrontare, mentre i nuovi sviluppi migliorano anche le procedure di riciclo dei pannelli solari. Questo ci porta direttamente al prossimo punto.
Impatto ambientale, l’industria del solare merita una chance
Buona parte dell’industria del solare non è seduta a poltrire. Sta lavorando alacremente prendendo una serie di misure per ridurre i rifiuti e le preoccupazioni sulla tossicità. Questo include l’estensione della durata dei pannelli, la ricerca di materiali alternativi e lo sviluppo di metodi efficienti per il riciclo dei componenti.
È chiaro che la quantità effettiva di rifiuti potrebbe essere inferiore alle stime attuali. Ogni tanto un pensiero rassicurante, no?
In sintesi: stiamo tutti molto calmi sull’impatto ambientale dei pannelli solari
La scienza è chiara: i pannelli solari sono molto più sicuri di quanto la percezione pubblica vorrebbe farci credere. Dopo un secolo e più di idrocarburi, c’è troppa agitazione sulle rinnovabili per non pensare che l’opinione pubblica non sia artata in qualche modo.
Le tecnologie fotovoltaiche in nostro possesso, intendiamoci, sono ben lungi dall’essere perfette: vanno migliorate, anche sul profilo dell’impatto ambientale.
Questo però è molto, molto diverso dal volerle snobbare o mettere frettolosamente da parte come se non fossero utili. Tra i meno informati e gli interessati, troppi sollevano voci contrarie, omettendo o ignorando tantissimi aspetti positivi. Il solare deve crescere, in dimensioni e in diffusione: può fare molto di più che accompagnare una transizione energetica. Può guidarla.