L’anno 2023 ha segnato un momento cruciale nel campo dell’archeologia, con scoperte che hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’evoluzione umana. Dagli antichi ominini che si addentravano in terre inospitali, ai Neanderthal che esprimevano la loro arte sulle pareti delle caverne, fino alle donne che occupavano posizioni di potere nelle società antiche, ogni ritrovamento ha contribuito a dipingere un quadro sempre più complesso e sfaccettato delle nostre origini.
Antichi capolavori: arte e architettura oltre l’Homo Sapiens
Le scoperte nel 2023 hanno mostrato che molte attività considerate “avanzate”, come la costruzione di strutture architettoniche e la creazione artistica, hanno origini molto più antiche di quanto pensassimo. A Kalambo Falls in Zambia, ad esempio, sono stati trovati tronchi lavorati con attrezzi in pietra, datati 476.000 anni fa, ben prima dell’evoluzione dell’Homo sapiens. Questi indizi suggeriscono la presenza di strutture, forse edifici, creati da ominidi estinti.
Nel campo dell’arte, la scoperta di ulteriori opere d’arte Neanderthal in Francia ha rafforzato l’idea che l’espressione artistica non sia un’invenzione esclusiva dell’uomo moderno. Anche specie ancora più antiche come l’Homo erectus potrebbero aver partecipato all’arte, come dimostrato da incisioni su conchiglie.
Là, dove nessun uomo aveva (ancora) messo piede, ma gli ominidi si
I progressi nell’archeologia hanno svelato che anche gli ominidi estinti riuscivano a stabilirsi in luoghi estremi, “dominando” la natura a loro modo.
Ad esempio, ora sappiamo che i Denisovani (sapete chi erano, giusto?) vivevano sulle gelide alture dell’altopiano tibetano 200.000 anni fa, ribaltando la vecchia nozione secondo cui l’altopiano era colonizzato dagli esseri umani moderni solo circa 3600 anni fa.
Homo Naledi: piccoli cervelli, grandi capacità
Uno dei dibattiti più accesi che l’archeologia ha innescato nel 2023 riguarda l’Homo naledi, un ominide vissuto circa 250.000 anni fa. Nonostante il cervello piccolo, tipico degli ominidi più antichi, le recenti scoperte nel gruppo di grotte Rising Star in Sudafrica suggeriscono che l’Homo Naledi potesse avere comportamenti complessi, come la creazione di arte e la sepoltura dei morti.
Tutti questi ritrovamenti disintegrano letteralmente l’idea che la grandezza del cervello sia direttamente correlata alla complessità del comportamento (già sul concetto di intelligenza, per altri motivi, dobbiamo ricrederci).
L’archeologia ha riscritto anche i ruoli di genere nella Preistoria
Il 2023 ha offerto nuove prospettive perfino sui ruoli di genere nelle società preistoriche. Una meta-analisi ha rivelato che nelle società di caccia e raccolta, le donne partecipavano alla caccia nell’80% dei casi, contrariamente all’idea tradizionale che vedeva gli uomini come unici cacciatori.
Questo dato, insieme alle evidenze di donne in posizioni di potere in varie culture antiche (come la regina vichinga Thyra che unificò la Danimarca nel 900 d.C. o una “leader” donna nella penisola iberica di 4000 anni fa), suggerisce una struttura sociale più egualitaria e diversa dalle aspettative moderne. Viene da chiedersi, almeno su questo piano, cosa sia andato storto.
L’archeologia ha un grande futuro
Le tantissime scoperte di quest’anno (sorvolo sulle applicazioni del laser LIDAR che ci hanno mostrato centinaia di nuovi siti in Amazzonia e – forse – piramidi di 27.000 anni fa in Indonesia, ne parleremo meglio nel 2024) offrono spunti di riflessione sui tutto. Modelli sociali, modelli culturali: ci fanno rivedere anche quelli attuali sotto un’altra luce.
La nostra storia è molto più ricca e variegata di quanto inizialmente pensato, con tracce di intelligenza, creatività e strutturazione sociale che si perdono nella notte dei tempi.
L’anno 2023 si chiude con la promessa che il futuro dell’archeologia continuerà a sorprenderci, offrendoci nuove prospettive su chi siamo e da dove veniamo.