Nel panorama tecnologico globale, un fenomeno preoccupante sta prendendo piede. Grandi aziende come Meta, Google e Amazon, un tempo bastioni dell’innovazione “compatibile” stabilità occupazionale, hanno iniziato una stagione di licenziamenti su larga scala. Questa tendenza, imputata da società come Paytm e Dropbox all’avvento dell’intelligenza artificiale, cela una realtà più complessa e multisfaccettata.
La vera storia dietro ai licenziamenti nelle Big Tech
Le ondate di tagli, iniziate a cavallo della ripresa post-pandemica, si ripetono in varie parti del mondo. Le motivazioni, come detto, oscillano tra l’avanzamento dell’AI e la necessità di ottimizzare i risultati finanziari trimestrali.
L’esempio di Salesforce è emblematico: all’inizio del 2023, l’azienda ha annunciato il licenziamento del 10% del suo personale, equivalente a oltre 7.000 dipendenti. Questa decisione, presa nell’ambito di una strategia di ristrutturazione annunciata dal CEO Jane Fraser, è stata seguita da risultati finanziari promettenti per i trimestri successivi.
In sintesi, la pratica di assumere e poi licenziare in funzione delle esigenze finanziarie immediate, evidenzia in apparenza un ambiente di lavoro instabile. E in sostanza? Il passaggio deciso dalla difesa del patrimonio a quella del profitto.
Il paradosso della ristrutturazione
Lo schema, come detto, si ripete ovunque. In India, TCS ha confermato l’assunzione di un numero significativo di neolaureati, progettando di assumere altri 40.000 nel corso del 2024. Tuttavia, Milind Kakkad, Chief HR Officer, ha dichiarato che saranno prese decisioni drastiche se necessario per mantenere l’efficienza.
Anche BlackRock, multinazionale di gestione degli investimenti, ha pianificato di ridurre il 3% del suo personale, ovvero 600 dipendenti, per difendere i propri margini di profitto.
La scusa dell’intelligenza artificiale
Non tutti i licenziamenti possono essere attribuiti all’AI. L’intelligenza artificiale spesso è usata come capro espiatorio per decisioni aziendali scomode. Dukaan, una piattaforma di e-commerce fai-da-te, ha fatto notizia per aver licenziato il 90% del suo personale di supporto, sostituito da un chatbot basato su AI, sebbene l’azienda avesse già affrontato due ondate di licenziamenti.
C’è qualcuno che si distingue? Startup come Zoho, si aggrappano a metodologie “conservativamente agili”. Non ricorrono ai licenziamenti (“e non lo faremo mai”, dicono in azienda), ma ricollocheranno internamente i dipendenti. E poi c’è il modello Apple: si resta sotto organico, non si assume e non si aumentano gli stipendi. Come diceva il tale? Stay hungry.
Licenziamenti e tendenze: conclusioni
La storia recente delle Big Tech ci racconta di un mondo in rapida evoluzione, dove le decisioni aziendali si basano sempre più su fattori economici e di rendimento a breve termine.
Questa realtà, sebbene efficace dal punto di vista finanziario, pone sfide significative in termini di stabilità lavorativa e morale del personale. In un settore così dinamico e competitivo, trovare un equilibrio tra la necessità di risultati immediati e il benessere dei dipendenti sarà la sfida cruciale per le aziende tecnologiche nei prossimi anni.