Un team di ricercatori coreani ha intrapreso un percorso visionario per ridurre la nostra dipendenza dagli allevamenti intensivi. Di che si tratta? Di un riso “ibrido” che incorpora cellule di manzo, potenziando il suo contenuto proteico dell’8% senza influenzare significativamente il costo di produzione. Suona folle o ha senso? Io dico, a naso, dico entrambe le cose.
A mezza via tra agricoltura e biotecnologia
Il riso, pilastro dell’alimentazione globale, è stato arricchito con cellule bovine coltivate in laboratorio, in un connubio che sfida i confini tra agricoltura tradizionale e biotecnologia avanzata. Attraverso l’uso di gelatina di pesce commestibile come medium, in questo caso i chicchi di riso sono diventati il terreno fertile per la crescita di cellule staminali muscolari e adipose bovine, maturando in un ibrido nutrizionalmente superiore, con una consistenza più ferma e un aroma leggermente “carnoso”.
L’impatto ambientale di questa innovazione è tanto promettente quanto la sua composizione nutrizionale. La produzione di riso ibrido emette meno di 6.27 kg di CO2 per ogni 100 grammi di proteine prodotte, un netto contrasto rispetto ai 49.89 kg generati dalla produzione di carne bovina. A un costo di produzione stimato in circa 2.15 euro per chilogrammo, questo “super cibo” si posiziona come un’alternativa sostenibile e accessibile rispetto alle fonti proteiche tradizionali.
Riso ibrido, gli orizzonti futuri
Nonostante le sue numerose virtù, il riso ibrido deve ancora affrontare la prova del mercato e della cultura culinaria. I ricercatori rimangono ottimisti, sottolineando la potenzialità di questo alimento di integrarsi nelle diete globali come fonte sostenibile di proteine. Al di là del suo valore nutrizionale, il riso ibrido potrebbe rivestire ruoli cruciali in scenari di emergenza alimentare, razioni militari e persino come provvista per le missioni spaziali.
L’audacia dei ricercatori coreani nel creare questo “riso bovino” apre nuove prospettive per il futuro dell’alimentazione globale. Se volete saperne di più, eccovi lo studio completo a prima firma dell’ingegnere biomolecolare Sohyeon Park dell’Università di Yonsei. E buon appetito.