Il Professor Bozhi Tian, pioniere della bioelettronica, ha appena acceso insieme al suo gruppo di ricerca una scintilla di speranza nel cuore di milioni di persone. La sua intuizione ha portato alla creazione di un pacemaker rivoluzionario, un capolavoro di miniaturizzazione e biocompatibilità che sfida i limiti della tecnologia medica. Un dispositivo che si dissolve nel corpo, come un sussurro di luce che ripristina il ritmo vitale. E dalla luce è alimentato.
Un pacemaker “alla luce”
Tian e il suo team hanno creato un prototipo di pacemaker costituito da una membrana appositamente ingegnerizzata, che pesa meno di un cinquantesimo di grammo. Il suo spessore? Inferiore a quello di un capello umano. Questa caratteristica rende il dispositivo estremamente leggero e capace di essere impiantato con una chirurgia minimamente invasiva, senza parti mobili al suo interno.
Milioni di persone nel mondo dipendono dai pacemaker, dispositivi piccoli ma fondamentali che regolano gli impulsi elettrici del cuore per mantenere un battito regolare. Soluzioni come questa possono ridurre tutte le complicazioni legate all’uso di questi dispositivi.
Gli esperimenti preliminari sono stati molto promettenti, e abbiamo grandi speranze per il futuro di questa tecnologia traslazionale.
Pengju Li, studente di dottorato presso la Pritzker School of Molecular Engineering dell’Università di Chicago. Fa parte del team di ricerca che ha lavorato al pacemaker.
Una tecnologia fotovoltaica per il corpo umano?
Il laboratorio del Professor Bozhi Tian si è concentrato per anni nello sviluppo di dispositivi che possono utilizzare tecnologie simili a quelle delle celle solari per stimolare il corpo. La fotovoltaica è particolarmente attraente per questo scopo perché non ha parti mobili o fili che possono rompersi o diventare intrusivi, aspetto particolarmente utile in tessuti delicati come il cuore.
Invece di una batteria, i ricercatori impiantano semplicemente una minuscola fibra ottica accanto al dispositivo per fornire energia. I risultati? Come riportato sulla rivista Nature (vi linko tutto qui) sono davvero importanti.
Un design “mirato”
Per ottenere i migliori risultati, gli scienziati hanno dovuto modificare il sistema per adattarlo a scopi biologici, diversamente dal design usuale delle celle solari. “In una cella solare, l’obiettivo è raccogliere quanta più luce solare possibile e trasferire quell’energia lungo la cella, indipendentemente dalla parte del pannello colpita”, spiega Li. “Per questa applicazione, invece, si vuole poter illuminare un’area molto localizzata e attivare solo quella.”
Il design finale del pacemaker si compone di due strati di un materiale siliconico noto come P-type, che risponde alla luce creando una carica elettrica. Il risultato è una membrana minuta e flessibile, che può essere inserita nel corpo tramite un tubicino insieme a una fibra ottica, in una operazione minimamente invasiva. Per intenderci, i pacemaker attuali pesano almeno 250 volte di più.
Usa e getta
Questa versione particolare del dispositivo pacemaker è destinata a un uso temporaneo. Alla fine della sua “missione” non sarà necessaria un’altra operazione per rimuoverlo: si dissolverà da solo in un composto non tossico noto come acido silicico. Tuttavia, i ricercatori indicano che i dispositivi potrebbero essere progettati per durare anche più a lungo, a seconda della durata desiderata della stimolazione cardiaca.
Questo avanzamento rappresenta un punto di svolta nella terapia di resincronizzazione cardiaca. Siamo all’alba di una nuova frontiera dove la bioelettronica può integrarsi senza soluzione di continuità con le funzioni naturali del corpo.
Narutoshi Hibino, professore di chirurgia presso l’University of Chicago Medicine e co-autore corrispondente dello studio.
Applicazioni: oltre il cuore
Sebbene i primi test siano stati condotti su tessuto cardiaco, l’approccio potrebbe essere utilizzato anche per la neuromodulazione, stimolando ad esempio i nervi in disturbi del movimento come il Parkinson, o per trattare il dolore cronico e altri disturbi. Li ha coniato il termine “fotoelettroceutici” per questo campo.
Il giorno in cui hanno testato per la prima volta il pacemaker su cuori di maiale, molto simili a quelli umani, rimane vivido nella memoria di Tian: “Ricordo quel giorno perché ha funzionato al primo tentativo. È sia un miracolo sia il frutto dei nostri estesi sforzi.”
Un miracolo a cuore aperto.