Ha il potere di ammaliare il pubblico, corteggiare gli innamorati e irritare i vicini, ed è maledettamente delicata. Cos’è? Indovinato, la nostra voce. Il suono distintivo di ogni persona prodotto quando l’aria dei polmoni fa vibrare le corde vocali, pieghe di tessuto muscolare nella laringe. Ebbene, queste corde vocali possono facilmente danneggiarsi per stress, infezioni o uso eccessivo. Non sono solo gli artisti a rischiare di finire senza voce: secondo un noto studio ormai ventennale, il 30% della popolazione sperimenterà un disturbo della voce in qualche momento della propria vita. Ora però un gruppo di ricercatori di bioingegneria dell’UCLA potrebbe aver trovato una soluzione promettente.
Un cerotto che legge i muscoli e fa parlare senza voce
Lo studio è stato pubblicato questa settimana sulla rivista Nature Communications (ve lo linko qui). Il team dell’UCLA ha presentato e testato un cerotto morbido che può essere applicato sul collo di una persona: da lì rileverà i movimenti muscolari e, con l’aiuto di algoritmi di machine learning che processano i segnali, li tradurrà in parole udibili.
Anche se il dispositivo è ancora un prototipo iniziale, ha il potenziale per offrire un sostanziale miglioramento rispetto alle alternative attuali. Quando una persona resta senza voce oggi, la soluzione più facile è ricorrere a digitazione, messaggi o appunti scritti per comunicare. Ma come fa notare Jun Chen, l’autore principale dello studio, digitare può essere lento e scomodo. Scrivere appunti leggibili, invece, è possibile solo con una buona illuminazione. Soluzioni più sofisticate come gli elettrolaringi, dispositivi esterni tenuti contro la gola per produrre le vibrazioni necessarie per il discorso, possono richiedere un addestramento speciale per l’uso, e gli interventi chirurgici sono spesso scoraggianti per la loro invasività. Un cerotto, in teoria, sarebbe in grado di superare tutti questi ostacoli.
Nanoparticelle magnetiche: il segreto del cerotto parlante
Il meccanismo dietro il dispositivo della UCLA? È un principio noto come effetto magnetoelastico. Quando nanoparticelle magnetiche sono incorporate in materiali morbidi come polimeri elastici o siliconici, le loro proprietà magnetiche possono cambiare quando il materiale viene allungato. Questo perché ogni deformazione fa sì che le particelle ruotino o si muovano l’una rispetto all’altra, cambiando la magnetizzazione del materiale.
Quando i muscoli della gola si muovono sotto il cerotto di silicone, le risultanti variazioni del campo magnetico possono anche essere convertite in segnali elettrici. In un test con otto partecipanti, i ricercatori hanno catturato i segnali che sorgono mentre i soggetti parlavano e facevano lip-sync di cinque diverse frasi (tra cui: “Spero che i tuoi esperimenti stiano andando bene!”, “Buon Natale!” e “Ti amo!”). Hanno poi addestrato un modello di machine learning a riconoscere le forme distinte dei segnali elettrici associati a ogni frase. Questo algoritmo è stato poi in grado di predire quale delle cinque frasi i partecipanti avevano pronunciato – sia ad alta voce che senza voce – con un’accuratezza superiore al 90%.
Una speranza per milioni di persone senza voce
Certo, c’è ancora strada da fare: per ora il dispositivo può riconoscere solo le cinque frasi su cui è stato addestrato. Inoltre, le differenze individuali nelle pieghe vocali comportano che al momento l’algoritmo debba essere personalizzato per ogni utente. Per renderlo pratico su larga scala, i ricercatori dovranno raccogliere molti più dati, ma vista la rapidità di crescita di queste tecnologie, le prospettive sono entusiasmanti. Immaginate cosa potrebbe significare questo cerotto per le milioni di persone che ogni anno perdono la voce a causa di malattie, incidenti o interventi chirurgici. O per coloro che, per qualsiasi ragione, trovano difficile o impossibile parlare.
Con questo dispositivo, potrebbero riacquistare la capacità di comunicare in modo naturale e spontaneo, senza dover ricorrere a metodi lenti e macchinosi. Potrebbero partecipare di nuovo a conversazioni, esprimere emozioni, raccontare storie. Perché la voce non è solo un mezzo di comunicazione. È parte integrante della nostra identità, della nostra personalità, del nostro essere. Perdere la voce non significa solo perdere la capacità di produrre suoni, ma anche una parte di sé. Per questo motivo un cerotto del genere non è solo un gadget tecnologico, ma una promessa di speranza. La speranza di restituire a chi l’ha persa non solo una voce, ma un pezzo di anima.