Nel cuore di un buco nero, la fisica che conosciamo collassa. Gravità, spazio e tempo si fondono in un groviglio inestricabile, creando condizioni che sfidano la nostra comprensione. Ma se non possiamo visitare un buco nero, forse possiamo portarne un pezzo sulla Terra. Lo ha fatto un team di ricercatori dell’Università di Nottingham, creando per la prima volta un “vortice quantistico” in un superfluido di elio a temperature ultra-basse. Un esperimento pioneristico (ve lo linko qui) che potrebbe aprire una finestra sui segreti più profondi dell’universo.
Superfluido, un tuffo nell’ignoto a -271°C
Immaginate di immergervi in un bagno di elio liquido, raffreddato a temperature appena sopra lo zero assoluto (-273,15°C). Non dimenticate il costume, mi raccomando. Una volta “a bagno”, scoprireste che la materia si comporta in modi strani e meravigliosi, acquisendo proprietà quantistiche che sfidano il senso comune. Ed è proprio in queste condizioni estreme che i ricercatori hanno creato il loro “mini-buco nero”: un vortice turbinante nel superfluido, un tornado quantistico che trascina tutto con sé.
Non è stato facile. A queste temperature, l’elio sviluppa una resistenza innata alla formazione di grandi vortici, preferendo frammentarsi in una miriade di minuscoli “quanti” che tendono a diffondersi. Per superare questo ostacolo, il team ha dovuto confinare decine di migliaia di questi quanti in un oggetto compatto, ottenendo un flusso vorticoso di intensità record nel regno dei fluidi quantistici.
Quando lo spaziotempo si mette a ballare (nel superfluido)
Cosa c’entra questo esperimento con i buchi neri? Beh, più di quanto potreste pensare. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, i buchi neri non sono solo oggetti massicci, ma vere e proprie distorsioni dello spaziotempo. E quando un buco nero ruota, trascina con sé il tessuto stesso dell’universo, in un effetto chiamato “trascinamento del sistema di riferimento” o “effetto Lense-Thirring”.
Ed è proprio questo strano balletto cosmico che i ricercatori sono riusciti a riprodurre nel loro tornado quantistico. Le minuscole onde generate sulla superficie del superfluido, infatti, imitano il modo in cui la gravità di un buco nero rotante influenza lo spaziotempo circostante. Un parallelismo affascinante, che apre la strada a nuove possibilità di studio.
Attraverso lo specchio quantistico
Voglio che sia chiaro, anche se chi legge questi articoli senza fermarsi al titolo lo sa bene: il vortice di elio non è un vero buco nero. Non ci risucchierà nel suo orizzonte degli eventi, né ci schiaccerà in una singolarità. Ma è un modello, una lente attraverso cui possiamo sbirciare alcuni dei fenomeni più esotici dell’universo.
Lo spiega bene Silke Weinfurtner, leader del Black Hole Laboratory dove è stato condotto l’esperimento:
Ora, con il nostro esperimento più sofisticato, abbiamo portato la ricerca al livello successivo, che potrebbe portarci a prevedere come i campi quantistici si comportano negli spaziotempi curvi attorno ai buchi neri astrofisici.
Provo a tradurre? Questo tornado quantistico potrebbe essere il nostro specchio di Alice, un portale verso un mondo dove le leggi della fisica si piegano e si contorcono in modi inimmaginabili. Un mondo che, fino a ieri, potevamo solo sognare di esplorare.
Un passo alla volta
Siamo solo all’inizio del viaggio: l’esperimento di Nottingham è un primo, pionieristico passo verso la simulazione della fisica quantistica nello spaziotempo curvo. Ci vorranno anni, forse decenni, prima di poter replicare in laboratorio tutti i capricci gravitazionali di un vero buco nero. Ne passerà di superfluido sotto i ponti.
Ogni viaggio, però, anche il più lungo, inizia con un singolo passo. E questo primo passo ci ha già portato oltre il limite di ciò che credevamo possibile. Possiamo guardare negli occhi l’ignoto e, forse, cominciare a capirlo.
Forse, un giorno, saremo in grado di creare veri e propri “buchi neri in provetta”, replicando in scala ridotta tutti i misteri e le meraviglie di questi titani cosmici. Forse impareremo a navigare le correnti dello spaziotempo, a passo di danza sul bordo dell’orizzonte degli eventi.
Verso l’infinito e oltre, giusto?