In una scena che sembra appartenere più a un romanzo distopico che alla realtà, migliaia di ammiratori adoranti, prevalentemente uomini, hanno riempito un’arena di Buenos Aires per venerare il loro autoproclamato “Re”, il presidente argentino Javier Milei. Mentre l’economia del paese crolla e il valore del peso precipita fino a diventare quasi carta straccia, il seguito di culto di Milei sembra solo rafforzarsi. La sua retorica intrisa di machismo, epitomizzata dalla sua dichiarazione “Sono il re di un mondo perduto! Sono il re e vi distruggerò!”, risuona sui fan che lo vedono come una figura salvifica.
Senza cadere in facili sentenze, però, serve osservare con attenzione le ragioni dell’attrattiva di Javier Milei e le possibili conseguenze del suo “regno”.
Il contesto della crisi argentina
Per comprendere l’ascesa di JavierbMilei e del suo seguito quasi messianico, è fondamentale inquadrare il fenomeno nel contesto della profonda crisi economica e sociale che attanaglia l’Argentina. Il paese sta attraversando una fase di iperinflazione, con il Peso che ha perso gran parte del suo valore e i prezzi dei beni di prima necessità che schizzano alle stelle.
La disoccupazione è alta, le imprese chiudono e la povertà dilaga. In questo scenario di forte incertezza, ampie fasce della popolazione sembrano cercare una guida forte e carismatica, capace di offrire soluzioni nette e rassicuranti, anche a costo di derive autoritarie.
Il machismo come chiave del successo di Javier Milei
Javier Milei incarna perfettamente, o interpreta, se vogliamo, l’archetipo del leader “tutto di un pezzo”. Con il suo linguaggio diretto e aggressivo, i suoi proclami altisonanti e la sua immagine di uomo forte e decisionista, si presenta come un paladino degli oppressi, un “re” pronto a distruggere il sistema corrotto e a restituire il potere al popolo. Non è un caso che la maggioranza della sua base sia maschile.
La sua retorica fa leva su sentimenti di rabbia, frustrazione e rivalsa, particolarmente diffusi tra i maschi argentini colpiti dalla crisi. In un contesto di smarrimento identitario e di perdita di status, Milei offre un modello di mascolinità che racconta riscatto e trionfo, capace di risollevare le sorti del paese e di restaurare l’orgoglio nazionale.
I rischi di un culto della personalità
Quale potrà essere la traiettoria di questa adorazione quasi religiosa che circonda Javier Milei? Storicamente, l’equazione che accosta culto della personalità e fragilità economica ha sempre dato risultati amari. La fede cieca nel leader, la demonizzazione degli avversari, l’esaltazione della forza e della violenza verbale sono tutti scivolamenti autoritari.
I salvatori della patria si trasformano non di rado in despoti, più interessati a consolidare il proprio potere che a risolvere i problemi reali della gente. È vero o no?
Javier Milei, tre scelte chiave dagli effetti incerti
Tre provvedimenti chiave dell’amministrazione di Javier Milei che potrebbero avere effetti controversi nel futuro dell’Argentina sono:
- Svalutazione del peso: Milei ha svalutato il peso del 54%, accelerando i già altissimi tassi di inflazione. Al momento, il risultato è un crollo dei salari e del potere d’acquisto.
- Riforme economiche e tagli alla spesa: Il presidente ha introdotto misure di austerity radicale, tra tagli alla spesa, privatizzazioni e il ripristino di tasse sul reddito e sul commercio estero. Queste misure hanno suscitato proteste da parte dei sindacati, che le considerano troppo drastiche e dannose per l’economia e il tenore di vita dei cittadini.
- Limitazioni ai diritti sindacali e di protesta: Milei ha introdotto un “protocollo” che estende i poteri della polizia per mantenere l’ordine pubblico e limita il diritto di protesta. Una misura che potrebbe portare a ulteriori tensioni sociali e politiche.
Una “cura da cavallo” nata tra proclami di rilancio, ma condita da formule in chiaroscuro e scelte sociali e culturali dal taglio discutibile.
Oltre il mito dell’uomo forte
Di fronte all’ascesa di Milei e del suo culto anarcocapitalista serve uno sforzo di analisi critica e di demistificazione. Senza negare l’autenticità del disagio sociale che alimenta il suo consenso, occorre mettere in discussione le sue ricette semplicistiche e le sue promesse mirabolanti.
L’Argentina ha già conosciuto nella sua storia il dramma delle dittature e del populismo. Sta alla saggezza dei suoi cittadini non ricadere negli stessi errori e scommettere su un futuro di democrazia e di progresso. Perché nessun “re” o messia potrà mai sostituirsi alla sovranità popolare e alla responsabilità collettiva nel costruire il bene comune.