Pane all’avocado. Olio di noci pecan. Insalate geneticamente modificate. Robot che cucinano. Dai bizzarri ingredienti agli schemi di ospitalità più assurdi, i ristoranti stanno studiando ogni sorta di stratagemma per attirare anche i consumatori provati dall’inflazione.
I social media e la tecnologia hanno alzato la posta in gioco su ciò che i ristoratori devono fare per invogliare i clienti e riprendersi dalla batosta subita durante la pandemia. Quali saranno le prossime mode alimentari e le innovazioni che rivoluzioneranno il settore? Vi ho preparato qualche assaggio di futuro.
Insalate CRISPR e tunnel della fame: benvenuti nei ristoranti 4.0
Immaginate di addentare un boccone di insalata e scoprire che ha un sapore molto migliore del solito. L’ha tirata fuori una startup chiamata Pairwise. Merito (o colpa?) dell’editing genetico CRISPR, che ha già permesso, ad esempio, di creare foglie di senape più appetitose. È solo una delle tante novità presentate a Chicago nel più importante evento di settore. Altre proposte? Non so, che ne dite di tunnel sotterranei dotati di binari per consegnare cibo in tutta la città (addio, rider in bicicletta) o applicazioni di realtà virtuale che promettono di trasformare il pasto in un’esperienza multisensoriale immersiva?
L’avanzata inarrestabile dei cibi Frankenstein
Se le insalate CRISPR non vi hanno ancora tolto l’appetito, preparatevi a salivare per il nuovo pane all’avocado. Sì, avete capito bene: fette di pane che sanno di guacamole. L’idea è della Avocado Bread Company, che ha pensato bene di infornare le spezie della famosa salsa messicana direttamente nell’impasto. E che dire degli spiedini vegani con l’osso fatto in canna da zucchero per dare la sensazione di strappare la carne con i denti? O dell’olio di noci pecan, l’ultimo ritrovato per sostituire i tanto vituperati oli di semi?
Nell’era del cibo Frankenstein, la creatività degli chef nei ristoranti si sposa con le esigenze dei clienti più disparati: vegani, celiaci, salutisti, buongustai o semplicemente annoiati dalla solita minestra. Non dite ‘scaloppina’, che ci menano.
Potere dei social: dalle ghost kitchen alle cheesecake dei podcast
Una delle correnti alimentari più curiose, a quanto pare, soffia dai social media. Lo sa bene la Virtual Dining Concepts, che sviluppa cibi di tendenza su TikTok usando ghost kitchen, cucine senza ristoranti, per le consegne a domicilio. Tra i loro marchi ci sono il MrBeast Burger (dedicato al noto YouTuber con 100 milioni di iscritti). O la Buddy V’s Cake Slice (dove “V” sta per “Valastro”, il Buddy protagonista del reality “Il Boss delle torte”). Oppure altri cibi tratti da podcast e altri contenuti.
Funziona così: se una nuova ricetta di spopola online, in poco tempo te la ritroverai nel menu di un servizio di consegna, pronta da ordinare e ricevere a casa. Instant content che diventa instant food: più on-demand di così si muore.
L’era delle innovazioni sceme: dagli ordini con l’IA alle consegne coi droni
Sia chiaro, non tutto ciò che luccica nel mondo dei ristoranti è davvero oro. Anzi. Prendiamo l’intelligenza artificiale generativa: la catena americana di fast food Wendy’s l’ha sperimentata per prendere gli ordini al drive-thru, con risultati a dir poco discutibili. O i chioschi self-service, l’ultima frontiera per quelle catene di ristoranti che non vogliono più pagare camerieri in carne e ossa. Per non parlare dei robot in sala e per le consegne sui marciapiedi, ancora acerbi (ma in crescita).
Sarà che c’è ancora qualche intoppo tecnologico da risolvere, o forse il problema è a monte: innovare tanto per innovare non paga, specie se si perde di vista la qualità del cibo e del servizio.
I ristoranti del futuro? A mezza via tra Disneyland e Silicon Valley
Cosa ci dice, in definitiva, questa carrellata di novità gastronomiche e tecnologiche? Che il mondo dei ristoranti sta cambiando pelle, trasformandosi in un ibrido tra parco a tema e incubatore di startup.
Alla ricerca spasmodica del cliente nell’era post-Covid, tutto fa brodo: dal marketing virale ai gadget hi-tech, dalle ricette instagrammabili alle esperienze immersive. L’importante è far parlare di sé, attirare folle di avventori e possibilmente vendere qualche franchise. Certo, in questa corsa all’ultima moda c’è il rischio di perdere di vista la sostanza, sacrificando gusto e autenticità sull’altare del sensazionalismo. Ma finché la gente continuerà ad affollare i locali che servono ravioli a forma di unicorno o gelati al gusto di ketchup (taccio sui dolci dalla forma fallica), i ristoranti non avranno troppi scrupoli ad assecondare ogni capriccio dei consumatori. Perché, diciamolo, il cliente avrà anche sempre ragione, ma è il mercato a dettare legge. E il mercato, si sa, va dove lo porta il portafoglio (e lo smartphone).