Una recente ricerca (che vi linko qui) ha gettato luce su una delle storie più sorprendenti di coevoluzione mai documentate: quella delle vespe parassite che hanno addomesticato virus letali, trasformandoli in armi biologiche al servizio della sopravvivenza della loro specie. Lo studio, condotto da un team internazionale di entomologi e virologi, rivela come questi insetti straordinari abbiano compiuto un’impresa incredibile. Hanno piegato al loro volere virus che un tempo erano loro nemici giurati, trasformandoli in strumenti sofisticati per proteggere e nutrire la loro prole.
I ricercatori hanno scoperto che le vespe parassite iniettano nelle loro vittime virus “domati” che sopprimono le difese immunitarie dell’ospite. Questo crea un ambiente sicuro per lo sviluppo delle larve. È una storia affascinante di evoluzione congiunta, in cui due entità apparentemente incompatibili hanno stretto un patto di mutua assistenza che dura da milioni di anni. Lo studio getta nuova luce su questo esempio mirabile di come, in natura, anche le relazioni più improbabili possano evolversi in associazioni vantaggiose per entrambe le parti coinvolte.
Vespe e virus: un’alleanza inaspettata
Le vespe parassite, note per il fatto di deporre uova all’interno di altri insetti, si trovano ad affrontare una sfida cruciale. Quale? Garantire la sopravvivenza della propria prole in un ambiente ostile, il corpo della vittima. Come? Attraverso virus addomesticati, un’arma segreta che queste vespe hanno affinato nel corso di milioni di anni di evoluzione. Come spiega Gaelen Burke, entomologo dell’Università della Georgia e coautore dello studio, questi virus “domati” vengono prodotti in quantità enormi nelle ovaie delle vespe. “È un spettacolo affascinante”, dice Burke, “quando si perfora l’ovaia di una vespa Microplitis demolitor, i virus fuoriescono in grandi quantità.”
Ma come hanno fatto le vespe a trasformare quelli che un tempo erano probabilmente patogeni letali in alleati così preziosi? Uno studio suggerisce che tutto è iniziato circa 100 milioni di anni fa, quando un antico virus è entrato in contatto con una vespa o con il bruco che parassitava. In un colpo di scena evolutivo, il virus ha inserito il suo DNA nel genoma della vespa, diventando parte integrante del suo patrimonio genetico.
Da quel momento in poi, vespe e virus hanno intrapreso un cammino di evoluzione congiunta. Mentre le vespe si diversificavano in nuove specie, i loro virus si diversificavano con loro. Oggi, i cosiddetti bracovirus si trovano in circa 50.000 specie di vespe, tra cui la Microplitis demolitor, protagonista dello studio.
Armi biologiche su misura
Cosa rende questi virus addomesticati così preziosi per le vespe? La risposta sta nella loro capacità di manipolare la fisiologia e il sistema immunitario dell’ospite a vantaggio della prole della vespa. I ricercatori hanno scoperto che le particelle virali prodotte dalle vespe non contengono un genoma virale completo, come ci si aspetterebbe da un virus selvatico, ma servono invece come veicoli di consegna per le “armi” della vespa.
Queste armi, che possono essere proteine o geni su brevi segmenti di DNA, variano ampiamente e sono in continua evoluzione, impegnate in una vera e propria “corsa agli armamenti” con le difese delle vittime. Nel caso di Microplitis demolitor, ad esempio, i bracovirus vengono utilizzati per rilasciare un gene chiamato glc1.8 nelle cellule immunitarie dei bruchi. Questo gene induce le cellule infette a produrre muco, impedendo loro di attaccarsi alle uova della vespa. Altri geni forzano le cellule immunitarie a suicidarsi, mentre altri ancora impediscono ai bruchi di soffocare i parassiti con guaine di melanina.
La “castrazione” di un virus
Addomesticare i virus non è un gioco da ragazzi. Le vespe devono trovare un modo per controllare questi alleati potenzialmente letali, evitando che si ritorcano contro di loro. Come spiega Kelsey Coffman, entomologo dell’Università del Tennessee, “la vespa deve trovare un modo per controllare quel virus in modo che non infetti e uccida la vespa stessa”. La chiave, secondo gli autori dello studio, sta nella capacità delle vespe di “castrare” i virus, privandoli dei geni cruciali per la costruzione di nuove particelle virali.
Una strategia vincente
Sebbene le ragioni esatte per cui l’addomesticamento dei virus sia così comune nelle vespe parassite rimangano un mistero, i ricercatori sospettano che sia legato al loro stile di vita. I parassiti interni, come Microplitis demolitor, vivono nelle viscere dei loro ospiti, ambienti pericolosi che cercano attivamente di ucciderli. Dal punto di vista di una vespa, i virus sono come pacchetti carichi di strumenti per risolvere questo problema cruciale. A sostegno di questa idea, una ricerca del 2023 che ha esaminato i genomi di oltre 120 specie di vespe, formiche e api, ha rilevato che i virus addomesticati sembrano essere molto più comuni nei parassiti che si sviluppano all’interno di altri insetti, i cosiddetti endoparassitoidi.
“C’è una connessione speciale tra i virus e questi endoparassitoidi”, afferma Julien Varaldi, biologo evolutivo dell’Università Claude Bernard Lyon 1 in Francia e uno degli autori dello studio. “Questo suggerisce che questi virus svolgono un ruolo importante nell’evoluzione di questo modo di vivere.”
Vespe e virus, dalla natura alla medicina: possibili applicazioni umane
Le implicazioni di questa ricerca vanno ben oltre il regno degli insetti. Gli scienziati ipotizzano che una comprensione più approfondita dei meccanismi con cui le vespe addomesticano i virus potrebbe aprire nuove strade nella medicina umana. Ad esempio, i geni e le proteine usate dalle vespe per manipolare il sistema immunitario dei loro ospiti potrebbero fornire spunti per nuove terapie immunologiche o per il trattamento di malattie autoimmuni. Non solo: il processo stesso di addomesticamento dei virus potrebbe avere applicazioni nella terapia genica. I virus addomesticati delle vespe sono essenzialmente vettori genetici altamente specializzati, capaci di consegnare carichi genetici specifici alle cellule bersaglio. Una strategia che ricorda quella già utilizzata in alcune terapie geniche sperimentali, in cui virus ingegnerizzati vengono usati per consegnare geni terapeutici alle cellule umane.
Comprendere come le vespe abbiano “addomesticato” con successo i virus potrebbe quindi fornire nuove intuizioni per lo sviluppo di vettori virali più sicuri ed efficaci per le terapie geniche. Inoltre, studiare come le vespe controllano la replicazione e l’attività dei loro virus addomesticati potrebbe suggerire nuove strategie per il controllo dei virus patogeni umani.
Naturalmente, il percorso dalla ricerca di base all’applicazione clinica è lungo e complesso, e molte domande rimangono senza risposta. Tuttavia, questa ricerca sottolinea ancora una volta come lo studio dei sistemi biologici naturali, anche quelli apparentemente distanti dalla nostra esperienza umana, possa fornire spunti preziosi per l’innovazione medica e tecnologica.
Un universo di possibilità
Con centinaia di migliaia di specie di vespe e un numero incalcolabile di ceppi virali, le opportunità per queste due entità di unirsi sono praticamente infinite. Come dice Michael Strand, entomologo dell’Università della Georgia, si tratta di “una palestra evolutiva di opportunità”.
Questa ricerca, in sintesi, getta nuova luce su una delle strategie di sopravvivenza più uniche e sorprendenti della natura. E apre anche nuove strade per la comprensione delle intricate relazioni che legano organismi apparentemente distanti come vespe e virus. Un promemoria affascinante di come, nell’infinito gioco dell’evoluzione, l’adattamento e la cooperazione possano portare a risultati straordinari e inaspettati. Risultati che potrebbero tornare incredibilmente utili anche a noi.