Nascosta nelle profondità della foresta amazzonica, una pianta altamente velenosa è stata trasformata in un pilastro dell’alimentazione grazie all’ingegno dei popoli indigeni. La manioca, quarto raccolto più importante al mondo (ma praticamente sconosciuta nelle regioni temperate) è stata “addomesticata” per la prima volta ben 10.000 anni fa ai margini del bacino amazzonico in Brasile.
Attraverso millenni di sapiente selezione e elaborate tecniche di lavorazione, gli indigeni hanno domato la sua tossicità, sbloccando il suo impressionante potenziale. Oggi, questa umile pianta sta emergendo come possibile coltura globale per un futuro più sostenibile.
Da pianta selvatica a coltura domestica
Una delle difficoltà maggiori dei primi esseri umani, lo sapete, era quella di procurarsi cibo a sufficienza. I nostri antichi antenati si affidavano alla caccia e alla raccolta, catturando prede in movimento e raccogliendo piante commestibili a ogni occasione.
Erano straordinariamente bravi, tanto che le loro popolazioni crebbero vertiginosamente, uscendo dalla culla dell’umanità in Africa 60.000 anni fa (o forse prima). Eppure, c’era ancora margine di miglioramento. Cercare cibo in giro brucia calorie. In pratica, consumi qualcosa mentre stai cercando di catturarlo. Questo paradosso ha costretto i cacciatori-raccoglitori a un compromesso: bruciare calorie cercando cibo o risparmiare calorie rimanendo a casa?
Per fortuna, alla fine hanno trovato una via d’uscita.
L’addomesticamento di piante e animali fu una vera e propria svolta. Le persone scoprirono che quando piante e animali venivano addomesticati, non era più necessario inseguirli. E potevano essere selettivamente allevati, producendo frutti e semi più grandi e carne più buona e abbondante da mangiare.
La manioca è stata la pianta domestica campione nei neotropici. Si è diffusa in tutta la regione, raggiungendo siti fino a Panama entro poche migliaia di anni. Coltivare manioca non ha ovviamente eliminato del tutto la necessità di cercare cibo nella foresta, ma ha alleggerito il carico, fornendo una scorta alimentare abbondante e affidabile vicino a casa.
Il “caratterino” della manioca
Uno dei punti di forza più importanti della manioca, la sua resistenza ai parassiti, le deriva da un potente sistema di difesa. Il sistema si basa su due sostanze chimiche prodotte dalla pianta, la linamarina e la linamarasi.
Queste barriere difensive si trovano all’interno delle cellule in tutta la pianta: nelle foglie, nel fusto e nei tuberi, dove di solito rimangono inattive. Tuttavia, quando le cellule della manioca vengono danneggiate, ad esempio masticandole o schiacciandole, la linamarina e la linamarasi reagiscono, rilasciando un’esplosione di sostanze nocive.
Una di esse è nota: il gas cianuro. Il “cocktail tossico” contiene anche altre sostanze sgradevoli, tra cui composti chiamati nitrili e cianidrine. Dosi elevate di queste sostanze sono letali, e l’esposizione cronica danneggia permanentemente il sistema nervoso. Insieme, questi veleni scoraggiano così bene gli erbivori che la manioca è quasi impenetrabile ai parassiti.
Come hanno fatto gli indigeni a “domare” la manioca?
Nessuno sa il momento esatto della svolta, ma gli antichi amazzoni hanno ideato un processo complesso e multifase di detossificazione che ha trasformato la manioca da immangiabile a deliziosa.
Il processo inizia con la macinazione delle radici amidacee della manioca su tavole-grattugia tempestate di denti di pesce, schegge di roccia o, in tempi più moderni, un ruvido foglio di latta. La grattugiatura imita la masticazione dei parassiti, causando il rilascio del cianuro e delle cianidrine della radice. La differenza? Queste sostanze si disperdono nell’aria, non nei polmoni e nello stomaco come quando vengono mangiate.
Successivamente, la manioca grattugiata viene posta in cesti di risciacquo dove viene ripetutamente risciacquata, strizzata a mano e scolata. L’azione dell’acqua rilascia più cianuro, nitrili e cianidrine, e la spremitura li elimina.
Infine, la polpa risultante può essere essiccata, il che la detossifica ulteriormente, o cotta, il che completa il processo usando il calore. Questi passaggi sono così efficaci che vengono ancora utilizzati in tutta l’Amazzonia oggi, migliaia di anni dopo la loro prima ideazione.
Scommettete sulla manioca: è una coltura potente, pronta a diffondersi
I metodi tradizionali amazzoni di macinazione, risciacquo e cottura sono un mezzo sofisticato ed efficace per convertire una pianta velenosa in un pasto. Eppure, in Amazzonia sono andati oltre, trasformando la manioca in una vera coltura domestica.
Oggi si contano più di 70 distinte varietà di manioca altamente diverse, fisicamente e nutrizionalmente. A millenni di distanza dal suo avvento, per questa pianta siamo solo all’inizio. La sua durata e resilienza la rendono facile da coltivare in ambienti variabili, anche quando i suoli sono poveri. Dalla sua macinazione si ottiene una farina naturalmente senza glutine. La sua naturale resistenza ai parassiti riduce la necessità di proteggerla con pesticidi industriali.
Scommettiamo che nei prossimi anni invaderà gli scaffali? Se avete in mente di aprire una startup nel food, fateci un pensiero. Poi mi direte.