Lunedì il panorama della ricerca online potrebbe affrontare un terremoto. OpenAI, la startup di intelligenza artificiale sostenuta da Microsoft e spesso al centro dell’attenzione mediatica, si appresta a lanciare il proprio motore di ricerca basato sulla sua tecnologia di IA generativa.
Una sfida diretta a Google, il gigante che da anni domina incontrastato il mercato della ricerca online. Con il suo nuovo prodotto, OpenAI punta a offrire un’alternativa più avanzata e performante, sfruttando le potenzialità dell’IA per ridefinire il modo in cui cerchiamo e troviamo informazioni sul web.
Una tempistica strategica
L’annuncio del lancio del motore di ricerca di OpenAI (lo spiffero viene dalla Reuters) sembra essere stato pianificato con una strategia che definirei ostile. Il debutto avverrà appena un giorno prima dell’inizio della conferenza annuale I/O di Google, dove il colosso tech dovrebbe presentare una serie di prodotti legati all’intelligenza artificiale.
La mossa mira evidentemente a rubare la scena a Big G, attirando l’attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori proprio alla vigilia di un evento cruciale per il suo principale concorrente.
Le sfide di ChatGPT nella ricerca online
Gli osservatori del settore considerano da un po’ ChatGPT, il chatbot di punta di OpenAI, come una possibile alternativa per la raccolta di informazioni online. Il sistema però incontra ancora diverse difficoltà nel fornire informazioni accurate e in tempo reale dal web.
Per ovviare a questo problema, OpenAI aveva precedentemente integrato ChatGPT nel motore di ricerca Bing di Microsoft, ma solo per gli abbonati a pagamento. Ora, con il lancio di un proprio motore di ricerca completo, l’azienda punta a superare questi limiti e a offrire un’esperienza di ricerca più completa e soddisfacente.
Il gigante è ferito per sua stessa mano
Negli ultimi anni, la qualità dell’esperienza di ricerca offerta da Google è drasticamente peggiorata. Come evidenziato da un rapporto di Ed Zitron, nel 2019 un colpo di mano esecutivo ha portato alla retrocessione del responsabile della ricerca di Google e al passaggio del suo dipartimento sotto il controllo del team pubblicitario.
Questa mossa ha portato a un progressivo deterioramento dei risultati di ricerca, sempre più influenzati da logiche commerciali e sempre meno in grado di soddisfare le esigenze degli utenti. Certo, nonostante il calo Google resta profondamente radicato nelle abitudini di navigazione degli utenti e nei loro browser. E questo è sfidante per qualsiasi concorrente: OpenAI, però, potrebbe avere le carte in regola per superare questo ostacolo.
Un motore di ricerca AI può essere davvero migliore?
Considerata la presenza massiva di Google, al “nuovo arrivato” (che sia OpenAI, o magari Perplexity) non basterà “semplicemente” avere l’IA migliore. Dovrà essere talmente superiore da spingere le persone ad abbandonare la barra di ricerca già presente nei loro browser e dispositivi.
Senza contare che la ricerca basata sull’IA non è necessariamente garanzia di una vita migliore. Come per molte cose nella vita, abbiamo delle scelte. E la scelta, in questo caso, è tra “il capo della ricerca di Google” e “gli illuminismi di una intelligenza imperscrutabile”. In altre parole, dovremo valutare attentamente se affidarci a un sistema di ricerca controllato da logiche commerciali o a un’intelligenza artificiale i cui meccanismi interni e le cui finalità ultime potrebbero sfuggire alla nostra comprensione (ed essere, per quanto mi riguarda, non meno commerciali).
La ricerca di un motore
Il lancio del motore di ricerca di OpenAI è un momento potenzialmente storico nel panorama della ricerca online. Resta da vedere se la banda di Sam Altman riuscirà davvero a scardinare il monopolio di Google e a ridefinire il modo in cui cerchiamo e troviamo informazioni sul web.
Io mi siedo in attesa di sviluppi, e intanto cerco “popcorn”.