Quando il vulcano sottomarino Hunga Tonga è esploso nel gennaio 2022, il mondo ha trattenuto il fiato di fronte alla potenza distruttiva dell’eruzione e dello tsunami che ne è seguito. Per fortuna le onde anomale si sono placate, ma un’altra minaccia si è insinuata nella stratosfera: un’enorme nuvola di vapore acqueo, pronta a scatenare effetti climatici insoliti per il resto del decennio.
A rivelarlo è un nuovo studio (ve lo linko qui) che getta luce sulle conseguenze a lungo termine di questo evento catastrofico.
L’invisibile forza del vapore
L’eruzione di Hunga Tonga ci mostra un sentiero poco esplorato dal nostro immaginario colettivo. Siamo abituati a pensare ai vulcani come a entità terrene, montagne di roccia e fuoco che si ergono maestose sulla superficie. Ma cosa accade quando un vulcano esplode sotto il mare? L’acqua, solitamente simbolo di vita e nutrimento, si trasforma in un’arma a doppio taglio.
È quello che è successo a Tonga: l’energia sprigionata dall’eruzione ha vaporizzato una quantità impressionante di acqua marina, tra i 100 e i 150 milioni di tonnellate. Per dare un’idea, si tratta del volume di 60.000 piscine olimpioniche. Tutto questo vapore è stato sparato ad alta quota, fin nella stratosfera, la fascia atmosferica compresa tra i 15 e i 40 km di altitudine.
Qui, in un ambiente secco e rarefatto, il vapore ha innescato una serie di reazioni a catena dagli effetti potenzialmente devastanti. Che a quanto pare dureranno a lungo.
Tonga, uno squarcio nell’ozono e un’anomalia climatica
Il primo effetto, documentato dallo studio, è stato l’amplificazione del buco dell’ozono del 2023. Il vapore acqueo, infatti, favorisce le reazioni chimiche che distruggono questo prezioso scudo gassoso che ci protegge dalle radiazioni solari più nocive. Non solo: il vapore stesso agisce come un potente gas serra, intrappolando il calore e alterando il delicato bilancio termico del pianeta.
Ma le sorprese non finiscono qui. I modelli climatici suggeriscono che l’eruzione potrebbe influenzare le condizioni meteo globali per anni, forse fino al 2029. In Australia e Scandinavia ci si attendono inverni più freddi e umidi del solito, mentre il Nord America potrebbe sperimentare inverni più miti. Sembra che il vulcano abbia il potere di modificare la traiettoria delle onde atmosferiche, quelle figure sinuose che disegnano gli anticicloni e le depressioni sulle mappe meteo.
L’incertezza come bussola
Nonostante la potenza dei modelli matematici, molto rimane ancora avvolto nel mistero. Non abbiamo precedenti storici di eruzioni simili a quella di Tonga nell’era satellitare, iniziata nel 1979. Non sappiamo con certezza quanto a lungo il vapore rimarrà sospeso nell’alta atmosfera, né come interagirà con altri fattori climatici, come i cicli di El Niño e La Niña. Siamo in un territorio inesplorato, dove ogni nuova scoperta può confermare o ribaltare le nostre ipotesi.
Ogni studio aggiunge un tassello al puzzle della conoscenza, ma al tempo stesso ne svela di nuovi, ancora da esplorare.
Eventi come questo ci pongono di fronte alla nostra fragilità di fronte alle forze della natura. Per quanto ci sforziamo di comprendere e prevedere, ci sarà sempre un margine di incertezza, un elemento di sorpresa che sfugge al nostro controllo. A Tonga, come nei Campi Flegrei.
È una lezione di umiltà che dovremmo tenere a mente, soprattutto in un’epoca in cui l’umanità si illude di poter piegare il pianeta al proprio volere.
2 commenti su “Eruzione di Tonga: effetti climatici e inverni anomali per tutto il decennio”
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