C’è un futuro in cui le serie TV non sono più create da sceneggiatori in carne e ossa, ma vengono generate da algoritmi di intelligenza artificiale. E dove voi, spettatori, diventate parte attiva del processo creativo, producendo nuovi episodi con pochi click. È un futuro piuttosto vicino: si chiama Showrunner, ed è un nuovo servizio di streaming che promette di rivoluzionare il modo in cui guardiamo (e creiamo) la TV.
Questa “Netflix dell’IA” è destinata a scontrarsi con le resistenze dell’industria tradizionale, a partire dagli sceneggiatori. Sarà l’inizio di una nuova era o un fuoco di paglia?
Benvenuti a Hollywood. Pardon, a Silicon Valley
Dietro Showrunner non c’è la solita major californiana, ma la Fable Studio di San Francisco, specializzata in contenuti generati dall’IA. L’obiettivo? Diventare “la Netflix dell’intelligenza artificiale”, parola del CEO Edward Saatchi. E a giudicare dalla lineup iniziale, l’ambizione non manca di certo.
Prendete “Exit Valley”, una delle prime serie disponibili sulla piattaforma: una satira graffiante sulla Silicon Valley in stile “South Park”, con tanto di grafica sgangherata e voci robotiche. O “Pixels”, che sembra uscito dritto dritto da un brainstorming tra la Pixar e la Disney dopo una maratona di “Cars”. Insomma, l’IA si cimenta con i generi più disparati, dal cartoon all’animazione in CGI, con risultati alterni ma comunque intriganti.
Per essere un embrione, è parecchio dinamico.
Showrunner: spettatori o produttori? Perché scegliere
La vera chicca di Showrunner non sono tanto i contenuti, quanto il coinvolgimento del pubblico. Perché dopo aver divorato tutti gli episodi della vostra serie preferita, potrete rimboccarvi le maniche (si fa per dire) e crearne di nuovi voi stessi. Inserite delle istruzioni in un prompt, specificate la trama, date tutte le indicazioni all’IA, et voilà: il nuovo episodio è servito.
Un po’ come giocare al piccolo produttore, insomma. Con la differenza che se il vostro episodio viene selezionato dalla piattaforma, vi portate a casa un bel gruzzoletto, una percentuale sulle visualizzazioni e persino un credito su IMDb. Buttali via.
Houston, avremo un problema (anzi, uno sciopero)
Gli sceneggiatori veri, quelli in carne e ossa, non sembrano entusiasti dell’idea di farsi “rubare il lavoro” dall’IA. Lo scorso anno, il sindacato degli scrittori americani (WGA) ha indetto uno sciopero di cinque mesi proprio per protestare contro l’uso dell’intelligenza artificiale nella scrittura di copioni.
Il risultato? Un contratto storico che obbliga gli studi a dichiarare se un contenuto è stato generato dall’IA e vieta di attribuirle crediti di scrittura. Insomma, un bel punto a favore degli umani nella sfida contro le macchine. E un campanello d’allarme per Showrunner e soci: la strada verso la “Netflix dell’IA” rischia di essere lastricata di ostacoli legali e sindacali.
Showrunner sarà vera gloria o solo una moda passeggera?
Nonostante le resistenze dell’industria, però, Showrunner sembra aver toccato un nervo scoperto nel pubblico. La lista d’attesa per l’accesso anticipato ha già raggiunto quota 50.000 utenti, segno che la curiosità per questo nuovo modo di fare (e fruire) la TV è alta.
Resta da capire se si tratta di una vera e propria rivoluzione o solo di una moda passeggera. L’intelligenza artificiale riuscirà davvero a scalzare gli sceneggiatori umani, o finirà per essere solo un’altra “feature” da aggiungere alla cassetta degli attrezzi degli studios? E soprattutto: le serie generate dall’IA saranno all’altezza delle aspettative, o finiranno per annoiare il pubblico con trame ripetitive e prevedibili?
Come direbbe il buon vecchio Humphrey Bogart: “Francamente me ne infischio”. L’importante è che la TV continui a sorprenderci e a farci sognare: e magari un giorno ci ritroveremo tutti a dire: “Ti ricordi quella serie fantastica? Quella scritta dall’IA”. O magari diremo: “Meno male che c’è ancora qualche sceneggiatore in carne e ossa”. Ai posteri (umani o artificiali) l’ardua sentenza.