Nel mondo delle emergenze mediche, ogni secondo conta. Ma cosa succederebbe se potessimo rallentare il tempo biologico? Un team di ricercatori di Harvard ha fatto una scoperta rivoluzionaria che potrebbe trasformare il concetto di “Golden Hour” inducendo uno stato di torpore artificiale, quasi un letargo, nei pazienti critici.
Questa svolta, pubblicata sulla prestigiosa rivista ACS Nano (ve la linko qui), potrebbe ridefinire il modo in cui affrontiamo le emergenze mediche, soprattutto quelle che avvengono lontano dagli ospedali.
La corsa contro il tempo
Nella medicina d’urgenza, il concetto di “Golden Hour” è sacro. Questo termine, coniato negli anni ’60, si riferisce al periodo critico immediatamente successivo a un trauma grave. Sebbene non sia letteralmente un’ora, il principio è chiaro: più velocemente interviene il trattamento medico, maggiori sono le possibilità di sopravvivenza del paziente.
Ma cosa succede quando l’ospedale più vicino è a ore di distanza? La riposta potrebbe arrivare dalla ricerca innovativa del Wyss Institute di Harvard.
Torpore, dal freezer della natura al laboratorio
Il letargo, uno stato di ibernazione che alcuni animali usano naturalmente per sopravvivere in condizioni estreme, ha ispirato questa ricerca pionieristica. Immaginate di poter “mettere in pausa” il metabolismo di un paziente gravemente ferito, rallentando il danno agli organi e guadagnando tempo prezioso.
Per trovare un composto in grado di indurre il torpore negli esseri umani, i ricercatori hanno utilizzato un sofisticato algoritmo chiamato NeMoCad. Questo strumento analizza le strutture molecolari per identificare composti con effetti desiderati. E il vincitore di questa ricerca high-tech? Un farmaco chiamato donepezil, o DNP, già approvato dalla FDA americana per il trattamento dell’Alzheimer.
Un effetto collaterale che diventa una cura
“È interessante notare che i sovradosaggi clinici di DNP in pazienti affetti da Alzheimer sono stati associati a sonnolenza e riduzione della frequenza cardiaca, sintomi simili al torpore”, spiega María Plaza Oliver, prima autrice dello studio.
Tuttavia, questo è il primo studio, a nostra conoscenza, che si concentra sull’utilizzo di questi effetti come risposta clinica principale, e non come effetti collaterali.
I ricercatori hanno testato gli effetti del DNP sui girini, osservando una riduzione di tre fattori biologici chiave: consumo di ossigeno, frequenza cardiaca e movimento natatorio. Questi risultati suggeriscono che il farmaco può effettivamente indurre uno stato simile al torpore.
Manca ancora un po’ di strada verso l’applicazione umana, comunque. Il team ha dovuto superare ostacoli come la tossicità del farmaco, incapsulando il DNP in nanoparticelle lipidiche per ridurne gli effetti collaterali.
Un futuro promettente
Donald Ingber, altro autore senior dello studio, sottolinea: “Il donepezil è utilizzato da pazienti in tutto il mondo da decenni, quindi le sue proprietà e i metodi di produzione sono ben consolidati. Anche i nanocarrier lipidici simili a quelli che abbiamo usato sono ora approvati per uso clinico in altre applicazioni.”
Questo significa che il percorso verso i test clinici e l’eventuale approvazione potrebbe essere più breve rispetto a quello di un farmaco completamente nuovo.
Le applicazioni potenziali di questa tecnologia vanno oltre la medicina d’urgenza. Guardando ancora più lontano, nel futuro dell’esplorazione spaziale, questa tecnologia potrebbe potenzialmente aiutare gli astronauti a entrare in uno stato di “iper-sonno” per lunghi viaggi nello spazio.
Farmaco per il torpore artificiale, un salto quantico nella medicina d’urgenza
Se ulteriormente sviluppata e approvata per l’uso umano, l’induzione del torpore artificiale (unita, magari, a sistemi avanzati di diagnostica portatile) potrebbe salvare moltissime vite. Il futuro della medicina d’urgenza potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo, e potrebbe arrivare sotto forma di un sonno profondo indotto, che ci dà il tempo necessario per salvare vite in situazioni disperate.