C’è un ronzio nell’aria dei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Non è il solito brusio di computer e macchinari. È il suono del futuro che prende il volo. iRonCub3, il primo robot volante umanoide al mondo, sta per spiccare il balzo che potrebbe rivoluzionare il soccorso in caso di disastri. O forse no.
Quando i sogni d’infanzia diventano realtà… quasi
Ricordate quando da bambini sognavate di avere un robot volante? Beh, un gruppo di scienziati italiani ha deciso di realizzare quel sogno. Non per voi, ovviamente. Per tutti. Forse, in un futuro non troppo lontano, salveranno vite umane. Sempre che riescano a impedire al robot di prendere fuoco.
Già, perché iRonCub3 non è il tipico robot che vi aspettereste di vedere in un film di fantascienza. È più come se Tony Stark avesse deciso di costruire un robot umanoide invece della sua famosa armatura. Quattro motori a reazione, due sulle braccia e due in uno zaino-jet sulla schiena. Sì, avete letto bene. Uno zaino-jet (io lo chiamerei jet pack, ma i puristi della lingua vogliono la loro parte). Perché evidentemente, nel futuro, anche i robot avranno bisogno di accessori alla moda.
Robot volante “ignifugo”: sfida tecnica o esercizio di masochismo?
Premessa sacrosanta. Adoro e rispetto con devozione tutto lo splendido lavoro che l’IIT sta facendo, in moltissimi campi. Futuro Prossimo parla spesso delle ricerche di questo istituto con gioia e orgoglio. Non me ne vogliate se proviamo comunque a mantenere uno sguardo disincantato, pur nella stima.
Integrare la propulsione a getto in un robot umanoide si è rivelato essere… piuttosto complicato. Quanto? Tanto. Come cercare di insegnare a un gatto a nuotare, ma con più esplosioni. È questo il “tema tattico” del progetto ideato dal Dr Daniele Pucci, e supervisionato dal Dr Gabriele Nava.
Le temperature dei gas di scarico possono raggiungere gli 800 gradi Celsius. Per questo i ricercatori hanno dovuto riprogettare completamente la struttura del robot, creando una nuova colonna vertebrale in titanio e aggiungendo coperture resistenti al calore. In pratica, hanno costruito un robot che può sopravvivere all’inferno. Letteralmente.
Più sensori di quanti ne abbiate voi (e grazie)
iRonCub3 è dotato di una pelle sensibile su tutto il corpo, sensori di forza/coppia, telecamere, microfoni, giroscopi, accelerometri e encoder in ogni articolazione. In parole povere, è più sensibile di voi dopo tre tazze di caffè espresso.
Con 53 gradi di libertà, di cui nove in ciascuna mano, iRonCub3 potrebbe probabilmente battere la maggior parte di noi a Twister. Se solo non rischiasse di bruciarci vivi nel processo.
Il potenziale “umanitario” del robot volante
Giorgio Metta, direttore scientifico dell’IIT, è entusiasta: “iRonCub3 potrebbe trasformare radicalmente le operazioni di soccorso in caso di disastri. Immaginate un robot in grado di volare sopra macerie pericolose, atterrare con precisione e utilizzare le sue mani per soccorrere le vittime.”
O, in uno scenario meno ottimistico, immaginate un robot che vola sopra macerie pericolose, atterra in modo impreciso, e usa le sue mani per creare ancora più macerie. Ma ehi, è per questo che facciamo i test, giusto? Dei creatori di un seme robot si può essere fiduciosi.
Sfide e prospettive future (e passate, e presenti)
Il percorso verso un robot volante pienamente funzionale è ancora lungo. E tortuoso. E pieno di ostacoli. E probabilmente in fiamme. Oggi sono ottimista, uh?
L’aerodinamica di un sistema multi-corpo come iRonCub3 è incredibilmente complessa. L’obiettivo ora è sviluppare reti neurali con componenti informate dalla fisica per la valutazione in tempo reale del comportamento del robot in volo.
In parole povere, permettetemi una licenza poetica, stanno cercando di insegnare a un computer a “pensare” come il vento. Un’impresa epica.
Un futuro che prende il volo (forse)
Mentre il ronzio dei motori a reazione di iRonCub3 riempie i laboratori dell’IIT, non posso fare a meno di sentire anche il battito del futuro che si avvicina. Un futuro in cui i confini tra terra e cielo, tra umano e macchina, diventano sempre più sfumati.
Un futuro in cui i nostri soccorritori avranno bisogno di un permesso di volo. E forse di un’assicurazione contro gli incendi molto, molto buona.