C’era una volta una bambina di 5 anni a cui dissero che il suo cervello funzionava in modo diverso. Oggi, quella bambina è diventata la scienziata che potrebbe cambiare la vita di milioni di persone con ADHD, con un’invenzione che sembra magia, ma è pura scienza.
Dalla diagnosi alla rivoluzione
Nathalie Gouailhardou non è solo una neuroscienziata. È una donna in missione. Ha vissuto sulla propria pelle le sfide, le frustrazioni e gli alti e bassi delle terapie tradizionali. Ma invece di arrendersi, ha deciso di cambiare le regole del gioco. “Ogni farmaco che ho provato mi ha creato più problemi che benefici,” racconta. “Sapevo che doveva esserci un modo migliore”. E quel modo migliore ha preso la forma di una fascia per la testa. Sì, avete letto bene. Una fascia.
Neurode: quando la scienza incontra l’ingegno
Insieme all’ingegnere Damian Sofrevski, Gouailhardou ha fondato Neurode, una start-up australiana che sta facendo parlare di sé. Il loro prodotto? Una fascia high-tech che promette di trattare i sintomi dell’ADHD con soli 20 minuti di applicazione al giorno.
Come funziona? La fascia usa una stimolazione elettrica leggera e non invasiva per agire direttamente sulla corteccia prefrontale, l’area del cervello responsabile delle funzioni esecutive e della concentrazione. In parole povere, è come un massaggio cerebrale mirato. Neurode si connette a un’app (immancabile) che monitora l’attività cerebrale in tempo reale. È come avere una risonanza magnetica tascabile. Immaginate di poter vedere, giorno dopo giorno, come il vostro cervello cambia e si adatta: potete aprire letteralmente una finestra sulla vostra attività cerebrale e capire come si relaziona all’ADHD. Con un “piccolo aiuto” da parte della sempre più onnipresente intelligenza artificiale.
L’assistente AI che comprende l’ADHD
Rae è il nome dell’assistente AI integrato nell’app “companion” del dispositivo, progettato specificamente per comprendere le sfide uniche dell’ADHD. Disregolazione emotiva? Paralisi da decisione? Gestione del tempo caotica? Rae è qui per aiutare, creando liste di cose da fare personalizzate e adattabili alle montagne russe emotive tipiche di questa condizione.
Ora, so cosa state pensando. “Sembra troppo bello per essere vero.” E avete ragione a essere scettici. Dopotutto, l’ADHD è una condizione complessa che colpisce oltre 366 milioni di persone in tutto il mondo. E questo numero è considerato una sottostima. Ma la scienza dietro Neurode è solida. La stimolazione della corteccia prefrontale mira direttamente alla causa dei sintomi dell’ADHD: una regolazione inadeguata dei neurotrasmettitori dopamina e norepinefrina in questa regione del cervello.
Oltre l’ADHD
A differenza dei farmaci tradizionali, che possono causare una serie di effetti collaterali come disturbi del sonno, cambiamenti nella pressione sanguigna e ansia, gli utenti di Neurode riportano di sentire poco o nulla mentre indossano la fascia. Al massimo, un leggero formicolio. Tipo uno yoga per il cervello. Ma Gouailhardou e Sofrevski non si fermano qui. Stanno già guardando oltre, esplorando come la loro tecnologia possa essere applicata al monitoraggio del declino cognitivo e alla gestione della depressione (abbiamo già parlato di tecnologie allo studio in questo campo, in questo articolo).
Un futuro senza pillole? Non così in fretta
Come ogni nuova tecnologia, Neurode deve ancora superare la prova del tempo e degli studi clinici estesi. E per molti, i farmaci tradizionali continueranno a giocare un ruolo cruciale nella gestione dell’ADHD. Ma ciò che Neurode offre è qualcosa di prezioso: una scelta. Una nuova strada da esplorare per coloro che hanno lottato con i trattamenti tradizionali o che semplicemente desiderano un approccio diverso.
La bambina che ha cambiato tutto
In attesa che la fascia Neurode sia lanciata sul mercato (ci sono già migliaia di persone in lista d’attesa per testarla qui, purtroppo è riservato solo agli utenti USA), c’è da ringraziare in ogni caso quella bambina di 5 anni a cui fu detto che il suo cervello era “diverso”. Perchè quella bambina non solo ha accettato la sua “diversità”, ma l’ha trasformata in una forza capace di cambiare il mondo. E forse, proprio come lei, questa fascia apparentemente semplice potrebbe ridefinire ciò che consideriamo “normale” quando si tratta di gestire l’ADHD. Brava, Nathalie!