Quando Enzo Ferrari disse che le fabbriche sono fatte di “macchine, muri e persone”, non poteva immaginare la rivoluzione in atto a Cernusco sul Naviglio. La nuova gigafactory italiana per la produzione di elettrolizzatori per l’idrogeno verde1, sta per ridefinire il concetto di architettura industriale, fondendo innovazione, sostenibilità e benessere umano. Ne ho parlato con la mente che ha disegnato questo hub, Memo Colucci, in una lunga chiacchierata “epistolare”. Molto più che un’intervista, per me: l’occasione per mostrare a tutti come linee, quote, progetti e design siano ancora (e per fortuna) il frutto prezioso di persone che hanno grandi anime da far viaggiare.
Un sogno chiamato idrogeno
Nel cuore della Lombardia, a due passi da Milano, sta prendendo forma un progetto che potrebbe cambiare il volto dell’industria italiana. Non è solo una fabbrica, ma un graffito della transizione energetica. La gigafactory di Cernusco sul Naviglio, specializzata nella produzione di elettrolizzatori per l’idrogeno verde, si prepara a diventare il più grande polo mondiale nel suo settore. Con i suoi 25.000 metri quadrati sarà un hub grande nelle dimensioni, ma soprattutto nelle ambizioni. Nato dalla collaborazione tra De Nora e Snam, il progetto prevede una capacità produttiva fino a 4 gigawatt nella filiera sostenibile. Un numero che fa girare la testa, specie se si pensa che stiamo parlando di energia pulita al 100%.
Ma cosa rende questo progetto così speciale? La risposta sta nell’approccio rivoluzionario dell’architetto Stefano Menotti Colucci, detto Memo, archittetto e creativo di nascita: con l’enfasi di cui dispongo e di cui non mi pento, il genio dietro questa opera avveniristica. “L’architettura industriale ha una sua vera dignità”, mi dice. “Una dignità che gli viene attribuita proprio dalla forza iconologica come rappresentazione del progresso umanista”. E mi sembra già di respirare aria migliore.
Memo Colucci e l’arte di progettare il futuro
Memo Colucci non è nuovo alle sfide. Considerato il massimo esperto di architettura industriale a misura d’uomo, ha affrontato questo progetto con una visione che va ben oltre la mera funzionalità. “Questo progetto parte da una ‘tabula rasa'”, spiega, “un’area tutta da ‘riscrivere’ sulla quale ho pensato a una grande geometria bianca con un fronte inclinato e un elemento aggettante che potesse evocare l’acqua come fonte generatrice di energia”.
Ma come si progetta un edificio che deve essere al contempo efficiente, sostenibile e umano? La risposta di Colucci è quasi onirica: “Ho raggiunto il sito in bicicletta e circumnavigando questa grande isola ho immaginato cosa avrei potuto realizzare, pensando soprattutto alle sensazioni che questo progetto avrebbe potuto offrire ai visitatori”. E io che da ragazzo respiravo “polvere di tecnigrafo”, poi fosfori verdi e ancora CAD.
Quando la fabbrica respira
L’hub di Cernusco non sarà solo un luogo di produzione, ma un vero e proprio organismo vivente. Le facciate saranno rivestite con vernici fotocatalitiche autopulenti, capaci non solo di decomporre le sostanze inquinanti dell’atmosfera, ma addirittura di trasformare l’anidride carbonica in ossigeno. In pratica, un edificio che purifica l’aria che lo circonda. “L’acqua, la trasparenza alla luce naturale e la ventilazione naturale insieme all’elevato livello tecnologico consentiranno di creare un luogo di lavoro ideale”, sottolinea Colucci. Un ambiente che non solo produce, ma che si prende cura di chi ci lavora.
Ancora, la gigafactory non si limiterà a produrre elettrolizzatori per l’idrogeno verde. Sarà essa stessa un modello di sostenibilità energetica. L’hub produrrà una quantità di energia superiore al consumo dei servizi previsti attraverso il fotovoltaico accoppiato alla geotermi. Un edificio che non pesa sull’ambiente, e anzi contribuisce attivamente alla produzione di energia pulita.
La sfida dei materiali
Uno degli aspetti più intriganti del progetto è l’approccio innovativo ai materiali. “I materiali sono strumenti di lavoro attraverso i quali sia possibile realizzare un’idea”, spiega Colucci. “Troppo spesso oggi le idee e i progetti partono dall’idea di impiegare un materiale. Infatti si creano progetti internazionalmente globalizzati e uniformi”.
Ma per la gigafactory di Cernusco, Memo Colucci ha scelto una strada diversa. “In questo progetto la materia viene impiegata prima di tutto utilizzando nel sito i materiali già presenti una volta demoliti e frantumati per evitare di portarli in discarica trasportandoli con migliaia di viaggi”, rivela. Un approccio circolare che riduce drasticamente l’impatto ambientale della costruzione.
Oltre le mura: l’impatto sul territorio
L’ambizione di Memo Colucci, se non si fosse capito, va oltre i confini della gigafactory.
Il nostro compito non è solo quello di mettere ordine, ma di estendere il progetto verso il territorio cercando di integrarlo nel contesto ridefinendone i significati più remoti spesso dimenticati.
Questo si traduce in un approccio olistico che vede questo hub come parte integrante del tessuto urbano e naturale di Cernusco sul Naviglio. “L’intervento sarà effettuato in termini di minimizzazione delle emissioni di CO2 e di incremento della permeabilità e rinaturalizzazione”, spiega l’architetto, “anche attraverso forme di verde integrate negli edifici”. Il progetto prevede infatti un perimetro di alberi che circonderà lo stabilimento, insieme a un giardino con biolago per assorbire l’eccedenza di acqua. Un vero e proprio polmone verde che abbraccia la tecnologia.
E nel cuore della produzione? Un museo
La visione di Memo Colucci non si ferma alla produzione. All’interno dell’hub troverà spazio anche un museo dell’energia, aperto non solo ai cittadini ma pensato specificamente per le visite degli studenti. “Il progetto che ho definito come ‘green line’ sarà rappresentato anche da un museo d’impresa”, spiega l’architetto, “come strumento che permetta di andare in profondità; è ricco di opportunità nel raccontare il talento dell’innovazione”.
Questo spazio non sarà solo un’attrazione per i visitatori, ma un vero e proprio ponte tra la tecnologia del presente e le sfide del futuro. “Sarei più propenso a visitare i luoghi della rivoluzione energetica che quelli proposti dal necroturismo”, aggiunge. Potreste dargli torto? Contro la gentrificazione, il rilancio delle aspirazioni e della protopia.
Chi vi ricorda? Per me il pensiero di Memo Colucci riecheggia le parole di Adriano Olivetti, quando sosteneva che “la fabbrica non può guardare solo ai profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia”. La gigafactory di Cernusco incarna perfettamente questa filosofia, perchè promette di creare non solo prodotti, ma anche opportunità. “Nuove opportunità di lavoro nel settore dell’energia green e nel suo indotto”, fa quasi eco Colucci. Con 350 addetti previsti, la gigafactory si prepara a diventare un importante motore economico per la regione. Un numero che assume ancora più significato se si pensa che il progetto nasce dalla riqualificazione della vecchia fabbrica dismessa Rapisarda, che produceva tubazioni.
Una rivoluzione connessa
“La gigafactory sarà connessa con Milano attraverso la rete pubblica e con i percorsi alberati di interconnessione”, spiega Memo Colucci. Aggiungo: la struttura sarà collegata a Milano dalla pista ciclabile che corre lungo l’Alzaia Naviglio Martesana, promuovendo la mobilità dolce. La scelta della location non è stata casuale: la vicinanza alla fermata della linea verde della metropolitana, che collega Cernusco sul Naviglio con Milano e serve numerosi comuni limitrofi, è stata un fattore determinante.
Dove guarda il design industriale?
Non potevo risparmiargli domande sul futuro, si tratta pur sempre di Futuro Prossimo. Perchè Colucci non si limita a progettare edifici, ma ripensa l’intero concetto di design industriale, e lo fa con un’architettura che nella sua proposta contiene in qualche modo anche una denuncia, in un modo che potrei definire “blasfemo” per l’oggetto in sé. “Oggi è più che mai necessario,” dice, “illustrare gli eccessi dell’industrializzazione, la deregolamentazione del clima, lo sfruttamento sfrenato delle risorse naturali”, afferma. “Per ridefinire il design come pratica sociale, come strategia di sopravvivenza, come tattica di convivenza, come tecnica di metamorfosi: il design come tecnologia della speranza”.
“Tecnologia della speranza” mi ha preso sui sentimenti, sono sincero. Non è retorica, vi parla il comunicatore. Nella nuova era dell’industria, quella che ci aspettiamo zeppa di robot ma che avrà semplicemente l’uomo in una nuova veste, la produzione non è più separata dall’ambiente e dalla società, ma diventa parte integrante di un ecosistema più ampio e sostenibile.
La culla di una rivoluzione
Quando gli chiedo come si disegna la culla di una rivoluzione, Memo Colucci risponde con una profondità che mi lascia senza fiato. “Credo che l’idrogeno sia stato riconosciuto come possibile fonte energetica già nel 1800”, riflette, “ma poi la disponibilità dell’energia fossile ha spinto l’umanità verso un’energia più ‘comoda’ anche a spese degli equilibri politici internazionali”. In questo senso, la gigafactory di Cernusco non è solo un edificio, ma un simbolo di riscatto. “Credo che questo nuovo progetto debba partire proprio dagli errori del passato”, afferma.
La nuova culla quindi deve essere pensata per mettere in relazione l’energia fotovoltaica e l’acqua, gli elementi primari per la produzione di idrogeno, per poi attuare i processi necessari per lavorare questi elementi con cura e in sicurezza per l’uomo e per l’ambiente.
Memo Colucci e il futuro che si fa presente
“L’architettura, e poi il design, possono assumere il ruolo di impegno anche sociale di organizzazione dello spazio naturale per accogliere in armonia l’antropizzazione del territorio”, conclude Colucci. E guardando i rendering della gigafactory di Cernusco, non posso fare a meno di pensare che forse, finalmente, potremmo imparare davvero a costruire non contro la natura, ma con lei.
La gigafactory di Cernusco sul Naviglio non sarà solo il più grande polo per la produzione di elettrolizzatori per idrogeno verde al mondo. Sarà la possibilità, l’ennesima (quante ne avremo prima di esaurirle?) di fare l’industria in un altro modo. Di far andare di pari passo l’efficienza e la bellezza, di rendere il lavoro un’esperienza arricchente. Le soluzioni, mi permetto di credere, le abbiamo già. Quello che serve è il coraggio di applicarle, e su larga scala. Per ora, grazie anche a un visionario come Memo Colucci, un po’ di coraggio sta prendendo forma un mattone alla volta nella pianura lombarda.
La rivoluzione dell’idrogeno è appena (ri)cominciata, e ha trovato una casa importante a Cernusco sul Naviglio, Italia. Con la fine dei lavori prevista per il 2025, non aspetterà a lungo per fare i primi passi.
- Cosa sono esattamente questi elettrolizzatori? Sono dispositivi elettrochimici che utilizzano l’elettricità per scindere l’acqua nei suoi elementi costitutivi: ossigeno e, soprattutto, idrogeno. È qui che la magia avviene, trasformando la semplice acqua nel combustibile del futuro. ↩︎