Ci sono sfide che sembrano insormontabili, e poi ci sono persone che decidono di affrontarle comunque. The Ocean Cleanup sta facendo esattamente questo con l’isola di plastica del Pacifico. I protagonisti? Una barriera galleggiante lunga più di 2 chilometri e un piano da 7,5 miliardi di dollari. L’obiettivo? Una lucida utopia: ripulire i nostri oceani.
La sfida del secolo
Immaginate di dover pulire un’area due volte più grande del Texas, fatta di acqua anziché di terra ferma. Invece che di spazzatura normale, è piena di 79.000 tonnellate di plastica. Vi arrendere? Sembra un compito impossibile, vero? Eppure, è esattamente ciò che The Ocean Cleanup si è proposta di fare.
L’organizzazione no-profit ha recentemente annunciato con un comunicato stampa che, con i fondi necessari, potrebbe eliminare la Grande Chiazza di Plastica del Pacifico entro il 2034. È la prima volta che qualcuno mette un prezzo e una scadenza su questa missione apparentemente impossibile.
La tecnologia dietro il sogno di ripulire l’isola di plastica
Il cuore di questa audace impresa è il Sistema 03, una barriera galleggiante lunga circa 2,2 km. Pensate a un enorme rete da pesca che non cattura pesci, ma plastica. Questa barriera viene trainata tra due navi, che setacciano lentamente ma inesorabilmente le acque contaminate.
Fino ad ora, The Ocean Cleanup ha recuperato un milione di chili di rifiuti dalla chiazza. Può sembrare tanto, ma in realtà è solo lo 0,5% del totale. Tuttavia, non lasciatevi scoraggiare da queste cifre. L’organizzazione sta costantemente migliorando le sue tecnologie e strategie.
Il costo della pulizia dell’isola di plastica
7,5 miliardi di dollari. Una cifra che fa girare la testa. Certo, se la mettiamo in prospettiva è meno di un mese di profitti di Apple. È un sesto del bonus che gli azionisti di Tesla hanno assegnato a Elon Musk. È persino meno di quanto gli americani spendono ogni anno in decorazioni di Halloween.
Boyan Slat, il fondatore e CEO di The Ocean Cleanup è ancora più diretto ed esplicito: “L’unica cosa che si frappone tra noi e oceani puliti è il denaro.” È un appello diretto non solo ai governi e alle grandi aziende, ma a tutti noi. Perché, in fondo, questa è una battaglia che riguarda il futuro del nostro pianeta. I soliti diranno: fa così perché batte cassa. E se anche fosse? Se pure avesse la prospettiva di un qualche guadagno (ricordo che la sua società è una no profit), meglio a lui che a certi soliti noti.
Semmai il problema è un altro. E non è legato al fatto di pulire gli oceani con delle “maratone” come questa.
Oltre la pulizia: prevenzione e innovazione
The Ocean Cleanup sta anche lavorando per prevenire che altra plastica raggiunga gli oceani. Il prossimo anno si concentreranno sulla creazione di una mappa dei “punti caldi” di accumulo, quasi un “atlante delle correnti” che alimentano l’isola di plastica del Pacifico. È un approccio proattivo che potrebbe cambiare le regole del gioco.
Pensate alle implicazioni. Oceani più puliti significano ecosistemi marini più sani, meno microplastiche nel nostro cibo, spiagge più pulite.
Conclusione: un futuro possibile
Questo non è solo un progetto di pulizia. È una dichiarazione di intenti per l’umanità, è dire che non accetteremo più lo status quo. Che siamo pronti a correggere i nostri errori, anche quelli che sembrano troppo grandi per essere affrontati.
The Ocean Cleanup ci sta mostrando che debellare l’isola di plastica del Pacifico è una possibilità concreta, ancorchè costosa. Ma per la prima volta abbiamo un piano, una tecnologia e una timeline.
Ora la domanda è: siamo pronti, come società globale, a fare questo investimento nel nostro futuro? Ogni pezzo di plastica rimosso dall’oceano è un passo verso un pianeta più sano. E forse, tra dieci anni, potremmo guardare indietro a questo momento come l’inizio di una delle più grandi imprese di pulizia ambientale della storia.