Noam Shazeer, il mago dei modelli linguistici, è tornato a casa. Il “figliol prodigo” che sta dietro alcune delle più rivoluzionarie innovazioni nell’AI è di nuovo al suo posto. il prezzo del suo ritorno, però, ha fatto saltare il banco: Mister 3 miliardi. Per la precisione, 2.7 miliardi di dollari. È questa la cifra che Google ha sborsato per riavere un singolo ricercatore. Altro che Messi, altro che Ronaldo. E ora questa mossa audace solleva un polverone di domande. Siamo di fronte a un investimento illuminato o al sintomo di una bolla tech pronta a esplodere?
La storia di Shazeer è uno spaccato, quasi un diorama delle sfide e delle contraddizioni che animano la Silicon Valley di oggi. Proviamo a fare ordine insieme.
Chi è Noam Shazeer e perché vale così tanto?
Noam Shazeer non è un semplice ingegnere del software. È una vera e propria leggenda nel campo dell’intelligenza artificiale. È non è propriamente una new entry a Mountain View: ha già trascorso 21 anni in Google, contribuendo in modo significativo allo sviluppo di tecnologie che oggi diamo per scontate. Il suo curriculum parla da sé: è uno degli autori di un paper del 2017 (sembra un secolo fa) che ha gettato le basi per i modelli linguistici di grandi dimensioni che utilizziamo oggi.
Ma ciò che rende Shazeer davvero speciale è la sua capacità di vedere oltre, di immaginare possibilità che altri non riescono nemmeno a concepire. Non a caso, sul suo profilo LinkedIn, afferma con sicurezza: “Ho inventato gran parte dell’attuale rivoluzione nei modelli linguistici di grandi dimensioni”. Una dichiarazione audace, ma che sembra essere supportata dai fatti.
La sua partenza da Google nel 2021 per fondare Character.AI, una startup che permette agli utenti di interagire con chatbot che interpretano personaggi immaginari o figure famose, ha dimostrato la sua visione unica nel settore. E ora, il suo ritorno a Google con un prezzo così alto attaccato al suo nome, conferma il suo status di vero e proprio oracolo dell’AI.
Il segnale che colgo: la mossa di Google è genio o disperazione?
Il ritorno di Shazeer in Google, come detto, solleva interrogativi interessanti sulla strategia dell’azienda. Da un lato, potrebbe sembrare un atto di disperazione, un tentativo di recuperare terreno dopo aver perso l’opportunità di lanciare il chatbot Meena nel 2021, proprio prima che OpenAI rivoluzionasse il settore con ChatGPT.
D’altra parte, potrebbe essere vista come una mossa geniale. Google sta essenzialmente comprando non solo la mente brillante di Shazeer, ma anche l’esperienza e le innovazioni che ha sviluppato con Character.AI. È un po’ come se acquistassero una startup intera, ma concentrandosi sul cervello che l’ha creata. Christopher Manning, direttore dello Stanford Artificial Intelligence Laboratory, ha posto una domanda provocatoria: Shazeer è davvero “20 volte migliore degli altri”? La risposta potrebbe non essere così semplice. Nel mondo dell’AI, a volte una singola intuizione può valere miliardi. In entrata o in uscita.
L’effetto domino nella Silicon Valley
La mossa di Google non è un caso isolato. Stiamo assistendo a una vera e propria corsa all’oro dei talenti AI. Amazon, per esempio, ha recentemente assunto top executive dalla startup AI Adept attraverso un accordo di licenza tecnologica. È chiaro che le grandi aziende tech sono disposte a spendere cifre astronomiche per assicurarsi i migliori cervelli nel campo dell’intelligenza artificiale.
Questa tendenza sta creando un effetto domino nella Silicon Valley. I salari per gli esperti di AI stanno schizzando alle stelle, e le startup del settore stanno diventando obiettivi sempre più appetibili per le grandi aziende. È un mercato in cui il talento umano sembra valere più dell’oro. Ma c’è un lato oscuro in tutto questo. Gli investitori stanno iniziando a porsi domande scomode. Queste spese folli porteranno davvero a un ritorno sull’investimento? O stiamo assistendo al gonfiarsi di una bolla tecnologica pronta a scoppiare? Frenate tutti: non certificherebbe il fallimento dell’AI, come non lo fece la “bolla di internet” con il web. Semplicemente, nelle fasi iniziali della diffusione di una tecnologia, prima di arrivare ad uno standard ci sono degli “abbagli”. Chissà se quello di Noam Shazeer è uno di questi.
Noam Shazeer e il futuro dell’AI: una scommessa da miliardi
La storia di Noam Shazeer e del suo ritorno in Google è emblematica di un settore in rapida evoluzione, dove le regole del gioco cambiano continuamente. L’intelligenza artificiale non è più solo una tecnologia promettente, ma un campo di battaglia dove si decidono le sorti delle più grandi aziende tech del mondo. Le cifre in gioco sono vertiginose, e le implicazioni vanno ben oltre il mondo della tecnologia. Stiamo parlando di innovazioni che potrebbero ridefinire il modo in cui lavoriamo, comunichiamo e viviamo. La scommessa di Google su Shazeer non è solo un investimento finanziario, ma una scommessa sul futuro stesso dell’intelligenza artificiale.
Dopo i primi colpi a vuoto (il disastro di Bard e i passi incerti di Gemini) gli occhi del mondo tech sono puntati su Big G, in attesa di vedere cosa Noam Shazeer e il suo team saranno in grado di creare con le risorse quasi illimitate di Alphabet a loro disposizione. Nel frattempo, la corsa all’oro AI continua: a dispetto delle varie intelligenze artificiali è il talento umano a rappresentare la risorsa più preziosa. E Noam Shazeer, almeno per ora, sembra essere la pepita più grande di tutte.