Pensate al cervello come a una rete elettrica incredibilmente complessa: quando le mutazioni di un gene chiamato SHANK3 colpiscono, non danneggiano solo i “dispositivi” (i neuroni) ma anche i “cavi” che li collegano. Un team di ricercatori dell’Università di Tel Aviv ha appena scoperto questo meccanismo nascosto dell’autismo, rivelando come il disturbo comprometta non solo la comunicazione tra i neuroni, ma anche le cellule che producono l’isolamento necessario per i segnali cerebrali. Una scoperta che potrebbe cambiare tutto.
La ricerca che cambia la nostra comprensione dell’autismo
Secondo i dati più recenti, l’autismo colpisce l’1-2% della popolazione mondiale, con una diagnosi ogni 36 ragazzi negli Stati Uniti. In Italia, uno ogni 77 nella fascia d’età 7-9 anni.
Il professor Boaz Barak della Sagol School of Neuroscience e della School of Psychological Sciences dell’Università di Tel Aviv ha guidato uno studio rivoluzionario che sta cambiando la nostra comprensione di questo disturbo.
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Science Advances (ve la linko qui), ha coinvolto anche il professor Ben Maoz e il professor Shani Stern. Il team si è concentrato sul gene SHANK3, le cui mutazioni sono responsabili di quasi un milione di casi di autismo nel mondo.
I sintomi dell’autismo possono variare notevolmente da persona a persona, e questa ricerca aiuta a comprendere meglio perché, soprattutto nei casi di autismo ad alto funzionamento.
Il ruolo cruciale degli oligodendrociti
Lo studio ha rivelato che le mutazioni del gene SHANK3 non colpiscono solo i neuroni, come si pensava in precedenza, ma anche le cellule chiamate oligodendrociti. Queste cellule producono la mielina, uno strato grasso che isola le fibre nervose, proprio come il rivestimento dei cavi elettrici.
La dottoranda Inbar Fischer spiega che quando la mielina è difettosa, i segnali elettrici possono “avere perdite”, compromettendo la comunicazione tra le diverse aree del cervello. Questo danno è duplice: la proteina difettosa interrompe sia la comunicazione con gli oligodendrociti sia la loro capacità di produrre mielina.
Il team ha osservato un deterioramento della mielina in diverse aree del cervello, con conseguenti effetti sul comportamento.
La terapia genica mostra risultati promettenti
I ricercatori non si sono fermati all’identificazione del problema. Utilizzando un modello murino geneticamente modificato, hanno sviluppato un trattamento genetico innovativo. Hanno inserito segmenti di DNA contenenti la sequenza normale del gene SHANK3 negli oligodendrociti danneggiati.
Il risultato è stato sorprendente: le cellule hanno iniziato a produrre la proteina normale, ripristinando la loro capacità di comunicare e produrre mielina. Per validare questi risultati, il team ha anche utilizzato cellule staminali derivate da una bambina con autismo causato dalla stessa mutazione.
Implicazioni future per la comprensione e l’approccio all’autismo
Il professor Barak sottolinea che questa scoperta ha importanti implicazioni sia scientifiche che cliniche. Dal punto di vista scientifico, abbiamo ora una comprensione più profonda del ruolo della mielina nell’autismo e del meccanismo che ne causa il danneggiamento.
Sul fronte clinico, la validazione dell’approccio di terapia genica apre nuove possibilità di trattamento. Questa ricerca potrebbe portare allo sviluppo di terapie mirate non solo per i casi legati al gene SHANK3, ma potenzialmente per una più ampia gamma di condizioni dello spettro autistico.
La scoperta evidenzia anche come gli oligodendrociti svolgano ruoli essenziali indipendenti, ben oltre il semplice supporto ai neuroni. Seguiremo gli sviluppi di questa ricerca: potrebbero rivoluzionare l’approccio al trattamento dell’autismo nei prossimi anni.