La velocità conta, soprattutto quando si tratta di curare ferite e rigenerare tessuti. Un team di ricercatori ha appena fatto un passo avanti in medicina rigenerativa, sviluppando un sistema di bioprinting 3D che lavora dieci volte più velocemente dei metodi tradizionali. Ed è solo l’inizio.
La sfida della velocità nel bioprinting 3D
La stampa 3D di tessuti umani è sempre stata un processo incredibilmente lento. Grado di difficoltà: costruire un castello di carte con le mani legate dietro la schiena. Il problema principale è che ogni cellula deve essere posizionata con precisione millimetrica, e il minimo errore può danneggiarle irreparabilmente.
I ricercatori della Penn State University hanno trovato una soluzione davvero interessante. Il professor Ibrahim Ozbolat, che guida lo studio, ha avuto un’intuizione: invece di lavorare con singole cellule, perché non usare dei piccoli “cluster cellulari” chiamati sferoidi? È l’equivalente di usare dei blocchi prefabbricati invece dei singoli mattoni: in fondo, gli sferoidi replicano in modo più fedele la densità cellulare del nostro corpo.
Bioprinting, la tecnologia che accelera il futuro
Il cuore di questa innovazione è un sistema chiamato HITS-Bio (High-throughput Integrated Tissue Fabrication System for Bioprinting).
Il team ha sviluppato una matrice di 16 ugelli (4×4) che si muovono in tre dimensioni, gestendo più sferoidi contemporaneamente. È come avere 16 chirurghi microscopici che lavorano in perfetta sincronia. Una specie di robot industriale per l’assemblaggio di un’auto, ma in miniatura e infinitamente più preciso.
Questa tecnica […] permette il bioprinting di tessuti in modo estremamente rapido, molto più veloce delle tecniche esistenti, mantenendo un’elevata vitalità cellulare.
Ibrahim Ozbolat, Penn State University
Risultati che parlano da soli
I numeri sono impressionanti. Un blocco di un centimetro cubo, composto da circa 600 sferoidi di cellule cartilaginee, viene completato in meno di 40 minuti. Prima ci volevano giorni interi.
La prova del nove? L’esperimento su un ratto. Il team ha utilizzato HITS-Bio durante un intervento chirurgico per applicare direttamente il bioink arricchito di sferoidi su una ferita del cranio. Con l’aiuto della tecnologia microRNA per controllare l’espressione genica, hanno guidato perfettamente gli sferoidi a trasformarsi in tessuto osseo.
Verso un futuro di organi stampati
Il professor Ozbolat e il suo team non si fermano qui. Il prossimo obiettivo è ancora più ambizioso: scalare la tecnologia per creare tessuti più complessi. La sfida più grande? Incorporare la stampa dei vasi sanguigni, elemento essenziale per creare tessuti trapiantabili.
Se riusciranno a superare questo ostacolo, il sogno di stampare organi interi come fegati o polmoni diventerà realtà. Con il bioprinting avremo una vera e propria fabbrica di pezzi di ricambio per il corpo umano che invece di metallo e plastica, usa le nostre stesse cellule.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications (ve la linko qui), e rappresenta un passo gigantesco verso il futuro della medicina rigenerativa. Come direbbe un famoso medico ologramma di Star Trek: “Per favore, specificate la natura dell’emergenza medica”. Beh, ora potremmo rispondere: “Nessuna emergenza, grazie: abbiamo la stampante”.