Una direttiva americana, la IC 406, sancisce ufficialmente il “matrimonio” tra servizi segreti e multinazionali Big Tech. Un patto necessario o una resa allo strapotere corporate? La linea tra interesse pubblico e profitto privato si fa sempre più sottile.
Il nuovo volto del potere globale
C’è un momento preciso nel tempo, che forse vi è sfuggito. Un attimo che forse i nostri discendenti sapranno rileggere in un quadro più ampio, dandogli una dimensione storica. È stato quando la ricchezza di Apple ha superato il PIL della Romania: 12 marzo 2023. Oggi, secondo i dati Barron’s, 47 multinazionali valgono più dell’economia di interi Stati sovrani. Per darvi un’idea:
È in questo contesto che la Direttiva IC 406 firmata dall’ex direttore dell’intelligence nazionale Avril Haines, e voluta dall’ex Presidente USA Joe Biden (si, proprio quello che denuncia il rischio di “oligarchia”). Cosa fa questa direttiva? Una cosa semplice: trasforma le corporation in “entità di sicurezza nazionale”, equiparandole diplomaticamente agli alleati NATO.
Se volete approfondire la direttiva IC 406 ve la linko qui. Intanto proseguo.
E non solo.
«Non è più questione di collaborazione, ma di dipendenza», ha commentato un analista del Brookings Institute sotto anonimato. «Google mappa il mondo meglio dei satelliti spia, Amazon gestisce dati sensibili meglio dell’NSA, Elon Musk controlla l’accesso allo spazio». La direttiva autorizza per la prima volta a condividere intelligence classificata con soggetti privati attraverso “letture singole” temporanee, bypassando i tradizionali controlli di sicurezza.
L’ammissione più esplicita viene da William Burns, ex direttore della CIA: «Negli anni ’50 eravamo noi a trainare l’innovazione. Oggi inseguiamo le aziende. Senza di loro, non potremmo competere a livello globale». Un cambio di paradigma che trasforma i CEO in consiglieri non ufficiali della Casa Bianca, come dimostra la presenza di Musk, Bezos e altri “reggenti” alla corte del neoeletto Trump. Ma a cosa assistiamo, esattamente? Leader aziendali che corrono a genuflettersi, “cavalli di Troia” nel potere politico o nuovi padroni? Scusate l’enfasi, semplifico. Ora rientro nei ranghi.
Sicurezza nazionale in vendita? Il rischio (più o meno) calcolato
La direttiva introduce un concetto esplosivo: “accettazione del rischio” nelle relazioni con le aziende. Tradotto: violare protocolli di sicurezza pur di accedere a dati strategici. «È come aprire le porte di Fort Knox a chi possiede già più oro di noi», ironizza un ex agente dell’FBI.
I meccanismi previsti sono tre:
- Declassificazione mirata: rendere pubblici documenti top secret per favorire partnership
- Clearance temporanee: accesso a informazioni riservate senza controlli approfonditi
- Processi collaborativi: tavoli decisionali congiunti governo-aziende
«Il vero pericolo non è lo spionaggio straniero, ma il conflitto d’interessi», avverte Mary McCord, ex procuratore per la sicurezza nazionale. «Cosa succede se Musk usa dati satellitari riservati per influenzare politiche a vantaggio di Tesla?». La direttiva vieta esplicitamente favoritismi, ma l’assenza di meccanismi di enforcement lascia spazio a interpretazioni.
E, in generale, crea uno spaventoso “ibrido” che mi restituisce un’immagine: quella di un “boa” finanziario, le multinazionali, che ha iniziato a ingoiare definitivamente “l’elefante”, gli Stati nazionali.
Dalla Guerra Fredda alla Guerra dei Cloud
Negli anni ’60, la CIA reclutava scienziati per battere i sovietici sulla Luna. Oggi, Amazon Web Services gestisce da solo il 45% dei cloud dell’intelligence USA. «La differenza è che prima controllavamo la tecnologia, ora ne siamo dipendenti», spiega Susan Gordon, ex vicedirettore dell’intelligence nazionale.
Questa situazione conclamata, naturalmente, non è iniziata oggi. Tra le avvisaglie, quella del Project Maven, nel 2018. Google all’epoca si ritirò dall’iniziativa per l’uso militare dell’AI, provocando una crisi operativa. Ora torna in grande stile, come ampiamente previsto. Il Pentagono, per usare un termine elegante, sarà obbligato a creare “interdipendenze strutturali” con le multinazionali.
Il paradosso? Le stesse aziende che collaborano con Washington vendono tecnologie anche alla Cina. Nel 2024, Microsoft ha fornito server a un centro dati di Pechino mentre sviluppava strumenti anti-hacker per la CIA. «Nella nuova geopolitica digitale, le multinazionali sono ambasciatrici senza confini», nota Ian Bremmer dell’Eurasia Group. O l’embrione di futuri, diffusi “tecno governi” sovranazionali.
Le multinazionali sono una mutazione antropologica del potere
È dura da dire, ma mi sembra evidente: se la sicurezza nazionale di uno Stato diventa una joint venture col settore privato, i cittadini diventano meri dati in un algoritmo, e a volte soldati inconsapevoli.
Non ci credete? Vi faccio un altro esempio. La direttiva IC 406 autorizza esplicitamente l’uso di dati commerciali per operazioni di intelligence. Si, esatto: i dati che produciamo tutti i giorni usando il cellulare, parlando con un assistente vocale, o… magari facendo jogging. Un caso concreto? Nel 2023, la NSA americana ha utilizzato i metadati di Fitbit per tracciare movimenti di ufficiali russi in Siria. È legale, forse. Ma sfida ogni principio di privacy.
Dall’altro lato, c’è chi sostiene la necessità storica di questo patto. «I cyberattacchi aumentano del 300% all’anno», ricorda Chris Inglis, ex consigliere per la cybersicurezza. «Senza la innovazione privata, non potremmo proteggere infrastrutture critiche». Dall’altro c’è chi, come Edward Snowden, mette in guardia i governi nazionali dal fornire a Big Tech le chiavi dell’intelligence e delle armi: potrebbe diventare un “suicidio automatizzato”.
Multinazionali, verso un nuovo ordine mondiale: conclusioni e scenari
Come sempre, molti atti cruciali si nascondono bene tra le pieghe della “quotidiana informazione”, che dorme sugli aspetti cruciali, o distrae deliberatamente dalle cose essenziali.
La direttiva IC 406, badate bene, non è un semplice aggiornamento burocratico. È il certificato di nascita di un nuovo modello di governance. Con implicazioni che travalicano i confini USA:
- Nella UE, il Digital Markets Act cerca di limitare il potere delle Big Tech, ma 37 aziende americane
hanno già ottenuto deroghe per “ragioni di sicurezza”; - In Cina: lo Stato mantiene il controllo diretto su Alibaba e Tencent attraverso golden share, ma i confini potrebbero assottigliarsi;
- In Russia: Gazprom e Yandex sono già diventati strumenti di hybrid warfare.
«Stiamo scrivendo le regole del XXI secolo senza avere una mappa», conclude Hannah Bloch-Wehba, esperta di diritto tecnologico. «Il rischio? Che la collaborazione pubblico-privato si trasformi in una dittatura algoritmica con il volto rassicurante di un logo commerciale».
Mentre Trump prepara il suo piano per “dominare lo spazio cibernetico”, una domanda resta aperta: in questo nuovo mondo, chi controllerà i controllori?