Immaginate di poter “ascoltare” un concerto sinfonico eseguito dai neuroni. È ciò che Neural Matrix, sviluppato dal team del professor Jonathan Viventi alla Duke University, sta iniziando a rendere possibile. Questo dispositivo non è un semplice aggiornamento tecnologico: è un cambio di paradigma. Con 1008 elettrodi multiplexati cattura l’attività cerebrale con una risoluzione senza precedenti.
“La sfida non era semplicemente aggiungere più sensori, ma integrarli in modo che il cervello non li rigettasse”, spiega Viventi nello studio pubblicato su Science Translational Medicine nel 2020. Il segreto? Un rivestimento in diossido di silicio (t-SiO₂) spesso 3 micron, che protegge dagli attacchi dei fluidi biologici. Risultato: 6 anni di funzionamento stabile in test su primati, contro i 18 mesi dei dispositivi precedenti.
Ma c’è di più. L’elettronica integrata riduce i cavi a meno di 100, eliminando il groviglio di connessioni che limitava gli impianti tradizionali. È come passare dal telefono a disco allo smartphone.
Neural Matrix, dalla teoria alla pratica: i test che stupiscono
Nel 2023, Neural Matrix ha fatto parlare di sé in un esperimento sui ratti. Collegato alla corteccia visiva, ha registrato pattern specifici quando gli animali riconoscevano forme geometriche. “Abbiamo identificato firme neurali corrispondenti a cerchi e quadrati con un’accuratezza del 92%”, rivela il report di Science Corp.
Ora, i test si spostano sui primati. In uno studio citato da Ingegneria Biomedica, macachi con impianti hanno controllato braccia robotiche usando solo il pensiero, con un ritardo di 50 millisecondi – quasi in tempo reale. La bassa latenza, in particolare, è cruciale per applicazioni cliniche.
E le prospettive? Il team punta a 65.000 elettrodi entro il 2026. Numeri che fanno girare la testa: “Con quella densità, potremmo mappare intere reti neurali coinvolte in malattie come l’Alzheimer”, anticipa Viventi.
Il design che sfida la biologia
Cosa rende Neural Matrix diverso dagli altri impianti? Tre innovazioni chiave:
- Multiplexing spaziale: Gli elettrodi sono organizzati a matrice, come pixel di una fotocamera, per coprire aree cerebrali più vaste
- Elettronica autoalimentata: Sfrutta il calore corporeo per ridurre la dipendenza da batterie esterne
- Materiali ibridi: Silicio flessibile combinato con nanotubi di carbonio, per resistere ai movimenti del cervello
“Abbiamo preso ispirazione dalla laminina, una proteina che guida la crescita neurale”, spiega Emily Sato, coautrice dello studio su Matrix Science Blog. Il riferimento è al peptide sintetico SCR127, usato per promuovere l’adesione delle cellule ai sensori.
In sintesi, il dispositivo si integra con il tessuto nervoso senza causare infiammazioni. “Dopo 6 mesi, non abbiamo rilevato gliosi significativa”, confermano i dati di PubMed.
Verso applicazioni cliniche (e non solo)
Le implicazioni vanno oltre la ricerca. Neural Matrix potrebbe:
- Rivoluzionare le protesi neurali: Consentirebbe a pazienti paralizzati di controllare dispositivi esterni con precisione sub-millimetrica
- Monitorare epilessia in tempo reale: Rilevando l’insorgenza di crisi 30 secondi prima dei sintomi
- Mappare gli effetti dei farmaci: Studiando come nuove molecole influenzano l’attività cerebrale
“Stiamo collaborando con l’ETH Zürich per adattarlo alla stimolazione cerebrale profonda nel Parkinson”, annuncia Viventi. Ma c’è anche chi sogna in grande: Elon Musk ha twittato che “Neuralink prenderà spunto da queste innovazioni”.
Neural Matrix, domande aperte e sfide future
Nonostante i progressi, restano ostacoli. Il costo è uno: ogni prototipo vale oltre 500.000 dollari. Poi, la scalabilità: impiantare 65.000 elettrodi richiederà tecniche chirurgiche mini-invasive ancora inesistenti.
E l’etica? Dobbiamo evitare che queste tecnologie creino disuguaglianze. Gli esperti di bioetica si chiedono, giustamente, chi avrà accesso a queste tecnologie, e come proteggeremo i dati neurali, che sono l’essenza della nostra identità.
Intanto, Neural Matrix continua a evolversi. La prossima versione integrerà un sistema di raffreddamento a microfluidica, per gestire il calore generato dagli elettrodi. La corsa per connettere cervello e macchine è appena iniziata.