Cosa hanno in comune un verme, una medusa e una batteria? La risposta è in un laboratorio della Cornell University, dove i robot modulari non si limitano a imitare la natura: la superano. Qui, l’energia non viene stivata in pesanti accumulatori, ma scorre letteralmente nelle vene artificiali dei robot, combinando alimentazione e movimento in un unico fluido intelligente. Un salto evolutivo che stravolge ogni regola: se tradizionalmente batterie e motori sono componenti separati, questi sistemi li fondono in un’unica entità dinamica, leggera come un organismo vivente. E il risultato? Un verme robotico che si contrae come un muscolo e una medusa che danza sott’acqua per 90 minuti senza sosta.
La batteria che respira come un organismo
“Siamo i primi a usare il fluido idraulico come batteria. Riduciamo il peso perché l’energia serve sia al movimento che all’alimentazione”
Spiega Rob Shepherd, professore di ingegneria aerospaziale alla Cornell, che ha illustrato il progetto. Il cuore della tecnologia è una batteria redox flow (RFB) che imita processi biologici: due serbatoi di elettroliti (liquidi caricati chimicamente) reagiscono attraverso una membrana, generando corrente mentre si mescolano. Ma invece di limitarsi a produrre energia, questo fluido viene pompato per creare pressione idraulica, attivando tendini artificiali. Un doppio ruolo che elimina la necessità di motori separati, riducendo peso e complessità.
Per la medusa robotica, il sistema funziona come un cuore che “batte” ritmicamente: quando il fluido spinge un tendine, la struttura a campana si flette, spingendo l’acqua. Al rilassamento, il robot affonda, pronto per un nuovo impulso. 1,5 ore di autonomia (un record per soft robot di queste dimensioni) dimostrano l’efficienza del design.
Robot modulari: il verme che conquista la terraferma
Se la medusa robot domina l’ambiente acquatico, il verme robotico affronta una sfida più complessa: muoversi sulla terraferma. Ci riesce grazie a segmenti modulari indipendenti: ognuno di questi contiene un mini-serbatoio di fluido e un attuatore “tendine”. L’espansione e contrazione coordinata dei moduli crea un movimento ondulatorio simile a quello dei lombrichi.
La transizione dall’acqua alla terra ha richiesto una riprogettazione radicale. Shepherd chiarisce: “Sott’acqua, la spinta idrostatica sostiene il corpo. Sulla terra, serve una struttura che resista alla gravità”. La soluzione? Segmenti rigidi ma leggeri, collegati da giunti flessibili che imitano l’idroscheletro degli invertebrati. Ogni modulo è autonomo, ma comunica con gli altri tramite sensori di pressione, permettendo movimenti adattivi su terreni irregolari.
Sangue artificiale e il futuro della robotica
Il team della Cornell non è nuovo a queste sperimentazioni su robot modulari. Nel 2019 aveva sviluppato un pesce scorpione robotico, con un sistema circolatorio di “sangue sintetico” (un concetto ora evoluto nella batteria fluida). La differenza? Qui il fluido non è solo veicolo di energia, ma fonte primaria.
Le implicazioni sono vaste: robot sottomarini per il monitoraggio ambientale con autonomie di settimane, sonde spaziali che sfruttano fluidi locali (come il metano liquido su Titano), o esoscheletri medici leggeri e silenziosi. “L’approccio modulare permette di scalare la tecnologia”, aggiunge Shepherd. “Possiamo aggiungere o rimuovere segmenti come cellule in un organismo, a seconda della missione”.
Oltre l’idraulica: dai robot modulari l’ennesima lezione di biomimetica
Questi robot non sono solo un esercizio ingegneristico, ma una riflessione sulla vita stessa. La scelta di imitare meduse e vermi non è casuale: sono organismi semplici con movimenti efficienti, modelli ideali per testare principi fondamentali.
“L’evoluzione terrestre è iniziata con organismi semplici sostenuti dal terreno. Il nostro verme robotico segue lo stesso percorso”
Osserva Shepherd, sottolineando il parallelismo con la transizione evolutiva dai pesci agli anfibi. La lezione? La semplicità precede la complessità, sia in biologia che in robotica. E con fluidi “intelligenti” che fanno il lavoro di metallo e silicio, il futuro dei robot potrebbe essere più liquido (e più vivo) di quanto osiamo immaginare.