Vi siete mai chiesti perché, in un’epoca in cui trapiantiamo organi e modifichiamo geni, la protesi mammaria è ancora oggetto fondamentalmente estraneo al corpo? In Francia, dove circa 22.000 donne ogni anno subiscono una mastectomia, questa domanda non è affatto accademica. È il dilemma concreto che ha spinto i ricercatori di Mecellis Biotech a sviluppare una protesi mammaria totalmente diversa: un impianto realizzato con pelle suina che, una volta inserito, si comporta come un’impalcatura temporanea che viene gradualmente sostituita dal tessuto della paziente stessa. Un approccio che potrebbe rendere obsolete le protesi in silicone che, per quanto esteticamente valide, restano per sempre corpi estranei da sostituire periodicamente.
Una risposta al rifiuto della ricostruzione
Il cancro al seno è un mostro che divora circa 60.000 nuove vite francesi ogni anno, portandone via 12.000. Dati non diversi in Italia (nel 2022 stimati 55.700 nuovi casi). E dopo la lotta, per molte sopravvissute, c’è l’amara medicina della mastectomia: decine di migliaia di donne vi si sottopongono annualmente.
È interessante notare come una percentuale non bassa di queste donne rifiuti categoricamente qualsiasi tipo di ricostruzione. Alcune per convinzione personale, altre perché spaventate dalle protesi attuali (principalmente in silicone), un materiale inerte che resta un intruso nell’organismo. Un intruso che, tra l’altro, richiede sostituzione ogni dieci anni, con tutto il carrozzone di interventi, anestesie e convalescenze.
fonte)
L’innovazione “suina” che cambia la protesi mammaria
L’audacia dei laboratori di La Rochelle sta proprio in questo: hanno creato un impianto riassorbibile che viene progressivamente integrato dall’organismo della paziente. E no, non sto delirando: questa protesi mammaria che si “auto-costruisce” grazie alle cellule della donna è realizzata con pelle di maiale.
Sorpresi? Non dovreste. La pelle suina ha proprietà straordinariamente simili a quella umana ed è utilizzata in medicina ricostruttiva da tempo. Il processo è affascinante: viene prelevata da maiali destinati all’alimentazione, poi trasformata in laboratorio eliminando tutte le cellule porcine, conservando solo i componenti biocompatibili.
A questa struttura viene aggiunto un biopolimero che forma una protesi flessibile ma temporanea; una volta impiantata, funziona come un esoscheletro provvisorio che viene gradualmente colonizzato e sostituito dai tessuti della paziente. È la scienza al servizio della ricostruzione (non solo fisica) dell’identità femminile.
Tempi di attesa per questa rivoluzione
Dal 2017, Mecellis Biotech lavora a questa innovazione. Un lavoro riconosciuto anche dalla French Tech Bordeaux che ha premiato l’azienda lo scorso novembre. Ma non cantiamo vittoria troppo presto: manca ancora la validazione europea prima della commercializzazione. Se tutto andrà secondo i piani, le donne potrebbero avere accesso a questa alternativa naturale entro i prossimi due anni. Una soluzione che promette di essere semplice da impiantare quanto una protesi tradizionale, ma con benefici radicalmente diversi.
Mi chiedo se tra due anni saremo qui a commentare il primo caso di successo, o se questa sarà l’ennesima promessa rinviata della medicina. Perché, diciamocelo, di rivoluzioni annunciate ne abbiamo viste tante. Ma questa… questa potrebbe davvero cambiare le carte in tavola.