C’è un momento preciso in cui abbiamo iniziato a parlare? La domanda non è banale come potrebbe sembrare. Fino ad oggi, le stime della linguistica sull’origine del linguaggio umano variavano ampiamente, basandosi su fossili, manufatti culturali e ipotesi più o meno fantasiose. Ora un nuovo approccio, elegante nella sua semplicità logica, sta rivoluzionando il campo.
Ricercatori del MIT e dell’American Museum of Natural History hanno analizzato 15 studi genomici pubblicati negli ultimi 18 anni, giungendo a una conclusione sorprendente: la linguistica, come capacità cognitiva peculiare della nostra specie, era già presente almeno 135.000 anni fa. Il ragionamento è disarmante: se tutte le lingue umane sono correlate (come la maggior parte dei linguisti ritiene) e se ogni popolazione umana sparsa per il globo possiede il linguaggio, allora questa capacità doveva esistere prima che i primi gruppi di Homo sapiens si separassero geograficamente.
La logica è molto semplice. Ogni popolazione che si è ramificata attraverso il globo possiede il linguaggio umano, e tutte le lingue sono imparentate tra loro.
La meta-analisi genetica che rivoluziona la storia
Partiamo da un assunto: secondo le nostre conoscenze attuali la nostra specie, Homo sapiens, esiste da circa 230.000 anni. Il nuovo studio pubblicato su Frontiers in Psychology esamina specificamente 15 studi genetici di diverse tipologie: tre utilizzano dati sul cromosoma Y ereditato, tre analizzano il DNA mitocondriale, e nove sono studi sul genoma completo. Questa varietà di approcci fornisce un quadro più completo rispetto ai tentativi precedenti.
Il primo studio di questo tipo fu condotto nel 2017, ma gli autori dell’attuale ricerca avevano a disposizione meno dati genetici. Come spiega Shigeru Miyagawa del MIT, “quantitativamente abbiamo più studi e qualitativamente, è una finestra temporale più ristretta”. I dati ora convergono più chiaramente verso i 135.000 anni fa come probabile momento della prima separazione genetica significativa tra gruppi umani.
L’unicità del linguaggio umano
In un suo libro del 2010, Miyagawa ha analizzato similarità precedentemente inesplorate tra inglese, giapponese e alcune lingue bantu, evidenziando connessioni profonde tra sistemi linguistici apparentemente molto distanti. Oggi esistono oltre 7.000 lingue identificate in tutto il mondo, tutte presumibilmente derivate da un’origine comune.
Molti studiosi hanno proposto che la capacità linguistica risalga a un paio di milioni di anni fa, basandosi sulle caratteristiche fisiologiche di altri primati. Ma per Miyagawa, la questione chiave non è quando i primati potessero emettere certi suoni, ma quando gli umani svilupparono la capacità cognitiva di combinare vocabolario e grammatica in un sistema generativo infinito.
Il linguaggio umano è qualitativamente diverso perché ci sono due elementi, parole e sintassi, che lavorano insieme per creare questo sistema molto complesso. Nessun altro animale ha una struttura parallela nel proprio sistema di comunicazione.
Linguistica, dal pensiero alla comunicazione
Questa concezione delle origini linguistiche comporta che gli umani abbiano avuto la capacità cognitiva per il linguaggio per un certo periodo prima di costruire le prime lingue sociali. “Il linguaggio è sia un sistema cognitivo che un sistema di comunicazione,” spiega Miyagawa. “La mia ipotesi è che prima abbia iniziato come sistema cognitivo privato, ma in un tempo relativamente rapido si è trasformato in un sistema di comunicazione.”
I dati archeologici corroborano questa ipotesi. Circa 100.000 anni fa, le evidenze mostrano una diffusa comparsa di attività simboliche: dai segni significativi su oggetti all’uso del fuoco per produrre ocra decorativa. Come il nostro linguaggio complesso, queste attività simboliche sono praticate esclusivamente dagli esseri umani.
Le diverse teorie a confronto
Tra i co-autori, Ian Tattersall, curatore emerito delle origini umane presso l’American Museum of Natural History, ha sostenuto l’idea che il linguaggio abbia funzionato come “innesco” per il pensiero simbolico e altre attività organizzate.
Il linguaggio è stato il fattore scatenante per il comportamento umano moderno. In qualche modo, ha stimolato il pensiero umano e ha contribuito a creare questi tipi di comportamenti.
Altri studiosi, tuttavia, sostengono una visione diversa. Credono che ci sia stato uno sviluppo più graduale di nuove attività intorno a 100.000 anni fa, che coinvolgeva materiali, strumenti e coordinamento sociale, con il linguaggio che svolgeva un ruolo importante ma non necessariamente centrale. Il dibattito scientifico resta aperto.
Linguistica, l’importanza dei nuovi metodi di indagine
Il co-autore dello studio Rob DeSalle, ricercatore principale presso l’Istituto di Genomica Comparativa dell’American Museum of Natural History, ha contribuito all’approccio metodologico innovativo dello studio. La quantità di variazione genetica mostrata negli studi analizzati permette ai ricercatori di stimare il punto nel tempo in cui Homo sapiens era ancora un gruppo regionalmente indiviso.
Miyagawa sottolinea l’importanza di questo approccio empirico: “È solidamente fondato sulla più recente comprensione genetica dei primi Homo sapiens. Penso che siamo su una buona traiettoria di ricerca, e spero che questo incoraggi più persone a studiare il linguaggio umano e l’evoluzione.”
Mi colpisce come questa ricerca ribalti molte convinzioni precedenti sulla tempistica dello sviluppo linguistico umano. L’idea che la nostra capacità linguistica sia emersa così presto nella nostra storia evolutiva, precedendo di decine di migliaia di anni l’esplosione di creatività simbolica del periodo successivo, ci invita a riconsiderare il ruolo del linguaggio nello sviluppo della nostra specie.
Non siamo mai stati davvero muti; il potenziale di articolare pensieri complessi era già presente mentre vagavamo nella savana africana, molto prima che iniziassimo a dipingere sulle pareti delle caverne o a forgiare utensili elaborati.
Le parole, forse, sono sempre state con noi, in attesa solo di trovare la loro espressione sociale.