Un’antica officina nascosta nelle pieghe del tempo, sepolta sotto strati di storia. Vi siete mai chiesti quanto fosse davvero intelligente l’Homo erectus? Probabilmente abbiamo sempre sottovalutato i nostri antenati, relegandoli al ruolo di semplici scimpanzé evoluti capaci solo di scheggiare qualche pietra. Ma gli utensili in osso rinvenuti nell’iconico sito della Gola di Olduvai, in Tanzania, raccontano tutt’altra storia.
Una storia che anticipa di un milione di anni ciò che credevamo di sapere sulla capacità dell’Homo erectus di pensare in modo astratto, di trasferire conoscenze da un materiale all’altro, di pianificare e creare strumenti standardizzati.
L’inaspettata rivelazione degli archeologi
Gli archeologi hanno fatto saltare ancora una volta le nostre convinzioni; sembrano quasi divertirsi a rimescolare le carte della nostra comprensione del passato. Ed è proprio quello che è successo quando hanno dissotterrato una collezione di 27 utensili in osso prodotti in serie, i più antichi mai scoperti. Più antichi di ben un milione di anni rispetto a quanto pensavamo finora.
Secondo lo studio pubblicato su Nature (ve lo linko qui), questi strumenti vennero fabbricati circa 1,5 milioni di anni fa. Non si tratta di ritrovamenti casuali o isolati, ma di una vera e propria “fabbrica” di utensili; un fatto che, secondo gli studiosi coinvolti, dimostra come L’homo erectus presentasse un pensiero astratto avanzato già nelle prime fasi della sua evoluzione.
Gli strumenti mostrano prove che i loro creatori lavoravano attentamente le ossa, scheggiandole per creare forme utili.
Homo erectus, la complessità cognitiva dei nostri antenati
Quello che trovo affascinante non è solo l’antichità di questi oggetti, ma il salto cognitivo che rappresentano. Mi piace pensare a quegli antichi parenti che, dopo aver imparato a scheggiare la pietra, guardano un osso di elefante e pensano: “Ehi, potrei applicare la stessa tecnica qui”. Un momento eureka avvenuto un milione e mezzo di anni fa!
Renata F. Peters, un’archeologa dell’University College London coinvolta nella scoperta, ha espresso un entusiasmo contagioso. La sua eccitazione non deriva solo dall’antichità degli oggetti, ma da ciò che rappresentano: la capacità di trasferire competenze dalla pietra all’osso, un livello di cognizione complessa che non abbiamo visto altrove per un altro milione di anni.
Gli hominini (quella “tribù” tassonomica che include gli umani e gli antenati umani che camminavano eretti) producevano strumenti di pietra già da diversi milioni di anni. Ma le loro tecniche non sono rimaste immutate nel tempo; hanno subito un’evoluzione, proprio come le specie che le utilizzavano.
L’evoluzione delle tecniche di lavorazione
Sembra quasi un paradosso, ma questi antichi artigiani dell’osso erano già dei “professionisti” nel loro campo. All’inizio dell’età Oldowan, circa 2,7 milioni di anni fa, gli hominini utilizzavano metodi semplici per scheggiare qualche frammento dalle pietre. Ma con l’inizio dell’età Acheuleana, circa 1,7 milioni di anni fa, iniziarono a utilizzare metodi molto più complessi.
Questa tecnica di lavorazione più sofisticata, nota come scheggiatura, permise loro di produrre in serie strumenti affilati e standardizzati dalla pietra. Ma, a quanto pare, permise loro anche di produrre in serie strumenti affilati e standardizzati dall’osso, cosa che non pensavamo possibile in quel periodo.
Gli strumenti in osso sono relativamente rari e isolati nel registro archeologico fino a circa 500.000 anni fa, quando si pensava fosse iniziata la produzione sistematica di questi utensili. Ma questa scoperta ci costringe a ricalibrare tutte le nostre ipotesi sulla linea temporale evolutiva delle tecniche di lavorazione.
La scoperta che cambia la nostra comprensione del passato
L’archeologo Ignacio de la Torre, un altro autore dello studio e ricercatore presso l’Instituto de Historia del CSIC-Spanish National Research Council, ha centrato perfettamente il punto quando ha dichiarato che questa scoperta ci porta a supporre che i primi umani avessero molte più opzioni tecnologiche.
È come scoprire che un bambino che pensavi sapesse solo disegnare, in realtà ha già scritto un racconto.
Gli strumenti, realizzati con le ossa degli arti di grandi mammiferi, principalmente elefanti e ippopotami, erano forti e robusti: probabilmente adatti alla lavorazione delle carcasse di animali per ricavarne cibo. Non è difficile immaginare la scena: un gruppo di Homo erectus che macella un elefante con strumenti ricavati dalle ossa di un altro elefante.
Il salto cognitivo dell’homo erectus
Secondo gli archeologi, il passaggio dalla pietra all’osso è una vera e propria impresa di pensiero astratto, che richiede abilità nella produzione di strumenti e la capacità di comprendere che le tecniche di scheggiatura che funzionano su un materiale funzioneranno anche su un altro.
De la Torre ha sottolineato come questa espansione del potenziale tecnologico indichi progressi nelle capacità cognitive e nelle strutture mentali di questi hominini, che sapevano incorporare innovazioni tecniche adattando le loro conoscenze del lavoro della pietra alla manipolazione dei resti ossei.
Almeno due specie di antenati umani abitavano la regione circa 1,5 milioni di anni fa, tra cui una specie di Australopithecus e una specie di Homo, quest’ultima essendo l’Homo erectus. Questa scoperta è una finestra aperta sulla mente dei nostri antichi antenati, un’opportunità per riflettere su quanto sia antica e profonda la nostra capacità di pensare in modo creativo, di innovare, di adattare e migliorare. Forse la prossima volta che ci definiamo “l’animale che usa gli strumenti”, dovremmo ricordare che questa storia ha radici molto, davvero molto più profonde di quanto pensassimo.