Il lobbying è una forza silenziosa che plasma le democrazie moderne, e l’Unione Europea non fa eccezione. Secondo un’analisi di Corporate Europe Observatory (CEO) e LobbyControl, pubblicata il 23 febbraio 2025 su https://corporateeurope.org/en/2025/02/eus-lobby-league-table, 162 tra grandi aziende e associazioni di categoria hanno speso almeno 343 milioni di euro tra febbraio 2023 e febbraio 2024 per influenzare le istituzioni europee.
Ma come questi soldi, riversati su politici e media, alterano le nostre vite? E quanto il crescente peso dell’industria delle armi e della difesa contribuisce alla deriva bellicista cui stiamo assistendo?
Tutti i numeri del potere
I dati sono impressionanti. La spesa per lobbying nell’UE è cresciuta del 16% rispetto al 2020, con il Consiglio Europeo delle Industrie Chimiche (CEFIC) in testa, che ha investito 10 milioni di euro nel 2024. Seguono i giganti tech: Meta (9 milioni), Microsoft (7 milioni), Apple (6,5 milioni) e Google (6 milioni), per un totale settoriale di 67 milioni.
Il settore bancario ha speso 53,75 milioni, mentre quello energetico e chimico-farmaceutico si attestano rispettivamente a 45 e 66,75 milioni. Ma un altro attore sta emergendo con forza: l’industria delle armi e della difesa.
Secondo un’indagine di POLITICO del 5 marzo 2025, i dieci maggiori produttori europei di armamenti (tra cui Airbus, Leonardo, Thales e Rheinmetall) hanno aumentato i loro budget di lobbying del 40% dall’inizio della crisi in Ucraina, passando da un intervallo di 3,95-5,1 milioni di euro a 5,5-6,7 milioni. Saab ha addirittura raddoppiato la sua spesa, mentre Thales ha triplicato il suo team di lobbisti a Bruxelles, da 3,5 a 10 persone.
Questo boom coincide con iniziative come il Fondo Europeo per la Difesa (EDF), che promette miliardi per lo sviluppo militare. Già nel 2022 il lobbying dell’industria bellica europea aveva raggiunto i 5,1 milioni di euro, secondo ENAT, ma i numeri reali potrebbero essere molto più alti, vista la scarsa trasparenza del Registro UE.
Lobbying, la meccanica dell’influenza
Il lobbying non si limita a incontri tra lobbisti e politici. È un sistema che intreccia finanziamenti, “porte girevoli” e controllo mediatico. I 343 milioni di euro (dichiarati sulla carta) non finiscono solo a Bruxelles: una parte plasma l’opinione pubblica attraverso campagne pubblicitarie e think tank. Le Big Tech, ad esempio, promuovono la deregulation digitale, mentre l’industria chimica attenua le norme sui PFAS, i “forever chemicals”.
Ma l’industria delle armi ha un obiettivo più diretto: più fondi pubblici per la militarizzazione.
Le aziende della difesa non si limitano a influenzare le politiche militari. Lobbizzano anche per esenzioni ambientali, accesso a materie prime e militarizzazione delle frontiere. L’Aerospace, Security and Defence Industries Association (ASD) ha spinto per la creazione del Fondo Europeo per la Difesa, ottenendo un ruolo dominante nella definizione delle priorità di ricerca militare, spesso escludendo il Parlamento Europeo e la società civile. Questo potere si traduce in leggi che favoriscono i profitti, mentre i cittadini pagano il prezzo di un ambiente degradato e di un’Europa sempre più armata.
L’alterazione della democrazia
Non voglio girarci intorno: il lobbying erode la democrazia. Quando pochi attori possono spendere milioni per orientare le decisioni, il voto dei cittadini diventa un’illusione. Il Registro di Trasparenza dell’UE, volontario e lacunoso, non basta a fermare questa deriva. L’industria delle armi ne approfitta: Lockheed Martin, gigante USA, si è iscritta al Registro solo nel maggio 2024, dopo anni di influenza indiretta, e già schiera lobbisti al Parlamento Europeo.
Il risultato di questo progetto partito da molto lontano, ben prima del 2022, è un’Europa che spende sempre di più in difesa (l’European Defence Investment Plan prevede 1,5 miliardi di euro e il piano ReArm EU addirittura 800 miliardi!) mentre i bisogni sociali languono.
Il ruolo dei Media
I media hanno un ruolo cruciale nel bene e nel male. Sono amplificatori, e quelli foraggiati dalle lobby non informano più, ma amplificano il messaggio delle corporations. L’industria energetica promuove il gas come “ponte verde”, quella bancaria giustifica la deregulation finanziaria, e quella bellica dipinge ogni aumento di spesa militare come una necessità vitale.
Eventi come il Defence and Security Summit di Bruxelles, organizzati con ASD, vedono funzionari UE e lobbisti discutere di una “economia di guerra”, mentre la narrativa della pace, fondamento dell’UE, svanisce.
Lobbying, un sistema da riformare prima che lui riformi noi
CEO e LobbyControl chiedono un Registro obbligatorio, sanzioni efficaci e limiti all’accesso dei lobbisti. Ma serve anche una riflessione più profonda. L’industria delle armi, con i suoi crescenti investimenti sta spingendo l’UE verso una militarizzazione senza precedenti. Questo non risponde solo alla guerra in Ucraina, ma a una strategia di lungo termine per assicurarsi contratti e profitti.
Una domanda per voi
Come detto, il lobbying non è solo un gioco di potere economico: distorce la democrazia e le priorità collettive. I settori tech, chimico e bancario modellano le nostre vite, ma l’industria delle armi potrebbe avere un impatto ancora più profondo.
Vi chiedo: la deriva bellicista dell’Europa, con i suoi arsenali crescenti e i confini fortificati, non dipende forse anche da questi milioni spesi per convincere politici e media che la sicurezza si misura in cannoni e non in benessere? È tempo di decidere chi guida davvero il nostro futuro.