Se c’è una cosa che mi fa sorridere amaramente del modo in cui abbiamo progettato finora i nostri sistemi energetici è la loro fondamentale inefficienza. Prendiamo i pannelli solari: brillanti nell’idea, ma tremendamente spreconi nella pratica. Mentre trasformano la luce solare in elettricità si scaldano, disperdendo nell’aria una quantità enorme di energia termica. Contemporaneamente, nelle nostre case, accendiamo pompe di calore e caldaie per creare artificialmente… quel calore che i nostri pannelli stanno attivamente cercando di smaltire. Che razza di teatrino. Triple Solar, azienda olandese con una visione decisamente più integrata, ha deciso di mettere fine a questo assurdo spreco con la sua pompa di calore ibrida 5.0. Che roba è? Vediamo.
Una risposta al cambiamento climatico
Il riscaldamento e la climatizzazione rappresentano una delle principali fonti di emissioni di gas serra a livello globale. Con il progressivo intensificarsi del cambiamento climatico, la necessità di regolare la temperatura interna degli edifici diventa sempre più pressante, creando un circolo vizioso che non fa che aggravare la situazione ambientale. La decarbonizzazione di questi settori è diventata una priorità assoluta, e lo sviluppo presentato da Triple Solar si inserisce perfettamente in questa direzione.
La cosa più interessante è che questa tecnologia risponde a due problemi contemporaneamente: da un lato riduce il consumo energetico per la climatizzazione, dall’altro migliora l’efficienza dei pannelli fotovoltaici che, quando si surriscaldano, perdono parte della loro capacità di generare elettricità. È uno di quei rari casi in cui si ottengono due benefici con un’unica soluzione.
Come funziona la pompa di calore ibrida
Nel sistema Triple Solar 5.0, come detto, i pannelli fotovoltaici installati sul tetto non si limitano a produrre elettricità, ma sono dotati sul retro di uno scambiatore di calore che cattura l’energia termica residua. Invece di lasciarla disperdere nell’ambiente, questa viene convogliata verso la pompa di calore, che la utilizza per riscaldare l’abitazione.
Il sistema è costituito di due moduli, e funziona estraendo il calore residuo dai moduli fotovoltaici installati sul tetto.
I pannelli utilizzati non sono quelli standard, ma modelli TOPCon (a contatto passivato con ossido tunnel) forniti da un produttore sloveno chiamato Bisol: hanno un’efficienza di conversione elettrica del 22%. La pompa di calore vera e propria pesa 55 kg e misura 100 cm x 38 cm x 65 cm, dimensioni tutto sommato contenute per un’installazione domestica.
Efficienza e prestazioni
Secondo Triple Solar, questa soluzione ibrida offre un’efficienza superiore del 20% rispetto alle pompe di calore tradizionali. Il sistema utilizza propano (R290) come gas refrigerante, una scelta ecologica che riduce ulteriormente l’impatto ambientale. La potenza elettrica varia tra 1,2 kW e 5 kW, ottimizzata per lavorare in sintonia con i pannelli solari fotovoltaici.
Una caratteristica particolarmente interessante è la capacità di funzionare anche in condizioni climatiche estremamente rigide, fino a -20°C, rendendo questa tecnologia adatta anche alle regioni con inverni severi. Il coefficiente di prestazione stagionale (SCOP) è di 3,83 a 55°C e di 4,74 a 35°C, valori che testimoniano l’alta efficienza del sistema.
Pompa di calore ibrida, un apripista
La pompa di calore Triple Solar 5.0 è stata progettata pensando alla versatilità. È compatibile con abitazioni unifamiliari, edifici a schiera e multifamiliari. Mi piace particolarmente il fatto che sia stata concepita soprattutto per quelle abitazioni che, per vincoli estetici o normativi, non possono installare sistemi di climatizzazione tradizionali.
Che bella l’idea di un sistema che non spreca nulla, che recupera energia che altrimenti andrebbe perduta in un mondo che deve fare i conti con risorse limitate e un clima sempre più instabile. Soluzioni come questa pompa di calore ibrida ci porteranno da un approccio lineare e sprecone a uno circolare e integrato.
Perché la vera sostenibilità si costruisce così: ripensando i sistemi esistenti per renderli più efficienti, non semplicemente sostituendoli con alternative marginalmente migliori.