Voi sapete bene quanto possano essere fragili i rapporti commerciali internazionali: basta una decisione politica per mandare all’aria anni di pianificazione industriale. E lo sa bene anche Elon Musk, che si è trovato improvvisamente con la produzione dei suoi robot umanoidi Optimus azzoppata dalle restrizioni cinesi sull’esportazione di magneti per terre rare. Un effetto collaterale dei dazi USA che nessuno aveva previsto, o forse sì.
Durante una conference call sugli utili aziendali, il CEO di Tesla ha rivelato che Pechino vuole “garanzie che questi componenti non vengano utilizzati per scopi militari”. Come se un robot progettato per sostituire gli umani nei lavori ripetitivi potesse trasformarsi in una macchina da guerra. Beh, beh.
La commedia geopolitica continua, e noi “comuni mortali” assistiamo impotenti mentre le grandi potenze giocano a braccio di ferro commerciale. I dazi USA hanno innescato una reazione a catena che ora minaccia anche uno dei progetti più ambiziosi di Musk, acceso (e interessato) sostenitore dell’ultima amministrazione americana.
Quando i dazi USA provocano ritorsioni
La Cina non ha perso tempo a rispondere alle manovre tariffarie americane. Questo mese ha imposto restrizioni all’esportazione di terre rare come parte di una vasta risposta ai dazi USA, limitando la fornitura di minerali utilizzati per fabbricare armi, elettronica e una gamma di beni di consumo. E la misura va anche oltre le materie prime: include anche magneti e altri prodotti finiti che saranno difficili da sostituire (un po’ come la trasformazione del litio, di cui parlavamo in tempi non sospetti).
Mi colpisce soprattutto il fatto che le aziende esportatrici debbano ora richiedere licenze al Ministero del Commercio cinese, attraverso un processo che può richiedere da sei o sette settimane fino a diversi mesi. Un rallentamento burocratico che potrebbe avere conseguenze devastanti per i piani di Musk, che si aspettava (dichiarazioni sue) di produrre migliaia di robot Optimus già quest’anno.
La tempistica non potrebbe essere peggiore per il vulcanico imprenditore: non a caso (e non solo per questo) ha da poco annunciato che ridurrà la sua attività politica a partire da maggio. Una decisione che arriva dopo mesi di polemiche suscitate dal suo “attivismo” sempre più controverso. Evidentemente anche per Musk è arrivato il momento di fare un passo indietro e concentrarsi sui problemi concreti che affliggono le sue aziende.
I robot umanoidi nel fuoco incrociato
China wants some assurances that these are not used for military purposes, which obviously they’re not. They’re just going into a humanoid robot
Queste parole dalla call di Musk (le tengo in lingua originale per chi sa cogliere le sfumature) evidenziano perfettamente l’assurdità della situazione. Quelli al robot Optimus, presentato come una rivoluzione nel campo dell’automazione domestica e industriale, sono solo gli ultimi “danni collaterali” della nuova guerra (speriamo) fredda.
È interessante notare come questa situazione rifletta una più ampia tensione in un settore, quello automobilistico, solo apparentemente diverso da quello della robotica (se avete sentito parlare di una cosa chiamata Dojo). Durante lo stesso periodo, il CEO di Mercedes ha esortato l’UE a trovare una soluzione equa alla disputa sulle tariffe sui veicoli elettrici prodotti in Cina. Sull’altro versante, anche il gigante cinese BYD sta rivedendo le sue operazioni europee dopo alcuni inciampi strategici.
L’impatto economico dei dazi USA
In sintesi: i dazi USA non stanno solo influenzando i robot di Tesla, ma stanno creando onde d’urto in tutta l’economia globale. Il produttore di camion Volvo ha ridotto le sue previsioni per il mercato nordamericano proprio a causa dell’incertezza legata alle tariffe.
Mi sembra evidente (e non da oggi) che siamo all’inizio di una nuova era di protezionismo globale, in cui le superpotenze utilizzeranno sempre più spesso le barriere commerciali come armi nella loro rivalità strategica. E come sempre, saranno le aziende innovative e i consumatori a pagare il prezzo più alto.
La promessa di Musk di migliaia di robot Optimus per quest’anno sembra ora molto più difficile da mantenere. Azzardo: impossibile. Ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di come la politica possa ostacolare il progresso tecnologico, piuttosto che favorirlo. E mentre i governi continuano il loro braccio di ferro sui dazi USA, la rivoluzione robotica potrebbe essere ritardata non da limiti tecnologici, ma da carta bollata e burocrazia.
Un epilogo tristemente prevedibile per un sogno futuristico.