“I dirigenti della Silicon Valley non permettono ai propri figli di usare i prodotti che creano”. Questa frase, pronunciata dalla whistleblower Sarah Wynn-Williams durante la sua testimonianza al Senato americano, racchiude tutta l’ipocrisia di un’industria che predica innovazione ma pratica sfruttamento. L’ex dirigente di Meta ha rivelato come l’azienda di Mark Zuckerberg abbia deliberatamente preso di mira adolescenti tra i 13 e i 17 anni proprio nei loro momenti di maggiore vulnerabilità emotiva per proporgli prodotti di bellezza, o diete dimagranti. La whistleblower ha descritto un sistema che non solo monitora, ma monetizza attivamente la fragilità psicologica degli adolescenti.
La whistleblower: “Meta, un’industria che sfrutta la vulnerabilità”
Durante l’udienza davanti alla sottocommissione per il crimine e il terrorismo USA, la Wynn-Williams ha risposto a una domanda della senatrice Marsha Blackburn, ammettendo che Meta (all’epoca ancora nota come Facebook) prendeva di mira i ragazzi dai 13 ai 17 anni quando si sentivano giù o depressi.
“Poteva identificare quando si sentivano inutili o impotenti o come un fallimento, e Meta avrebbe preso queste informazioni e le avrebbe condivise con gli inserzionisti”
L’ex Direttrice delle Politiche Pubbliche Globali ha spiegato come questa pratica si basasse su una logica commerciale ben precisa: “Gli inserzionisti capiscono che quando le persone non si sentono bene con se stesse, è spesso un buon momento per proporre un prodotto: le persone sono più propense ad acquistare qualcosa.”
Pratiche di targeting mirato
Il meccanismo descritto dalla whistleblower è inquietante. Se una ragazza cancellava un selfie, per esempio, questo veniva interpretato come segnale di insicurezza riguardo al proprio aspetto: un momento ideale per proporle prodotti di bellezza. Allo stesso modo, quando le giovani manifestavano preoccupazioni legate al loro corpo, venivano prese di mira con pubblicità di prodotti dimagranti.
La motivazione, secondo la Wynn-Williams, era puramente economica. Meta era consapevole che gli utenti tra i 13 e i 17 anni, sebbene vulnerabili, rappresentavano un segmento demografico “molto prezioso” per gli inserzionisti.
L’ipocrisia dei vertici
Uno degli aspetti più scioccanti emersi dalla testimonianza riguarda l’atteggiamento dei dirigenti di Meta. La whistleblower ha raccontato come molti di loro non permettessero ai propri figli di utilizzare i prodotti sviluppati dall’azienda.
“Chiedevo: ‘Oh, tuo figlio adolescente ha usato il nuovo prodotto che stiamo per lanciare?’, e loro rispondevano: ‘Ai miei figli adolescenti non è permesso usare Facebook. Non ho mio figlio su Instagram'”
“Questi dirigenti… lo sanno. Conoscono il danno che questo prodotto provoca. Non permettono ai propri figli di usare i prodotti che Meta sviluppa. L’ipocrisia è a ogni livello”, ha aggiunto la Wynn-Williams.
Whistleblower: pratiche estese anche agli adulti
Le pratiche di targeting basate sullo stato emotivo non si limiterebbero agli adolescenti. Durante l’udienza è stata mostrata la schermata di una chat interna in cui un direttore delle politiche di Facebook chiedeva se fosse vero che l’azienda stava conducendo ricerche sulle giovani madri e sul loro stato emotivo. La risposta affermativa era accompagnata da una battuta sui “colleghi apparentemente moralmente falliti”.
Meta ha risposto alle accuse con una dichiarazione ufficiale in cui definisce già smentite le affermazioni della Wynn-Williams “sganciate dalla realtà e piene di false affermazioni”.
Queste nuove rivelazioni si aggiungono al quadro già preoccupante emerso dal libro della whistleblower, “Careless People”, che documenta la sua esperienza a Facebook e il “noncurante” disinteresse dei massimi dirigenti, inclusi Zuckerberg e l’ex COO Sheryl Sandberg, riguardo al potere che l’azienda detiene nel mondo e alla sua capacità di arrecare danni. La sensazione che avevamo, e che abbiamo ancora, è che ne sentiremo ancora parlare.