In un mondo dove la paranoia sembra ormai la norma, c’era da aspettarsi che qualcuno inventasse PaintCam Eve: una telecamera di sicurezza dotata di intelligenza artificiale, riconoscimento facciale e (udite udite) la capacità di sparare vernice o gas lacrimogeni sui “sospetti”. Un sistema che sembra uscito da un incubo distopico, ma per qualche strano motivo c’è chi considera una brillante innovazione. Siamo davvero arrivati a questo punto?
Più che una telecamera di sicurezza: un guardiano high-tech col grilletto facile
Partiamo dai “pregi”, se così si possono chiamare. PaintCam Eve è indubbiamente un concentrato di tecnologia: grazie all’IA e al riconoscimento facciale, è in grado di identificare i visitatori indesiderati, giorno e notte. Fin qui, nulla di nuovo: non è la prima telecamera di sicurezza in grado di fare altrettanto. Ma è qui che PaintCam Eve si distingue, in modo a dir poco inquietante: una volta identificato il “sospetto”, questa telecamera incazzosa gli intima di andarsene e, se non obbedisce entro un certo lasso di tempo, apre il fuoco con proiettili di vernice per “marcarlo” in vista di un eventuale intervento della polizia.
Come se non bastasse, per i più esigenti (o paranoici) c’è anche l’opzione di usare proiettili al gas lacrimogeno. Insomma, una sorta di poliziotto robotico sempre in servizio sull’uscio di casa, pronto a far rispettare la legge a suon di paintball e lacrimogeni. Che ne dite? Un bel passo avanti nella costante erosione della privacy e della civiltà, nevvero?
Quando la giustizia diventa on demand
Al di là delle implicazioni etiche di un sistema che di fatto autorizza chiunque a farsi giustizia da sé, ci sono anche questioni molto concrete da considerare. Per esempio: cosa succede se PaintCam Eve identifica come “sospetto” il postino, un vicino di casa o il nipotino venuto a trovarvi? Siete pronti a risarcirli per i danni causati da una scarica di proiettili al peperoncino? E se un malintenzionato decidesse di hackerare la telecamera di sicurezza, trasformando il vostro portico in un campo di tiro al bersaglio? Scenari tutt’altro che improbabili, vista la fragilità della sicurezza informatica.
Per non parlare delle potenziali derive distopiche di un sistema del genere: Brooker, fai una puntata di Black Mirror in cui ogni casa è dotata di una PaintCam Eve, trasformando le nostre città in fortezze hi-tech dove ogni movimento è monitorato e ogni “devianza” punita senza processo. Caffè pagato per l’idea.
Una telecamera di sicurezza, o di insicurezza?
C’è una domanda di fondo che dovremmo porci: siamo davvero disposti a rinunciare a ogni briciolo di privacy e umanità in nome di una presunta sicurezza totale? Perché è questo il messaggio che sembra passare con prodotti come questa telecamera di sicurezza (si fa per dire). Il messaggio è che sia giusto e normale trattare chiunque si avvicini alla nostra proprietà come un potenziale criminale, da respingere con la forza se necessario. Se vi interessa, Paintcam ha avviato una campagna di crowdfunding su Kickstarter, che partirà il 23 aprile prossimo.
È un messaggio pericoloso, che alimenta la cultura della paura e della sfiducia reciproca, erodendo il tessuto sociale. Certo, tutti abbiamo diritto di sentirci al sicuro in casa nostra, ma a quale prezzo? Quello di vivere in un mondo dove ogni interazione è una potenziale minaccia, ogni sconosciuto un nemico da abbattere? Roba che Clint Eastwood in “Gran Torino” è Nonno Ciccio.
Una riflessione necessaria
Sia chiaro, non voglio demonizzare la tecnologia in sé. La visione di questo sito, lo sapete, è protopica. Non tifiamo per la tecnologia a prescindere, e non la consideriamo il demonio. Le telecamere di sicurezza, se usate con criterio e nel rispetto della privacy altrui, possono essere uno strumento utile per prevenire i crimini. Ma c’è un limite a tutto, e PaintCam Eve per me lo ha ampiamente superato.
Più che un passo avanti nella sicurezza domestica, questa telecamera di sicurezza che sparacchia a gogo sembra un sintomo preoccupante della paranoia e dell’individualismo esasperato che pervadono la nostra società. Una società “democratica” che insegna ai bambini come agire in caso di sparatoria a scuola (ogni riferimento a paesi reali è puramente voluto). Un invito a chiuderci sempre di più nel nostro piccolo fortino privato, diffidando di chiunque si avvicini e delegando a un algoritmo la decisione su chi sia degno di fiducia e chi no.
Forse, prima di correre ad armarci di telecamere spara-vernice, dovremmo fermarci un attimo a riflettere. Sulla società che stiamo costruendo, sui valori che vogliamo difendere, sul genere di mondo in cui vogliamo vivere. Un mondo fatto di comunità aperte e dialoganti, dove la sicurezza nasce dalla fiducia reciproca e dalla solidarietà. O un mondo di individui barricati dietro porte blindate e telecamere armate, pronti a farsi la guerra l’un l’altro al primo segnale di “minaccia”?
La scelta, come sempre, è nostra. Ma una cosa è certa: prodotti come questa telecamera di sicurezza, per quanto possano sembrare “geniali” o “innovativi” (con due paia di virgolette alte come una montagna) rappresentano una deriva pericolosa che faremmo bene a evitare. Perché una società che spara sui propri membri non è una società più sicura. È una società che ha perso la bussola, e forse anche l’anima.