C’era un tempo in cui il nome Boeing era sinonimo di eccellenza spaziale. Dai leggendari Space Shuttle alla Stazione Spaziale Internazionale, il colosso aerospaziale ha scritto alcune delle pagine più luminose dell’esplorazione cosmica. Ma ora quella storia gloriosa sta per concludersi nel modo più amaro: secondo il Wall Street Journal, Boeing sta cercando di vendere la sua divisione spaziale e la navicella Starliner, segnando la fine di un’era che sembrava destinata a durare per sempre. Disastro.
Il crollo di un impero spaziale
I numeri raccontano una storia impietosa. Un disastro Boeing che si misura in 1,85 miliardi di dollari bruciati nel progetto Starliner. Solo nell’ultimo trimestre, che abbiamo seguito con attenzione, l’azienda ha registrato una perdita di 250 milioni di dollari. Sono cifre che fanno girare la testa, soprattutto se pensiamo che rappresentano il fallimento di un’azienda che una volta costruiva le navette che portavano regolarmente gli astronauti nello spazio e ora vede esplodere anche i suoi satelliti in orbita.
La situazione è talmente grave che Boeing ha già bussato alla porta di Blue Origin, l’azienda spaziale di Jeff Bezos. Un tempo sarebbe stato impensabile: sarebbe stato come vedere un leone chiedere aiuto a un cucciolo. Oggi è la realtà.
Una spirale discendente
Il disastro non si limita allo spazio. Boeing sta attraversando quella che potrebbe essere la crisi più profonda della sua storia. Decine di migliaia di dipendenti stanno per essere licenziati, un numero che fa rabbrividire: sono più persone di quante ne servissero per costruire un intero Space Shuttle negli anni d’oro.
La qualità dei jet commerciali è sotto esame, gli scioperi paralizzano la produzione, e ora la Starliner, che non è mai riuscita a portare un solo astronauta alla Stazione Spaziale Internazionale, diventa il simbolo di un declino apparentemente inarrestabile.
L’ultima missione fallita
Il mese scorso, la Starliner è tornata dalla Stazione Spaziale Internazionale completamente vuota. La NASA ha ritenuto i problemi tecnici troppo rischiosi per permettere un ritorno con equipaggio. È stata l’ultima goccia: l’agenzia spaziale ha annunciato che utilizzerà la Crew Dragon di SpaceX per le prossime rotazioni dell’equipaggio.
È difficile non vedere in questa decisione il passaggio di testimone definitivo: dalla vecchia guardia dell’industria aerospaziale alla nuova generazione di imprenditori spaziali.
Un futuro incerto
Kelly Ortberg, il nuovo CEO di Boeing, si trova di fronte a un compito titanico: salvare ciò che resta di un’azienda in crisi. Le sue parole durante una recente chiamata con gli analisti suonano come una resa:
È meglio fare meno cose ma farle bene, piuttosto che fare troppo e farlo male.
Non fa una piega. L’azienda manterrà il suo coinvolgimento nello sviluppo del razzo Space Launch System della NASA, destinato a riportare gli astronauti sulla Luna. Ma anche qui, un rapporto dell’ispettore generale della NASA di agosto ha evidenziato ritardi e sforamenti di budget preoccupanti.
Disastro Boeing, fine di un’epoca
C’è qualcosa di profondamente malinconico in questa caduta. Le navette spaziali Boeing hanno portato generazioni di astronauti tra le stelle. Hanno reso lo spazio accessibile, quasi routinario. Oggi, quegli stessi hangar che una volta ospitavano i sogni dell’umanità sono silenziosi testimoni di un’era che sta volgendo al termine.
Il disastro Boeing non è solo la storia di un fallimento aziendale. È la fine di un capitolo dell’esplorazione spaziale americana, il momento in cui il futuro ha definitivamente superato il passato. Il compratore della Starliner potrebbe essere proprio chi raccoglierà l’eredità di quei pionieri che hanno osato sognare così in grande. Magari solo per metterla (con rispetto) nel cassetto della Storia.